Il buon miele? Ecco i consigli per riconoscerlo ed acquistarlo

by Rosalia Marcantonio

Cala la quantità, ma la qualità resta alta, altissima. Il miele italiano, con le sue cinquanta varietà, è tra i migliori al mondo. Si deve alla straordinaria varietà di flora del Giardino d’Europa (chissà ancora per quanto!) e si deve agli apicoltori italiani che riescono ad unire tradizione, nuove tecniche, rispetto per la biodiversità e delle leggi.

Ma come si riconosce un buon miele? Lo abbiamo chiesto a Maria Antonietta Mastroserio, apicoltrice di Bari, esperta in Analisi Sensoriale del Miele, e componente dell’Associazione nazionale Ambasciatrici e Ambasciatori dei Mieli. “Non esiste un metodo casalingo per scoprire se un miele è sano, non è contraffatto. Per capirlo è necessario portare un campione in un laboratorio di analisi, ma a questo si ricorre, credo, in casi particolari. Quando si acquista un prodotto, e vale anche per il miele, la prima cosa da fare è leggere l’etichetta, unica garanzia per il consumatore sulla tracciabilità”.

La normativa italiana è molto rigida, in etichetta sono indicati anno e luogo di produzione e di confezionamento, numero di lotto, tipo di miele “Ogni produttore che etichetta, e quindi sta sul mercato, deve passare attraverso una serie di analisi tra cui quelle polliniche in grado di definire il tipo di nettare lavorato dalle api, e l’eventuale presenza di pollini di flora non autoctona. In commercio, in ogni supermercato, ci sono ottimi mieli, ma bisogna fare attenzione alle miscele, soprattutto extra UE, e al prezzo. Diffiderei di un miele venduto sotto i 7 euro al chilo, e comunque, c’è sempre la possibilità di comprare direttamente dal produttore, un’occasione per avvicinarsi al mondo straordinario delle api e scoprire come si producono il miele e tutti i prodotti dell’alveare”.

Basterebbe parlare con un apicoltore per capire, per esempio, che un miele cristallizzato non è sinonimo di cattiva qualità, anzi! “La cristallizzazione è un processo naturale dei mieli” rileva Mastroserio” Dipende dal tipo di nettare, ce ne sono alcuni che cristallizzano addirittura quando sono ancora nel favo, come l’edera; altri che solidificano dopo alcuni mesi; altri ancora che non cristallizzano, come l’acacia, il castagno e le melate.  Quelli sempre liquidi che troviamo in commercio sono sottoposti a pastorizzazione, con un trattamento ad almeno 50 gradi, ma questo ne causa la perdita delle proprietà nutritive. Chi vorrà godere, oltre che del sapore, anche di tutte le proprietà nutritive di un miele non dovrà mai scioglierlo a temperature superiori ai 40°, e mai dolcificare tisane bollenti”. Delle cinquanta varietà di miele prodotte in Italia molte sono pugliesi: si può scegliere tra il classico millefiori, primaverile, estivo, di montagna, e quello di agrumi, di ciliegio, rosmarino, eucalipto,  timo, colza, fieno greco, girasole, trifoglio, tarassaco, cardo, tiglio, lavanda, e finanche di mandorlo.  La produzione pugliese incide su quella nazionale per il 25% (circa 500 tonnellate all’anno su 23 mila ). Il dato, della Banca Dati Apistica Nazionale, è solo parziale poiché la BDA, che è una vera e propria anagrafe, fornisce informazioni solo sugli alveari registrati. In Puglia ne sono stati censiti 18213, mentre quelli realmente in produzione sarebbero oltre 25 mila. La differenza è definita dal numero di apicoltori hobbisti che ufficialmente producono per autoconsumo. In ogni caso, di miele ne importiamo tanto, spesso tagliato anche con sciroppo di riso, difficile da scoprire. “Noi apicoltori non possiamo fare altro che continuare nell’attività di informazione e sensibilizzare all’acquisto di miele italiano” conclude Mastroserio “ La tracciabilità in etichetta è il nostro vantaggio”.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.