Canova e l’Antico, al MANN si contempla il bello ideale

by Antonella Soccio

Bisogna prima, ch’io mi ingegni immaginare un’idea che la mi piaccia, e se fosse possibile, che mi innamorasse: allora volentieri le farò le carezze nel resto.

Quando avrai regolata la virtù visiva dell’anima, ponti pure ad operare, che vincerai ogni difficoltà, e sovra oggetti, che belli non sono, farai opere belle.

Antonio Canova

Napoli, teatro pullulante di vita, di bellezza, di violenza e di annosi problemi. I presepi, la pizza, o’ babà, le sfogliate, il mare, le isole, il Vesevo leopardiano, la ginestra, la camorra, Gomorra, l’amica geniale, Eduardo, Mimmo Borrelli, Pulcinella, Maradona, Poggioreale, Renato Caccioppoli, la Apple. 

Quel che balza agli occhi a chi conosce e ama la capitale del Sud è la sua profonda trasformazione, in pochi anni, in città turistica, della cultura e dell’arte. Al pari di Milano, ma senza la grandeur e l’efficienza di Milano. Con mostre che fanno gravitare per le strade e nei contenitori culturali centenari, decine e decine di giovani festanti, da tutta Italia e non solo.

Canova e l’Antico in questo lungo intermezzo festivo tra Pasqua e il Primo Maggio si conferma tra le mostre più amate dell’anno. Una esposizione sublime che poteva essere realizzata in maniera così perfetta e compiuta solo al MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, per la immensa mole di suggestioni e di lavoro attorno alle opere e all’artista. Il trend è in crescita con un più 33% delle presenze rispetto allo stesso periodo dello scorso anno nel museo: dal 28 marzo al 29 aprile 2018 sono stati 82.514 i biglietti staccati al MANN.

La danzatrice con le mani sui fianchi

I sei marmi provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo, che vanta la più ampia collezione canoviana al mondo – L’Amorino Alato, L’Ebe, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti, la testa del Genio della Morte e le Tre Grazie- insieme all’Apollo che s’incorona del Getty Museum di Los Angeles e a La Pace, proveniente da Kiev, arrivata il 25 aprile, calamitano sicuramente l’attenzione dei visitatori. Ma la mostra è anche tanto altro. Va visitata più volte, dedicandosi ad un percorso per volta.

La Pace ha una storia che è rimasta ignota al pubblico fino al ritrovamento, avvenuto una quindicina d’anni fa, da parte di Irina Artemieva (Conservatrice dell’Arte veneta, Museo Statale Ermitage), di una lettera di Antonio Canova all’ambasciatore russo a Vienna, che fece da mediatore nella commissione: il carteggio era conservato nella Sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Russia a San Pietroburgo.

Di fronte ad ogni opera i giovanissimi stanziano per moltissimo tempo, rigirando le statue, per coglierne ogni “inquadratura”.

Amorino

L’allestimento cattura per l’apparente caos che suggerisce. Articolato su due piani del Museo, è un viaggio nella produzione artistica canoviana e percorre l’intera sua arte, dal bozzetto, agli studi, al dipinto, ai gessi. Il confronto fra le creazioni di Antonio Canova e le grandi opere del passato che ogni visitatore può vedere non solo nelle statue messe a confronto nell’esposizione, ma anche dedicandosi, con delle digressioni degli occhi e del corpo, alla Collezione Farnese e alle altre sale del MANN, lascia stupefatti. La scoperta delle opere diventa un gioco tra l’originale del mondo antico e il miglioramento puro, bianco, essenziale del Neoclassicismo. Dalla voluttà piena delle carni di marmo pompeiane alla seduzione fanciullesca del chiarore canoviano.

La comparazione tra marmi e gessi, tra la produzione ellenistica e quella apollinea di Canova, “il Fidia moderno”, che invita ad “imitare, non copiare gli antichi” per diventare inimitabili secondo il monito di Winckelman, catapulta i visitatori perfettamente nella breve sinossi della mostra: Canova “ultimo degli antichi e primo dei moderni”.

Ogni statua giovanile di Canova ha un suo originale nell’antico, come nel caso di Teseo e il Minotauro, che apre la mostra. La scelta del soggetto del gruppo statuario è indicativa di come Canova abbia assimilato nella sua carriera, sin da giovane, gli stimoli dell’ambiente romano. Non il momento della lotta per la rappresentazione del mito, ma quello del riposo dopo la vittoria. L’eroe siede sul corpo del mostro abbattuto: l’intelligenza, la forza e il coraggio dell’uomo hanno avuto ragione sulla bestialità, sconfiggendo le tenebre paurose del labirinto.

Una calma domina l’eroe: sembra illustrare alla lettera le parole di Winckelmann secondo cui le massime qualità dell’arte greca erano la “nobile semplicità” e la “quieta grandezza”.

Al MANN è chiaro il superbo dominio tecnico del mezzi tecnici e formali nello scultore, espressione di un fermo controllo dell’intelletto sul manifestarsi delle passioni e dei sentimenti. Questa sua dote precipua è evidente in “Amore e Psiche stanti” un’opera straordinaria che abbozza nella tenerezza l’abbraccio degli amanti del gruppo più noto Amore e Psiche, che non è al MANN.

Amore e Psiche stanti

In Amore e Psiche stanti si è nella fase delle bellezza eternata, l’artista fissa un momento, una coccola di un erotismo raffinato, senza fuoco, infantile. 

Il bello ideale e il bello di natura è svolto nella Paolina Bonaparte di gesso presente al MANN, alla morbidezza della carne che sembra viva si aggiunge il lieve vibrare del volto con le labbra socchiuse quasi a fermare il respiro.

Le tre Grazie, figlie di Zeus ed Eurinome, identificate nella mitologia come Aglaia, lo splendore, Eufrosine, la gioia e la letizia, Talia, la prosperità e la portatrice di fiori, seducono per l’intreccio delle braccia e delle gambe, che conferisce loro movimento e leggerezza. I volti con una espressione candida, si rispecchiano nella meraviglia degli spettatori, per il marmo, privato di ogni possibile porosità. Si resta incantati nella contemplazione.

Dopo le Tre Grazie e la Pace il visitatore resta imbambolato dalla bellezza. Il confronto con le opere etrusche e le tempere, che vengono dopo, meriterebbero una sezione staccata, una pausa.

Nelle seconde, quasi psichedeliche, si rintraccia tutta la contemporaneità di Canova. Unico e grandioso. Opere incredibili e poco note al grande pubblico, le serie di danzatrici sembrano dipinte oggi, arte da design.

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