Detective Pikachu, l’esordio dei PoKémon nell’universo cinematografico del live action

by Giuseppe Procino

Tim da piccolo aveva un sogno: diventare un allenatore di Pokémon. Oggi ha abbandonato quel suo progetto e si è rassegnato al suo lavoro in un’agenzia assicurativa. Un giorno riceve la notizia della morte di suo padre in un incidente automobilistico, un detective della polizia di Ryme City, una città in cui grazie al lungimirante progetto di un noto scienziato, Pokémon e umani convivono in pace, cooperando per una società efficiente. Arrivato a Ryme City però Tim scoprirà che suo padre non è morto ma è stato rapito a causa di una misteriosa indagine su cui stava lavorando.  Con l’aiuto di un Pikachu, che era in realtà il compagno di squadra di suo padre e di cui lui riesce a comprendere la lingua, si lancerà in una divertente e pericolosissima avventura, aiutato anche dall’aspirante giornalista Lucy e il suo Psyduck.

Sarebbe accaduto prima o poi, soprattutto dopo il rilancio dell’universo dei Pokémon attraverso il gioco per smartphone Pokémon go basato sulla realtà aumentata e il reboot per Nintendo switch: i Pokémon diventano reali ed esordiscono nell’universo cinematografico del live action. L’operazione però non era poi così scontata, tanto è, che Pokémon: detective Pikachu si presenta come un’operazione distante dall’universo narrativo della saga e si pone più come uno spin off, creando di fatto una rigenerazione delle regole narrative dell’universo di Pikachu & co.  Ed è qui che il film funziona, nel distacco dalla formula classica della cinematografia dedicata ai singolari mostriciattoli (ben ventidue film di animazione), muovendosi verso un intreccio più trasversale sia per pubblico sia per fasce di età. Detective Pikachu è un film che piace ai fan del franchise ma conquista anche chi non ha mai bazzicato le regioni di Kanto o Johto o chi non ha mai giocato al gioco omonimo da cui il film prende spunto. Per fare questo, sceglie innanzi tutto di muoversi nei confini di un genere inusuale per l’universo dei Pokémon, non più un film di avventura ma una mistery comedy in cui l’avventura è semplicemente il collante.

La trama è in realtà abbastanza lineare con dei piccoli colpi di scena per rendere il tutto più accattivante, in cui i Pokémon non sono visti come esseri sacri e intoccabili, come accade nella cinematografia classica, al contrario: si gioca tantissimo sul ribaltamento delle situazioni, sulla ridicolizzazione delle caratteristiche peculiari di ciascun mostriciattolo.  Ogni animaletto è caratterizzato in modo davvero dettagliato. Sono loro i veri protagonisti indiscussi della pellicola, cui la CGI ha dato vita, rendendoli davvero vivi, attori fenomenali seppur sempre virtuali. Alcuni funzionano benissimo, altri un po’ meno ma Psyduck nevrotico “che potrebbe esplodere” da un momento all’altro e Mr. Mime, in scena per pochi minuti, ma nella sequenza più esilarante di tutta la pellicola valgono da soli il prezzo del biglietto. Poi c’è la coppia Pikachu- Tim, una vera rivelazione, un duo tragicomico che sembra collaudatissimo.

A dare voce, e a quanto pare espressioni, al Pokémon più famoso è Ryan Reynolds, alla regia invece c’è Rob Letterman, specialista in film per famiglie e già regista di un altro film in tecnica mista come Piccoli Brividi. È l’uomo giusto per quest’operazione. Pokémon Detective Pikachu è, infatti, un prodotto per famiglie e come tale possiede tutte le caratteristiche del classico prodotto rassicurante ma funziona meglio quando si concede qualche accelerata. Il risultato non è certo una commedia ricercata (ma se vi aspettavate qualcosa del genere, forse avete qualche problema di apprendimento) ma un prodotto che mantiene le premesse non deludendo le aspettative, 100 minuti di puro intrattenimento conditi con una morale leggera per i neofiti del marchio e un giocattolino citazionista ben assemblato per chi invece ci è cresciuto o continua a seguirlo.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.