Del frammento, tre giovani artiste indagano, in un negozio, la frantumazione e le ombre del sé

by Antonella Soccio

Valentina Scarinzi, Giulia Maltinti e Olga Di Franza. Tre giovani artiste sono in mostra in un ex spazio commerciale, affittasi, dell’isola pedonale di Foggia in Puglia, fino al 4 luglio, in un allestimento di arte contemporanea a cura di Alessandro Demma.

Scarinzi, foggiana, dopo due anni a Bologna è laureata all’Accademia di Belle Arti e nei suoi lavori si propone di indagare l’identità umana. Maltinti, giovane pisana, mescola i suoi timori nella pittura, tentando di innescare una forte catarsi degli occhi in chi guarda.

Di Franza, nata in Ucraina, si sta interrogando invece sul concetto immateriale delle ombre.

Tre artiste e tre opere che formano l’esposizione intitolata “Del Frammento”. I lavori provano a dare senso alle derive relazionali del sé e dell’altro da sé, con un viaggio di immagini, oggetti, segni e simboli, in una verità alternata. Il curatore cita Jean Baudrillard, le opere infatti giocano sull’apparenza e su brandelli di vita, in un puzzle che rimanda per assonanza visiva anche all’originaria funzione d’uso del vecchio negozio.

Le opere delle tre artiste sono tre atti di una piéce in cui l’utilizzo di linguaggi e tecniche differenti mette lo spettatore di fronte ad un domani di emozioni e di immagini.

Scarinzi ha scelto la moltiplicazione dello sguardo, con un prisma aperto di specchi che è insieme un camerino, dove però degli occhi in maschera guardano lo spettatore in modo inquietante. Lo spazio permette di frantumare l’immagine in mille selfie. Dall’alto, dal basso, tanti frammenti dell’intero che si specchia.

Le tre artiste, da sx, Di Franza, Scarinzi e Maltinti

È ancora più perturbante il lavoro di Maltinti, che costruisce un set da film horror o casa dell’orrore, proprio nel luogo dei vecchi camerini. Con una splendida installazione di video arte, dai suoni grotteschi, l’artista mette in scena lo sguardo del Superego, giudicante e castrante. Oltre che sempre satirico, sarcastico e claustrofobico. Gli occhi, che si sovrappongono e sberleffano lo spettatore, sovrastano la vista, in uno svago di luci da lunapark psichedelico.

Più metafisica e per certi versi tradizionale l’opera di Di Franza, intagliata su carta e sintesi della tridimensionalità, che sceglie il gioco della trasparenza e delle ombre. L’origamo bianco che scende dal soffitto, rinvia alla bellezza di un abito leggero, volteggiante e fluttuante, che ispira gioia e appagamento dopo tanto giudizio e iper osservazione: è più bello il reale o quello che non è ma potrebbe essere, la sua “luna”?

“Ci piacerebbe proporre la mostra anche in altre città, è nata questa collaborazione improvvisa, perché ci siamo conosciute quest’anno. Sono stati 4 mesi intensi. La linea è quella delle piccole storie. Il contenitore ci ha ispirato. La mia ricerca va avanti su questo genere di materiali che sono gli specchi e la gomma siliconica, perché sono molto affezionata ai calchi mi piace il concetto del calco, per recuperare ogni singolo particolare e del poro della pelle per esportarlo in una realtà diversa, parallela, virtuale”, ha spiegato Scarinzi.

“La mia opera è un site specific, nei camerini. Partendo dai propri timori, che era il tema comune iniziale a tutte e tre, ho sviluppato un’opera pensata nel chiuso di un camerino”, ha sottolineato Maltinti.

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