Romy Schneider, la triste vita di una principessa

by Orio Caldiron

Quando alla fine di La principessa Sissi (1955) di Ernst Marischka Elisabetta sposa Francesco Giuseppe, la diciassettenne Romy Schneider – era nata a Vienna il 23 settembre 1938, morirà a Parigi il 29 maggio 1982 – diventa subito una star, la sola austriaca destinata a brillare nel firmamento internazionale grazie alla sua strepitosa freschezza.

Ma il successo della nostalgica rievocazione del passato imperiale – al primo film fanno seguito Sissi, la giovane imperatrice (1956) e Destino di un’imperatrice (1957) – non corona il sogno della ragazzina che avrebbe voluto diventare disegnatrice di moda quanto piuttosto quello della madre attrice che si realizza nella carriera della figlia. Anche se deve la sua popolarità alla trilogia, non dimentica mai di averla vissuta come un incubo: “Sissi sorrideva beatamente quando io avevo voglia di piangere. La gente si entusiasmava solo a vedermi, mi sembrava di essere una torta viennese su cui tutti avrebbero voluto affondare i denti”.

Sul set di L’amante pura (1958) s’innamora di Alain Delon con cui si trasferisce a Parigi. Affascinato dalla giovane attrice, che abbandona i costumi ottocenteschi per i tailleur di Coco Chanel, Luchino Visconti le offre con Il lavoro, l’episodio di Boccaccio ’70 (1962), l’occasione di affrontare il suo primo personaggio moderno nella satira impietosa della nobiltà milanese messa in scena nel racconto. Scoperto il coinvolgimento del marito in un giro di squillo di alto bordo, Pupe decide di concederglisi solo a pagamento ma alla fine scopre con le lacrime agli occhi che quello è diventato il suo lavoro. La notorietà internazionale si consolida con le brevi apparizioni in Il processo (1962) di Orson Welles, Il cardinale (1963) di Otto Preminger, Ciao Pussycat (1965) di Clive Donner, mentre in La piscina (1969) di Jacques Deray rivela l’esuberanza del suo temperamento drammatico.

Negli anni settanta diventa una delle attrici più amate del cinema francese, interpretando alcuni film di Claude Sautet, da L’amante (1970) a Il commissario Pelissier (1971), da É simpatico, ma gli romperei il muso (1972) a Una donna semplice (1978), toccanti radiografie della vita di coppia, dove risalta la sua trepida vulnerabilità. “Sin dall’inizio ho capito di aver avuto la fortuna d’incontrare un’attrice e una donna nel suo momento magico”, diceva il regista. “Romy è insieme una donna raggiante e straziata e un’attrice che sapeva già tutto ma non aveva potuto esprimerlo. È la vivacità in persona, una vivacità animale, con bruschi cambiamenti di espressione, dalla aggressività alla dolcezza”.

Nello stesso periodo appare in moltissimi titoli da L’assassinio di Trotsky (1972) di Joseph Losey a L’importante è amare (1975) di Andrzey Zulawski, altrettante conferme della sua versatilità. Ma ancora una volta l’incontro folgorante è quello con Visconti che in Ludwig (1972) le affida il mitico personaggio di Sissi, la cugina del protagonista in cui il giovane sovrano insegue il sogno di un amore impossibile. Nonostante i numerosi riconoscimenti, l’inquietudine domina la sua vita sentimentale, segnata dal fallimento di due matrimoni e dalla tragica scomparsa di David, il figlio quattordicenne, da cui non si riprenderà mai. L’ultimo film importante è La morte in diretta (1980) di Bertrand Tavernier. Nella struggente erranza di Katherine, la malata terminale inseguita dalla videocamera, l’attrice sembra riconoscersi nel personaggio in una immedesimazione totale.

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