Non solo maternità, o l’essere mogli, ma anche l’arte, a volte inconsapevole, di affascinare. Inizia così, infatti, il percorso espositivo con dipinti di fine Ottocento inizi Novecento, in cui rintracciamo echi dannunziani: corpi di donne eterei e lascivi, creature ad un passo dalla dannazione che celano, dietro forme dolci e materne, insidie e incantamenti
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“La mia passione per l’arte è scritta nel mio DNA. Ho iniziato a disegnare, senza più smettere, quando ero piccolissima”, spiega l’illustratrice
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Cartier – Bresson e Doisneau sono solo due dei maestri che nel tempo hanno fotografato Notre Dame, ma la loro scelta è stata di non utilizzare la cattedrale come punto di riferimento nella skyline di Parigi, ma come faro da cui osservare città in tutta la sua bellezza.
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Come un museo contribuisce alla crescita di una città: il caso Salinas
by Sara Fasciaby Sara FasciaCon il fine di favorire i processi di cittadinanza attiva e di condivisione, il museo costruisce un calendario di iniziative con la città e i cittadini che vanno dal teatro, la danza a laboratori di scrittura creativa fino ad arrivare al Festival delle Filosofie.
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La mostra a lei dedicata a Jesi nella sede di Palazzo Bisaccioni è progettata su un duplice piano, artistico e biografico e ripercorre in sei tappe le origini, il cinema, la fotografia, i luoghi, le passioni e la politica di Tina Modotti.
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La mostra che, anche grazie alla ricerca e alla possibilità di esporre materiale inedito e mai divulgato prima, indaga il legame tra voce, dimensione sonora e avanguardie artistiche attraverso il lavoro di tre grandi sperimentatori: l’attore e regista Carmelo Bene, la cantante mezzosoprano americana Cathy Berberian e il musicista cantante Demetrio Stratos.
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Le foto più recenti sono ancora più interessanti, più poetiche, perché la ritraggono in una veste nuova, di donna realizzata, libera. È senza dubbio questa la Stefania che preferisco.
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Da più di trent’anni, Steve McCurry è considerato una delle voci più influenti della fotografia del…
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È l’identità femminile il tema centrale del lavoro di Marina Malabotti. Ritratti di donne dall’espressione seria, profonda e consapevole di un’antica sofferenza talvolta organizzati in brevissime sequenze o piccoli dittici che sono presenti come simboli di un’intera civiltà.
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Pino Cacucci nella biografia a lei dedicata (Feltrinelli, 2006) si affida alle parole del giovane poeta Homero Aridjis per iniziare a raccontare la vita di questa donna straordinaria. Come nelle migliori sceneggiature del grande cinema la storia inizia dalla fine