Cary Grant, l’eleganza senza tempo di uno degli attori più amati di sempre

by Orio Caldiron

Quando nel 1970 riceve l’Oscar alla carriera, Cary Grant ringrazia tutti quelli che l’hanno aiutato a costruire il suo personaggio sullo schermo.

Sempre in bilico tra eleganza, autoironia e ambiguità, ha attraversato più di trent’anni di cinema hollywoodiano imponendo il volto attraente, gli occhi scuri, gli sguardi malandrini, la risata contagiosa, la camminata felina come altrettanti contrassegni di uno dei più grandi e affascinanti attori americani del secolo scorso dall’inconfondibile touch britannico.

Cary Grant, nome d’arte di Archie Leach, nasce il 18 gennaio 1904 in un quartiere operaio di Bristol, Inghilterra, da una famiglia tutt’altro che agiata. Sin dall’adolescenza si sottrae alle angustie della working class esibendosi nei music-hall inglesi. All’inizio degli anni venti è attivo come performer acrobatico a Broadway prima di arrivare a Hollywood, dove viene scritturato dalla Paramount.

Si fa notare accanto a Marlene Dietrich e a Mae West, ma si impone soltanto con l’equivoco truffatore cockney di Il diavolo è femmina (1935) di George Cukor che, entrato nella compagnia di saltimbanchi, strizza l’occhio alla radiosa Katharine Hepburn travestita da ragazzo. Sarà accanto all’attrice anche in Susanna (1938) di Howard Hawks, oggi considerato un capolavoro della screwball comedy dopo essere stato all’epoca un clamoroso flop. L’occhialuto paleontologo, che ha appena trovato l’ultimo osso del brontosauro, perde tutta la sua rispettabilità sopraffatto dalla scatenata follia della giovane ereditiera che lo trascina nel Connecticut. Si azzuffa con le galline, scivola sulle olive, si strappa il frac, insegue un leopardo e indossa un vaporoso negligée guarnito di piume prima di ammettere di non essersi mai divertito tanto.

L’intesa con Hawks è assoluta. Con lui girerà altri quattro film di cui il più divertente è Ero uno sposo di guerra (1949), dove strappa l’applauso travestito da ausiliaria. Non firma più contratti a lungo termine dopo quello con la Paramount e preferisce passare da uno studio all’altro assicurandosi le percentuali sugli incassi, che lo fanno diventare multimilionario. Si crea la propria casa di produzione per la quale interpreta e realizza con maniacale perfezionismo Operazione sottoveste (1959) di Blake Edwards, uno dei suoi maggiori successi commerciali.

Nel frattempo l’incontro con Alfred Hitchcock fa risaltare ancora di più il lato oscuro che affiora dietro l’apparenza irreprensibile. Nell’imbroglione di Il sospetto (1941), l’agente segreto di NotoriousL’amante perduta (1946), il Gatto di Caccia al ladro (1955), il pubblicitario di Intrigo internazionale (1959) – insieme a partner leggendarie come Joan Fontaine, Ingrid Bergman, Grace Kelly, Eva Marie Saint – il doppio gioco diventa più che mai gioco del doppio, mentre tra inganni e minacce si delineano le strategie del desiderio. Sempre fedele ai classici completi grigi o blu, nello scorcio finale della carriera è irresistibile accanto a Audrey Hepburn in Sciarada (1963) di Stanley Donen, dove giallo e commedia si mescolano e tutti sembrano muoversi a passo di danza come in un musical.

Sposatosi cinque volte, da Dyan Cannon ha nel 1966 l’unica figlia Jennifer, per la quale nella sua grande casa di Beverly Hills si mette al piano e canta a squarciagola le canzoncine del varietà. Ormai da vent’anni lontano dal set, muore il 29 novembre 1986 a Davenport, Iowa, durante uno degli affollati incontri con il pubblico in cui raccontava di sé, confessando tra l’altro che anche lui avrebbe tanto desiderato essere Cary Grant.

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