Le due Frida di Giovanni Troilo. “L’artista voleva essere un’icona pop”

by Francesca Limongelli

L’idea di partenza era di intitolarlo “Le due Frida”, un omaggio alle due anime della grande artista messicana, piena di vita e creatività per un verso quanto martoriata dal dolore fisico dall’altro. Poi l’anima più vitale e gioiosa ha prevalso e il titolo scelto è stato “Frida. Viva la Vida”.

Parliamo del nuovo lavoro documentario del regista e fotografo pugliese Giovanni Troilo, presentato in questi giorni in anteprima al 37° Torino Film Festival e nelle sale italiane in esclusiva per soli tre giorni, il 25, 26 e 27 novembre  (sul sito nexodigital.it  l’elenco di tutte le sale nelle quali sarà visibile). Produzione Ballandi Arts e Nexo digital in collaborazione con Sky Arte, il docu film propone un viaggio in sei capitoli alla ricerca di Frida, nel cuore del Messico, tra cactus, scimmie, cervi e pappagalli, alternando interviste esclusive, documenti d’epoca, ricostruzioni suggestive e opere della stessa Kahlo. A guidare gli spettatori in questo viaggio, l’attrice Asia Argento che attraverso le parole della stessa Frida (lettere, diari, confessioni private), scoprirà come l’opera della pittrice affondi le sue radici nella pittura tradizionale dell’800, nei retablos messicani, oltre che nell’arte e nell’impegno di uomini del suo tempo, dal compagno di una vita, Diego Rivera, a Trotsky. “Frida. Viva la Vida!” è quindi un viaggio di scoperta che, come racconta lo stesso Troilo, vuole “lavorare innanzi tutto sull’arte, restituendone la grandezza e rilevando il legame enorme con la vita”.

MEXICO CITY, MEXICO – JULY 08: A portrait of Mexican artist Frida Kahlo by her father Guillermo Kahlo

In questo viaggio, quale Frida hai avuto modo di scoprire?

Per cominciare ho scoperto un’ artista nella quale davvero convivevano due anime: da una parte quella fatta di dolore e dall’altra quella che trova nell’arte una liberazione a quel dolore che aveva iniziato a martoriarla da piccolissima, con la poliomelite per culminare poi nell’invalidità causata da un incidente stradale avuto a 18 anni. Non è un caso infatti che Frida inizi a lavorare proprio a letto, quando non può muoversi: è come se da quella invalidità traesse forza e creatività. A partire quindi da questo, siamo poi andati un po’ a ritroso nel ritrovare le origini della sua formazione culturale e personale: e quindi abbiamo riscoperto e scoperto quella cultura popolare cui lei molto ha attinto, gli ex voto alla base di tanta sua pittura e quelle comunità matriarcali che ispirano poi Frida sia nell’arte sia nel suo modo di presentarsi.  In questo senso abbiamo certamente scoperto una Frida femminista ante litteram, pur dovendo chiaramente contestualizzare il tutto.

Frida è diventata nell’ultimo ventennio, probabilmente anche grazie al film biografico di Julie Taymor con Salma Hayek, una vera e propria icona di stile, pensiero, modello di riferimento per stilisti, artisti, designer: alla luce della ricerca fatta su di lei, pensi avrebbe gradito questa “poppizzazione” della sua figura e della sua arte?

In tutta onestà, fermo restando che si tratta di un mio parere, ritengo proprio di si e anzi in qualche modo ritengo che lei abbia fatto in modo di diventare “pop”. Mi spiego meglio e vi riporto un episodio sintetico di questo mio pensiero: nel lavoro documentario, un ruolo importantissimo lo ha avuto Hilda Trujillo, la direttrice del Museo Frida Kahlo di Città del Messico che vive lì in quella che era la casa della stessa artista. Ecco aprendo un cassetto di un mobile, mentre chiacchieravamo, Hilda ha trovato un bigliettino di Frida e ci ha raccontato di trovarne tutt’ora in continuazione. Come dei segni che l’artista ci ha voluto lasciare, proprio per essere ricordata. Un volerci dire “sono qui, resto qui”. Credo che in maniera consapevole lei volesse raccontarsi, lasciando se stessa  ai posteri. L’ha fatto ad esempio anche con il suo diario iniziato nel 1940 e che lei voleva fosse scoperto. Proprio qui, nelle ultime pagine ho trovato la chiave di tutto, in un racconto che lei intitola “L’origine delle due Frida” nel quale spiega che vorrebbe incontrare la sua amica immaginaria: quella appunto che soffre e l’altra che si alimenta di quella sofferenza per poi spiccare il volo nell’arte. E per rendere questa doppiezza abbiamo lavorato su due attrici, ciascuna a interpretare un’anima di Frida.

Asia Argento

Il film sarà in sala solo per 3 giorni: è sempre più diffusa la pratica dell’ “uscita evento” che può essere tanto una scelta “di sicurezza” quanto “un rischio”. Cosa ne pensi a riguardo? 

Penso che questa formula, già sperimentata nel mio caso con il documentario su Monet che è andato fra l’altro benissimo, sia una scelta più di coraggio. Usciamo per soli tre giorni, a inizio settimana e quindi invitiamo il pubblico a concentrarsi, a impegnarsi in qualche modo per approfittare di un’occasione, è una sfida a tutti gli effetti.

Giovanni Troilo

Terminato Phest a Monopoli per il quale curi la direzione artistica da tre anni e dopo l’uscita di Frida, a cosa lavorerai o stai lavorando?

Sto finendo di lavorare a un film documentario sul rapporto uomo/vulcano a Napoli e a breve comincerò a girare con Sky cinema un documentario sui poteri di Roma antica. Un lavoro storico che però non può prescindere dall’attualità.

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