La tragica storia di River Phoenix, la ‘stella fissa’ che non si spegnerà mai

by Michela Conoscitore

La maggior parte degli uomini sono come una foglia secca, che si libra nell’aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri pochi sono, come stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c’è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino.
Siddharta, Hermann Hesse

Corri verso il rifugio con amore, e troverai la pace”: a scrivere queste parole un giovanissimo River Phoenix, l’attore statunitense scomparso a soli 23 anni, nel 1993, per overdose.

A citare i versi del fratello, domenica 9 febbraio, dal palco del Dolby Theatre di Los Angeles, un visibilmente emozionato Joaquin Phoenix, che ha ricevuto l’Oscar come Migliore attore protagonista per la sua interpretazione del Joker. Il discorso tenuto da Phoenix è stato un concentrato di attivismo ambientalista e una filosofia di vita green che ha accompagnato la famiglia Phoenix, anzi Bottom, fin dalla sua ‘nascita’: l’attore ha parlato di connessione con la natura e compassione, tutte caratteristiche che mancano alla razza dominante sul pianeta, un condensato di egocentrismo.

La storia dei fratelli Phoenix comincia quando i genitori, Arlyn e John, si incontrano e decidono di proseguire insieme la loro vita. Il primo figlio della coppia fu proprio River, chiamato così per Siddharta di Hermann Hesse. In seguito, nacquero Joaquin, Summer, Rain e Liberty: una famiglia numerosa, quella di River, che si spostava continuamente, fedeli alla dottrina hippy, fino a quando i genitori decidono di entrare nella setta religiosa dei Bambini di Dio.

La famiglia si trasferì a Caracas, in Venezuela, dove la setta aveva sede, e probabilmente questo è stato il periodo più cupo per River, l’origine di tutte le sue mancanze. Come ogni setta che si rispetti, i Bambini di Dio avevano copiosi lati oscuri, di cui River fece pesantemente esperienza: nella comunità religiosa adoperavano la prostituzione per fare proselitismo, e l’attore raccontò di aver sperimentato il sesso già all’età di quattro anni, una pratica normale per la setta, dove i bambini venivano costretti dagli adulti, inclusa la madre Arlyn, a prestazioni sessuali. River aggiunse anche che iniziò a bere all’età di dieci anni, per far compagnia al padre, alcolista.

Eppure River, com’era nella sua natura, oltre alle brutture, riuscì ad assimilare anche i lati positivi di quel periodo: sviluppò una matura consapevolezza nell’essere una delle tante creature che abitavano il mondo, aderendo così ad uno stile di vita vegano. Quando intraprese la carriera di attore, rifiutò molti ruoli in cui gli animali sarebbero stati maltrattati o sfruttati: questo suo ‘fondamentalismo’ ambientalista esportato nel cinema, ha anticipato l’impegno attivista dell’amico Leonardo DiCaprio.

Tornati negli Stati Uniti, i Bottom cambiarono cognome e adottarono quello di Phoenix, richiamando il mito dell’araba fenice, che rinasce dalle sue ceneri, dopo l’esperienza giudicata in seguito negativa dai genitori di River. Il futuro attore, carente di preparazione scolastica ma assetato di conoscenza, che si barcamenò coi fratelli mettendo su spettacoli di strada per mantenere la famiglia, perennemente in ristrettezze economiche, cominciò a muovere i primi passi nel mondo della pubblicità e del cinema. I fratelli Phoenix, infatti, furono notati da un’agente per le strade di Los Angeles, e decise di rappresentarli tutti.

Il primo ruolo importante di River fu in Explorers del regista Joe Dante, a cui seguì una partecipazione alla sit-com Casa Keaton con Michael J. Fox, e Mosquito Coast con Harrison Ford che per River diventò un padre a tutti gli effetti. Contemporaneamente al successo crescente, River associò l’uso di droghe: con stupefacenti e alcol, l’attore non ammise mai la sua dipendenza per timore di perdere ruoli cinematografici, anche perché la sua bravura attoriale stava contribuendo a mantenere tutta la famiglia. Negli ultimi tempi, arrivò a spendere fino a mille dollari a settimana per l’acquisto di droghe.

In questo periodo divenne attivista per la Peta, e diede vita al gruppo musicale Aleka’s Attic: infatti, più della recitazione, la sua vera passione era la musica. La consacrazione per River arriva con il film Stand by me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner, perché da lì, fu tutto in discesa: la prima candidatura agli Oscar, a soli diciannove anni, per il film Vivere in fuga, la vittoria, nel 1991, della Coppa Volpi al Festival del Cinema di Venezia per Belli e dannati, che sancì definitivamente l’amicizia con Keanu Reeves. Poi, ancora un altro film con Ford, il grande successo Indiana Jones e l’ultima crociata.

L’avvenire cinematografico di River era destinato a sicuro successo, tutti lo richiedevano per averlo nei loro film, il talento e la sensibilità innati verso i personaggi che interpretava lo resero uno degli interpreti più amati della sua generazione. Tutto terminò, però, il 31 ottobre 1993 al club Viper Room di Los Angeles: una serata tra amici si trasformò nella sua veglia funebre. River arrivò già stravolto al club, dopo assunse altra droga che lo portò prima ad una insufficienza respiratoria e a crisi epilettiche, dalle quali i fratelli Joaquin e Rain cercarono di salvarlo, e poi alla morte, certificata all’arrivo in ospedale, per overdose.

Probabilmente non è stato un caso che, durante la serata degli Oscar, quando Joaquin ha pronunciato quelle parole, in sala erano presenti quasi tutti gli amici di River, con lui quella sera del 31 ottobre: Keanu Reeves, Leonardo DiCaprio e lo stesso Joaquin. Sì è rinnovato il rimpianto e perpetuato l’addio a quel ragazzo che, troppo presto, preferì andare via.

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