80 anni fa usciva nelle sale ‘Fantasia’: la storia di un flop diventato un capolavoro

by Germana Zappatore

Metti insieme due geni e avrai un’opera d’arte. Le due menti eccelse sono Walt Disney e il direttore d’orchestra Leopold Stokowsky, il capolavoro è ‘Fantasia’. Ma solo in tempi relativamente recenti il papà di Topolino si è visto riconosciuto il merito di aver creato un’opera di valore “storico, culturale ed estetico” (soltanto nel 1990 il lungometraggio è entrato a far parte del ‘National Film Registry’ della Biblioteca del Congresso, ovvero la Biblioteca nazionale degli USA). Quando ‘Fantasia’ uscì nelle sale nel novembre del 1940, in tanti rimasero disorientati: era decisamente diverso da ‘Biancaneve e i sette nani’ e ‘Pinocchio’ e gran parte di pubblico e critica non lo apprezzò.

Probabilmente perché i tempi non erano maturi. Al momento del debutto della pellicola, la Germania nazista era all’apice in Europa e qualcuno vide il film come una sorta di apologia del nazismo. Per la giornalista Dorothy Thompson (la stessa che si era adoperata attivamente per la concessione del suffragio alle donne e che nel 1934 era stata espulsa dalla Germania per la sua posizione anti-nazista), ad esempio, il film oltre ad essere “una performance di una satanica violenza” e “un incubo brutale e brutalizzante”, era anche “un abuso di potere, il perverso tradimento degli istinti migliori, il genio di una razza trasformato in una nera distruzione magica” proprio come il Nazismo.

Ma Thompson a parte, ‘Fantasia’ era tutt’altro che un prodotto popolare per quell’epoca: non aveva nulla di convenzionale e conosciuto, era un film visionario senza parole, e dove le immagini erano al servizio della musica (e non viceversa). Erano otto episodi animati su brani di musica classica diretti da Leopold Stokowski ed eseguiti dall’Orchestra di Filadelfia. Come affermava in apertura il ‘maestro di cerimonie’, il critico musicale e compositore Deems Taylor (che compariva fra un episodio e l’altro per presentare le storie e i brani musicali), si trattava di una “nuova forma d’intrattenimento” fatta di “disegni, immagini e storie che le musiche hanno ispirato nelle menti e nell’immaginazione di un gruppo di artisti”.

Tutto partì da Topolino. Per ridargli quella popolarità di un tempo che stava ormai scemando, Walt Disney aveva deciso di realizzare per la serie ‘Silly Simphony’ (quella de ‘La danza degli scheletri’, per intenderci) il corto ‘L’apprendista stregone’ basato sull’omonima ballata del 1797 scritta da Goethe e musicata da Paul Dukas un secolo dopo. Per realizzarlo nel 1938 scritturò il Maestro Leopold Stokowski e l’orchestra di Phladelphia, e affittò un palcoscenico presso i Culver Studios in California. Ma i costi di produzione lievitarono fino a raggiungere una somma tale che ‘L’apprendista stregone’ da solo non avrebbe mai potuto recuperare. Nacque così l’idea di un lungometraggio che fosse una sorta di concerto di musica classica con immagini animate. Walt Disney, Stokowski e Deems Taylor (scelto dopo che i primi due lo avevano ascoltato commentare le trasmissioni radiofoniche della ‘New York Philharmonic’) iniziarono il lavoro di ricerca dei brani musicali, mentre oltre mille fra artisti e tecnici realizzarono la parte animata creando più di 500 personaggi che in qualche modo rappresentavano sullo schermo quello che la musica trasmetteva.

E così 79 anni fa, nel buio di una sala cinematografica, il pubblico si ritrovò ad ascoltare la ‘Toccata e fuga in Re minore’ di Johann Sebastian Bach guardando sullo schermo le “immagini astratte che verrebbero in mente sentendo il brano seduti da soli in una stanza”. Ma anche un insolito ‘Lo schiaccianoci’ di Pëtr Il’ič Čajkovskij che vedeva al posto di Clara e dello schiaccianoci a forma di soldatino un gruppo di fatine della rugiada (‘Danza della Fata Confetto’), funghetti dalle fattezze orientali (‘Danza cinese’), ninfee-ballerine che volteggiavano sull’acqua (‘Danza degli zufoli’), pesciolini che ricordavano la Cleo di ‘Pinocchio’ (‘Danza araba’), cardi e viole del pensiero che ballavano la tojka (‘Danza russa’) e fatine dell’autunno e dell’inverno (‘Valzer dei fiori’). Oppure ‘L’apprendista stregone’ con Topolino che sottraeva di nascosto il cappello magico al suo maestro il mago Yen Sid (Disney letto al contrario!) per combinare un grosso pasticcio perché non ancora in grado di controllare i poteri derivanti dal copricapo.

