Patricia Neal, l’attrice che non ha mai voluto essere una diva

by Orio Caldiron

Subito dopo i primi successi a Broadway, Patricia Neal – nata a Packard, Kentucky, il 20 gennaio 1926 – arriva al cinema dalla porta principale con La fonte meravigliosa (1949) di King Vidor. Dominique Francon, la giornalista insoddisfatta che s’innamora del grande architetto modernista, un Gary Cooper di sorprendente aggressività, inaugura la galleria di donne energiche e volitive della sua carriera. Sul set la finzione diventa realtà con l’appassionata relazione sentimentale tra l’attrice e il divo che, per la differenza di età e la tenace opposizione al divorzio della moglie, si risolve nello scandalo che scuote la comunità hollywoodiana. La coppia si rifugia a L’Avana, contando sull’amicizia di Ernest Hemingway.

Negli anni cinquanta appare in una decina di titoli – il migliore è Golfo del Messico (1950) di Michael Curtiz accanto all’hemingwayano John Garfield – prima di partecipare a Un volto nella folla (1957) di Elia Kazan. Il personaggio di Marcia Jeffries, l’affascinante radiocronista che scopre Lonesome Rhodes intuendone le grandi potenzialità comunicative, è la performance più matura della sua carriera. Solare e ridente quando l’avventura comincia, tormentata ma decisa quando si tratta di staccare la spina alla deriva autoritaria del suo idolo, sullo sfondo dello strapotere dei media. Nel frattempo si era sposata con lo scrittore inglese Roald Dahl, da cui avrà Ophelia, Tessa, Teo, Olivia e Lucy.

Se tutti ricordano Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany (1961) di Blake Edwards, come trascurare l’elegante “arredatrice” che coi soldi del marito mantiene lo sfaticato George Peppard, un graffiante ruolo di contorno che conferma la grinta dell’interprete? Non è da meno Alma Brown di Hud il selvaggio (1963), la saga famigliare di Martin Ritt, dove la governante dei Bannon, capelli in disordine e vestita come capita, sbatte la porta e se ne va stanca di sopportare il machismo texano, dopo aver rubato la scena al selvaggio Paul Newman, guadagnandosi l’Oscar per la miglior protagonista. Spesso sottovalutato, Prima vittoria (1965) di Otto Preminger ci riserva la sorpresa di Maggie Haynes, l’infermiera per la quale la marina è tutto. Struggente il sorriso malinconico ma comprensivo con cui alla fine assiste il capitano John Wayne nel segno dell’eros autunnale.

Nel febbraio del ’65 è colpita da emiplegia, restando a lungo semiparalizzata. Solo dopo l’intenso programma di riabilitazione si riprende fino a tornare sul set negli anni settanta. L’addio al cinema avviene con La fortuna di Cookie (1999), la garbata commedia sudista di Robert Altman, nel ruolo dell’eccentrica Jewel Mae Orcutt detta Cookie che decide di suicidarsi per raggiungere il marito. Quanto a Patricia Neal scompare l’8 agosto 2010 nella sua casa di Edgartown nel Massachusetts, lasciando agli spettatori il ricordo di un’attrice di talento che non ha mai voluto essere diva. Ma anche l’intelligenza e la vivacità di uno sguardo che non si lascia sopraffare dalle difficoltà.

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