Marilyn Monroe, da pin-up girl a stella di Hollywood

by Orio Caldiron

Sembra impossibile, ma prima nessuno si era accorto di lei, nessuno l’aveva notata nello sciame delle dumb blonde, le cinguettanti ochette della Fox. Soltanto la folgorante apparizione in Giungla d’asfalto (1950) di John Huston, nel ruolo dell’ambigua “nipotina” del losco avvocato di malaffare che dietro le quinte finanzia il colpo grosso, consente a Marilyn Monroe – nata a Los Angeles il 1° giugno 1926, muore il 5 agosto 1962 – di ricominciare da capo la carriera che da pin up girl la fa diventare nel giro di un decennio una stella di prima grandezza nel firmamento hollywoodiano.

Mentre gli uffici stampa pescando nella sua biografia – l’assenza del padre, le disavventure giovanili, il precoce matrimonio – costruiscono l’immagine scandalosa e allusiva che accompagnerà per sempre il suo mito, dalla sua voce calda alla camminata inconfondibile, dalla bocca dischiusa alle battute irripetibili, le major cercano di lanciarla nel melodramma torrido con titoli come Le confessioni della signora Doyle (1952) di Fritz Lang, La tua bocca brucia (1952) di Roy Baker, Niagara (1953) di Henry Hathaway. Strizzata in bikini, jeans, impermeabili che sembrano scoppiarle addosso, cerca in tutti e tre i film di essere un’attrice e qualche volta ci riesce, anche se nell’ultimo il confronto con le famose cascate è particolarmente impegnativo.

Niagara

Gli uomini preferiscono le bionde (1953) di Howard Hawks inaugura la sua grande stagione nel segno del teatro, che esaspera fino alla caricatura la sua traboccante femminilità e ne rivela la segreta alchimia tra candore e artificio. In coppia con Jane Russell, canta e balla in un musical scintillante di gag irresistibili e di eccessi scenografici, affermandosi come una splendida show girl fissata con i diamanti, “i migliori amici di una ragazza”. Come sposare un milionario (1953) di Jean Negulesco traghetta il personaggio della bionda a caccia del marito ricco dal palcoscenico alle sfilate di moda. Ma non basta fare l’indossatrice per riuscirci prima del “The End”. Miope come una talpa, si ostina a non portare gli occhiali, sbaglia aereo, s’impiglia strappandosi il vestito, strabuzza gli occhi, scambia il cameriere per il ricco accompagnatore. L’innocente svagatezza di Marilyn s’impone accanto alle più mature Lauren Bacall e Betty Grable, mentre anima con singolare leggerezza la sofisticata commedia degli equivoci.

Quando la moglie è in vacanza (1955) di Billy Wilder è uno dei suoi film più memorabili, in cui l’inequivocabile sapore metacinematografico fa lievitare in modo imprevedibile ogni situazione.

Quando la moglie è in vacanza

Nel ruolo della ragazza del piano disopra, infiamma l’immaginario maschile del protagonista e insieme lo dissolve nella provocazione più sorridente e naîve. Ma il capolavoro assoluto è A qualcuno piace caldo (1959) ancora di Wilder, dove rivela il genio comico che prima aveva fatto intravedere solo a tratti. Quando Sugar cerca di sbloccare Tony Curtis, il falso miliardario che colleziona conchiglie Shell, o quando si perde in discorsi di donne nella cuccetta di Jack Lemmon in vestaglia, non c’è gara, nessun’altra avrebbe potuto far meglio, prima che l’attrice ceda per sempre all’icona, tra i manifesti strappati sui muri della città come in un quadro di Mimmo Rotella.

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