«Quando sono tornata dal campo ho lottato per la mia vita. È qualcosa di inimmaginabile, che non si può capire bene. Aspettavo che il mondo si inginocchiasse, che mi chiedesse scusa, ma nessuno ci accolse. Non sapevamo dove andare, dove vivere, come ricominciare a vivere. Non ci ascoltarono. Così, dopo aver vissuto la tragedia nei campi di concentramento, mi sentii davvero uno scarto, un avanzo della vita. Nessuno, in fondo, ci voleva».
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Erri De Luca e il rapporto inscindibile con la famiglia: «Il nodo può allentarsi, non sciogliersi».
“La mia generazione ha criticato i genitori sovvertendo i loro valori, la famiglia, il loro stile di vita, gli abiti e i partiti politici. Le rotture si sono diramate come le crepe sulla superficie di un vaso. Siamo stati opposti e perciò insolenti, spietati”.
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Il coraggio delle donne di Dacia Maraini: «Il femminismo è la sola rivoluzione riuscita del Novecento. Le leggi stavano lì da generazioni, il femminismo le ha cambiate»
“Quando le donne nei posti decisionali sono poche, finiscono per subire il ricatto dell’androcentrismo: devono mostrarsi seduttive, efficaci ma servili. Spesso la scelta è dovuta: o fai la seduttiva un poco scema (alla Marilyn Monroe che scema non lo era affatto, ma recitava una parte molto amata dagli uomini), oppure fai il maschiaccio accettando tutte le regole della competizione, della rivalità e della prepotenza che sono considerate prerogative vincitrici”. L’intervista
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Poeta, editore, libraio e attivista, drammaturgo e traduttore, tra i promotori del movimento Beat, ne ha incarnato lo spirito curioso e ribelle dagli anni Cinquanta del Novecento fino ai giorni nostri. Pochi poeti degli ultimi sessant’anni sono stati così noti e così influenti.
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«I giovani abitano un tempo sbriciolato in micro-attività senza respiro». Il tempo senza storia di Adriano Prosperi
Adriano Prosperi, storico e professore emerito di Storia moderna alla Scuola Normale di Pisa, con “Un tempo senza storia” (Einaudi, 128 pagine, 13 euro) lancia il suo accorato grido d’allarme contro la distruzione del passato. L’intervista
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Sami Modiano e il ricordo dell’orrore della Shoah: «Una domanda mi ha tormentato la vita: perché non sono morto? Perché io?»
“Io non sono mai uscito. Sono un sopravvissuto, ma sono ancora dentro quel campo. Non si può cancellare quello che ho visto. I miei occhi hanno visto cose orrende, cose che non si possono spiegare perchè risulterebbero irreali. In novant’anni di vita non ho ancora trovato le parole giuste per raccontare e definire Birkenau. No: non ci sono parole”
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Prof Russo: “Depauperando la biodiversità, aumentiamo il rischio zoonotico. Dobbiamo mettere un argine alla crisi ambientale, la vera causa di spillover e pandemie”
“Deforestiamo, penetriamo con insediamenti umani all’interno di aree naturali un tempo vergini, degradiamo gli habitat naturali spingendo le specie animali ad approssimarsi innaturalmente all’uomo, spesso con densità che in condizioni ambientali ben conservate non si verificherebbero, cacciamo e vendiamo animali e loro parti. È il nostro comportamento a creare una nuova interfaccia uomo-animale aprendo la porta ai potenziali spillover”
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La peste si avvicina nel romanzo di Loredana Lipperini: «Il colpevole ci rende puri e, nell’illusione, salvi».
La peste, che percepiamo come presenza ingombrante in questo preciso frammento storico, per Lipperini si trasforma in una metafora stratificata capace di comprendere tematiche diverse. Nel mezzo, spaventosamente, ci siamo solo noi: con la paura dell’altro, la presunzione sull’altro, la capacità di chiuderci a chi non riconosciamo integro, finito. bonculture ha intervistato Loredana Lipperini
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Dei suoi personaggi ammette sempre di sapere qualcosa, ma mai abbastanza. Gli scrittori d’altronde fanno quello che possono: le vite dei protagonisti tutto. Anche nel suo settimo romanzo, “Oggi faccio azzurro”, Daria Bignardi muove con maestria i suoi protagonisti in una storia di amore e di mancanze, di separazione e di luce. L’intervista
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«Questa grande interruzione sta erodendo meccanismi di equilibrio interno sempre più fragili. C’è una pentola in ebollizione in ognuno di noi.» Un colloquio con Paolo Di Paolo
“Sono mesi che non riusciamo a progettare niente, se non a cortissimo raggio. In realtà il nostro occidente stanco, a natalità zero, il futuro non se lo stava costruendo: un mondo che non cresce si autocondanna a una lenta agonia. Un paradosso importante. ” L’intervista a Paolo Di Paolo