C’erano poi ‘La sagra della primavera’ di Igor Stravinskij con la storia del nostro pianeta dalle origini fino all’estinzione dei dinosauri, l’intervallo con la colonna sonora rappresentata da una linea retta bianca che cambiava forma a seconda dei suoni riprodotti, la Sinfonia n. 6 (la ‘Pastorale’) di Ludwig Van Beethoven che scandiva la vita di ninfe, centauri e centaurette, cupidi e fauni, Pegaso e famiglia, Bacco e Baccanti in una amena antica Grecia. Mentre sulle note della ‘Danza delle ore’ di Amilcare Ponchielli struzzi, ippopotami, elefantesse e alligatori si lanciavano in un comico balletto che altro non era che una parodia della danza classica (per riprodurre i passi di danza in maniera realistica, i disegnatori ebbero come modelle delle ballerine più o meno celebri del tempo). Il finale fu affidato a due brani dal forte impatto emotivo: ‘Una notte sul Monte Calvo’ di Modest Petrovič Musorgskij che a mezzanotte risvegliava spiriti maligni e anime dannate e l’’Ave Maria’ di Franz Schubert che sanciva l’arrivo di un uovo giorno e di una rinnovata speranza di salvezza fra gli uomini rappresentata dalle candele accese fra le mani dei monaci in processione attraverso una foresta e le rovine di una cattedrale.

Come anticipato, ‘Fantasia’ non ebbe successo. Il pubblico lo giudicò (forse non a torto) “troppo colto”, qualche critico lo definì un “musical intellettualoide” e da diverse parti si levò l’accusa di razzismo a causa della presenza di una centauretta di colore che nella ‘Pastorale’ lucidava gli zoccoli di un’altra dalla pelle bianca. Inoltre Disney voleva “creare l’illusione che la vera orchestra sinfonica stesse suonando nella sala” e così si affidò alla RCA che utilizzò un innovativo sistema di registrazione del suono chiamato ‘Fantasound’ che permise a ‘Fantasia’ di essere il primo film in stereofonia. Ma i cinema degli anni Quaranta non erano attrezzati con un adeguato impianto acustico e quindi zio Walt fu costretto non soltanto a ridurre a sole 13 le sale in cui proiettarlo in tutti gli States, ma si sobbarcò i costi molto alti per reperire e installare nelle sale la strumentazione necessaria alla riproduzione stereofonica del film.

Insomma, nel 1940 il film fu un flop nonostante Walt Disney avesse investito un capitale immane in un progetto nel quale credeva fermamente (soltanto una parte della critica intuì la potenza innovativa di ‘Fantasia’). Ci vollero anni e diversi rimaneggiamenti prima che anche il grande pubblico potesse apprezzare e amare questo vero e proprio capolavoro che nel corso degli ultimi decenni è stato più volte riproposto al cinema e in versione home video con special editions realizzate ad hoc in occasione di alcuni anniversari importanti. I primi profitti, infatti, arrivarono solamente nel 1969 grazie ad una campagna pubblicitaria in stile psichedelico che ebbe successo soprattutto fra gli studenti universitari, protagonisti attivi della cosiddetta cultura psichedelica che in quel periodo stava prendendo piede soprattutto in ambito musical. Oggi ‘Fantasia’ risulta essere il ventiduesimo maggior incasso cinematografico di tutti i tempi con un incasso totale di 76milioni di dollari.

L’anno prossimo taglierà il traguardo delle 80 primavere, ma il tempo non ha scalfito la sua forza, anzi. Se nel 1940 fu ritenuto un cartone non adatto ai bambini perché troppo lungo, molto concettuale e privo di dialoghi, al contrario i più piccoli oggi saprebbero comprenderlo e apprezzarlo. Merito anche di quella stessa musica “colta” che tanto fu bistrattata 80 anni fa, ma che studi recenti hanno dimostrato essere fondamentale per lo sviluppo cognitivo nell’infanzia. Dunque, nella giungla dei canali tematici digitali che propinano ai bambini cartoni animati h24 a volte di discutibile gusto, ‘Fantasia’ può fare la differenza. Perchè “la musica apre la mente all’immaginazione e aiuta a raggiungere i sogni” come ha detto il compositore Salvatore Sciarrino.

Io ho un bimbo di 4 anni e da tre ci ritagliamo dei momenti in cui rivedere ‘Fantasia’. Lui apprezza molto le storie (inutile dire che quelle di Topolino e dei dinosauri restano le sue preferite), canticchia alcuni brani e di altri conosce titolo e compositore. Certo, i demoni di Monte Calvo sono un po’ spaventosi (ma neanche più del paese dei balocchi della versione Disney di ‘Pinocchio’ che personalmente trovo molto inquietante), però ci hanno insegnato che non si giudica un libro dalla copertina. Quindi, riscopriamo ‘Fantasia’ e proponiamolo con entusiasmo come alternativa alla tv. Perché, per citare il compianto Maestro Claudio Abbado, “non si deve insegnare la musica ai bambini per farli diventare grandi musicisti, ma perché imparino ad ascoltare e, di conseguenza, ad essere ascoltati”.

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