Mr. Link, la riflessione necessaria sul senso di appartenenza firmata da Chris Butler

by Giuseppe Procino

Compare in sordina su Amazon Prime, dopo aver subito le stesse sorti per quanto riguarda la distribuzione in sala, uno dei gioiellini dell’animazione degli ultimi anni, si tratta di Mr. Link, pellicola del 2019 candidata, tra l’altro, al premio Oscar come miglior film di animazione.

Dietro la macchina da presa (o, per essere più precisi, dietro la macchina fotografica, poiché l’intera pellicola è stata realizzata in stop motion in modo a dir poco sbalorditivo), troviamo la Laika, casa di produzione specializzata nel dare vita a personaggi di plastilina, e Chris Butler, co-regista di un altro piccolo capolavoro ma dal cuore enorme come ParaNorman.

La Laika ci ha ormai abituati a narrazioni tematicamente complesse e articolate riuscendo a comunicare in maniera ineccepibile con adulti e bambini.

Mr. Link, infatti, corre lungo due binari, uno in superficie e uno parallelo ma nascosto. Sul primo si dispiega il tema principale della pellicola ovvero la ricerca dei propri simili da parte del protagonista, l’anello mancante (il ‘missing link’ del titolo originale) tra l’uomo e la scimmia, e l’amicizia con Sir Lionel Frost, un egocentrico e folle avventuriero. 

Sottotraccia, invece, questo gioiellino dell’animazione riesce a raccontare temi complessi, nodi attualissimi della civiltà contemporanea. Come ogni film di animazione che si rispetti, Mr. Link è un film carico di ironia, a tratti cattivissima, che dona alla storia un ritmo coinvolgente.

La sceneggiatura dello stesso Butler riesce a creare momenti di riflessione profondissima, svelando la semplicità di cui sono fatte a volte le risposte anche a temi complessi. È interessante vedere come ogni elemento si incastri nella sceneggiatura in modo naturale, al momento giusto, senza forzare mai l’acceleratore.

Succede così che Mr. Link riesca ad essere molto più di un prodotto tecnicamente ineccepibile, somministrando importanti riflessioni in maniera intelligente quasi senza che lo spettatore se ne accorga. D’altronde, in questo momento storico in cui ci si interroga sulla maniera migliore per togliere i diritti agli altri, sembra stranissimo che nessun politicante italiano isterico di fronte a questo film abbia urlato allo scandalo.

Così il protagonista, Mr. Link, l’anello mancante, sceglie di attribuirsi un nome femminile, Susan, senza destare alcun fastidio nei suoi compagni di avventura, e cerca quella che potrebbe essere la cosa più vicina ad una famiglia biologica, ma comprende che la vera famiglia è dove ci si sente al sicuro, dove ci si sente accettati. A completare la squadra c’è Adelina Fortnight, saggia ed esplosiva, una donna coraggiosa che non si lascia coinvolgere da implicazioni sentimentali nel nome della propria indipendenza. È lei che aiuterà Susan e Sir Lionel a capire quanto ogni incontro possa essere una meravigliosa avventura.

Quello che Butler ci racconta non è semplicemente una storia avvincente, figlia dei tòpoi ricorrenti nei romanzi del miglior Verne e Salgari, ma è una riflessione profonda ed efficace sul senso di appartenenza, sull’identità e infine sul significato di evoluzione come superamento di preconcetti e limiti nel nome di una società più giusta e inclusiva. Evolversi è, per questa pellicola, integrare, accettare senza giudicare.  Bello davvero.

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