Irene Papas, dal cinema politico alla tragedia greca

by Orio Caldiron

Il segreto di Irene Papas, una delle più note e apprezzata star internazionali, è quello di aver frequentato i set di vari paesi del mondo senza mai dimenticare le sue radici.

Bellezza tipicamente mediterranea e attrice di forte temperamento, è nata a Chiliomodi, nei dintorni di Corinto, il 3 settembre 1926. Dopo aver studiato alla Scuola d’arte drammatica di Atene, si afferma in teatro come una delle più grandi interpreti della tragedia classica.

Se il primo tempo della sua avventura italiana non è particolarmente fortunato con i suoi ruoli secondari e decorativi, solo più tardi s’impone accanto a Gian Maria Volonté nel personaggio dell’ambigua vedova Roscio di A ciascuno il suo (1967) di Elio Petri, uno dei primi film sulla mafia tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia. Nella partecipe ricostruzione della realtà lucana di Cristo si è fermato a Eboli (1979) di Francesco Rosi resta nella memoria la serva Giulia, amorosa maga meridionale dall’erotismo ferino. Nel frattempo la sua partecipazione all’Odissea (1968) di Franco Rossi nel ruolo di Penelope le aveva assicurato larga notorietà presso il pubblico italiano.

Subito dopo la deludente esperienza hollywoodiana, rivela le sue più autentiche qualità di interprete nei film di Michael Cacoyannis che rilegge Euripide alla luce della modernità. La protagonista di Elettra (1962) è forse l’incarnazione più intensa e affascinante applaudita a Cannes che le assegna la palma come miglior attrice. Ancora più ambizioso, Le troiane (1971), che affida l’attualità del messaggio pacifista a un quartetto di attrici formato, oltre che da Irene, da Katharine Hepburn, Vanessa Redgrave, Geneviève Bujold.

Ha i suoi estimatori anche Ifigenia (1976), dove una solenne Clitennestra si muove in uno scenario di coinvolgente suggestione spettacolare. Ma il maggior successo era andato a Zorba il greco (1964) che il regista aveva tratto dal romanzo di Nikos Kazantzakis, dove l’attrice è accanto a Anthony Quinn, un protagonista di istrionica esuberanza. In Z – L’orgia del potere (1969) di Costa-Gavras sulla nascita del regime dei colonnelli, l’indimenticabile personaggio della vedova di Lambrakis, segna la sua consacrazione internazionale.

Nei decenni successivi lavora con registi delle più diverse nazionalità apparendo in un gran numero di film che non è sempre possibile mettere al suo attivo. Nonostante l’evidente dimensione politica di molti titoli e la stessa attitudine a dar credito ai registi esordienti o poco noti, il cinema mainstream, soprattutto se ambientato in Grecia e dintorni, è sempre molto presente, da I cannoni di Navarone (1961) di Jack Lee Thompson a Il mandolino del capitano Corelli (2001) di John Madden.

Sono particolarmente significative la nonna di Eréndira (1983) di Ruy Guerra e la madre di Cronaca di una morte annunciata (1987) di Rosi, entrambi tratti dai romanzi di Gabriel García Márquez. L’incontro più sorprendente è quello con Manoel de Oliveira, da Party (1996) a Inquietudine (1998) fino a Un film parlato (2003).

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