“7 ore per farti innamorare”: l’anima di Troisi nella commedia di Giampaolo Morelli

by Giuseppe Procino

Giulio è un giornalista che si occupa di economia. Serio e prevedibile, sta per sposare Giorgia. Un giorno scopre che la sua futura moglie, lo tradisce con Alfonso, il direttore del giornale per cui Giulio scrive. Costretto a cercare un altro lavoro, l’uomo finirà per scrivere per Macho Man, una rivista che si occupa di tendenze e interessi maschili.  Mentre sta conducendo un’indagine sul mondo della seduzione, incrocerà Valeria, sua collega e insegnante di un efficace corso di rimorchio. Giulio decide di accettare l’invito della sua collega a seguire le lezioni, con la promessa di riuscire a riconquistare Giulia.  

Giampaolo Morelli, alle prese con il suo primo lungometraggio da regista, se la cava più che bene. Partendo dal suo stesso romanzo omonimo, “7 ore per farti innamorare”, costruisce una commedia che strizza l’occhio alla commedia romantica americana e che nonostante viva di momenti riuscitissimi e altri un po’ meno, funziona nel suo essere leggera e scorrevole. La storia si dipana in maniera naturale e, senza grossi plot twist, regge i suoi 104 minuti con elegante divertimento. Non stiamo parlando di una pellicola che ha le pretese di essere altro da un puro prodotto dell’entertainment, certo, ma questa non è una prerogativa annunciata di questo prodotto. Andrebbe premiata per lo meno la vocazione di non vendersi come pellicola esistenziale o una volta tanto di non portare sullo schermo l’ennesimo cinquantenne in crisi di mezza età, stereotipo cui la nostra cinematografia da qualche anno a questa parte sembra essersi molto affezionata.

Un film sull’amore quindi, in cui trionfano i buoni sentimenti e in cui lo sfortunato di turno deve farsi le ossa per riprendere in mano la propria vita. È un prodotto atipico nella nostra cinematografia perché ha il coraggio di parlare di una storia abbastanza semplice senza ricorrere a grandi messaggi o a incredibili personaggi artefatti. È indubbio che nelle retrovie aleggi il fantasma delle commedie di Massimo Troisi ma Morelli sa come evitare il fastidioso scimmiottamento di cui spesso la recitazione partenopea cinematografica è contagiata. L’attore feticcio dei fratelli Manetti, così, riesce nel suo intento e nonostante le imperfezioni, ci regala un film che magari non resterà nella storia del cinema ma che cammina assolutamente con le proprie gambe. Le cose che funzionano riescono nel complesso a oscurare quelle che invece non vanno affatto, basti pensare alla recitazione dei protagonisti, lo stesso Morelli e Serena Rossi, assolutamente in stato di grazia e in grado di colmare una sceneggiatura intermittente.  Attorno a loro un parterre di attori simbolo del passato e del presente della commedia Napoletana audiovisiva, come ad esempio Vincenzo Salemme per la prima volta dopo tanto tempo sullo schermo in equilibrio perfetto, Fabio Balsamo che dimostra la sua bravura di caratterista anche lontano dall’universo dei The Jackal e infine il sempre grandissimo Gianni Ferreri.

“7 ore per farti innamorare” è anche una narrazione differente di Napoli, che infrange lo stereotipo di celluloide creato negli ultimi anni dalla narrativa stantia e unilaterale dei vari Gomorra e affini, e ci presenta una città solare, colorata e popolata da un’umanità variegata, spiazzante nel suo essere limpida e accogliente. Il ritratto di chi Napoli la conosce e la vive ogni giorno nella sua quotidiana vitalità.

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