Nathalie Wood, la diva delle storie impossibili

by Orio Caldiron

Sembrerà strano ma nessun’altra ha avuto come Nathalie Wood la passione dei finali. Strepitosi, imprevedibili, sospesi. Sin da Sentieri selvaggi (1956), il capolavoro di John Ford in cui il protagonista sta per uccidere Debbie, la nipote rapita dai comanche. Il gigantesco John Wayne sovrasta imperturbabile la minuta adolescente in bilico tra due mondi, la solleva bruscamente con violenza e poi la prende in braccio, gentile e protettivo: “Andiamo a casa, Debbie”.

Fino allo struggente Splendore nell’erba (1961) di Elia Kazan. Quando dopo un paio d’anni lei esce dalla clinica, vuole incontrare ancora una volta Warren Beatty, il doloroso amore della sua vita. Ora fa il contadino e si è sposato con una ragazza italiana. Hanno un bambino piccolo e sono in attesa del secondo. Lei se ne va, lui l’accompagna. Si guardano, non si dicono quasi nulla, si salutano per sempre. Mentre riecheggiano i versi di William Wordsworth studiati al liceo, non sappiamo se il conformismo sessofobico del Middlewest gli ha rubato la giovinezza o se finalmente sono diventati adulti.

Nathalie Wood – nasce a San Francisco il 20 luglio 1938 e muore il 29 novembre 1981, annegando al largo dell’Isola di Santa Catalina in circostanza misteriose – debutta all’età di quattro anni come tante altre child star, da Shirley Temple a Judy Garland, che gli spettatori possono dire di aver visto crescere sullo schermo dalle prime particine fino ai ruoli più importanti. Solo con Gioventù bruciata (1955) di Nicholas Ray si afferma accanto a James Dean come una delle attrici più dotate della nuova generazione, l’immagine aggressiva dell’inquietudine giovanile. Se il tragico destino del protagonista lo trasforma subito in mito, è indimenticabile la scena in cui James Dean le tende la mano come in un inconsapevole passaggio di testimone. Quando pochi anni dopo partecipa a West Side Story (1961), il celebre musical di Robert Wise e Jerome Robbins, il suo nome spicca in grande nel manifesto accanto ai ragazzi delle bande rivali. Sono tutti ballerini per la prima volta sullo schermo che si accostano con timore reverenziale alla diva di Hollywood senza sapere che anche lei è preoccupata per la performance che la attende. Memorabile la sequenza della scala antincendio dove Maria e Tony si guardano negli occhi, mentre le note di “Tonight” raccontano il mondo trasfigurato dall’amore.

Il temperamento appassionato e malinconico ne fa l’interprete ideale delle storie strappalacrime, ma nella sua carriera si destreggia con abilità tra commedia e mélo, accanto a Frank Sinatra, Steve McQueen, Tony Curtis, Jack Lemmon. Negli anni successivi l’immagine dell’eterna ragazza sembra appannarsi. Quando la fabbrica dei sogni entra in crisi, è un esponente atipico della Hollywood Renaissance come Sydney Pollack a offrirle con Questa ragazza è di tutti (1966) una delle occasioni più smaglianti della sua vicenda d’attrice, in cui lo slancio vibrante del desiderio viene a patti con i chiaroscuri della nostalgia e dell’incertezza. Se quella tra Nathalie Wood e Robert Redford è ancora una volta una storia d’amore impossibile in bilico tra sogno e realtà, nello sguardo penetrante dell’autore si avverte inequivocabilmente che l’età dell’innocenza è finita per sempre.

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