La mostra di Andrea Del Verrocchio a Palazzo Strozzi

by Michela Conoscitore

Nell’anno delle celebrazioni per il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, la Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze, di concerto con il Museo del Bargello e la National Gallery of Art di Washington, ha pensato di esplorare gli inizi del geniale pittore ed inventore dedicando la prima retrospettiva organizzata in Italia ad Andrea del Verrocchio, mentore di Leonardo, che lo accolse nella sua bottega come apprendista. La mostra, che vanta prestiti dai musei più importanti del mondo come il Louvre di Parigi, il Rijksmuseum di Amsterdam e il Victoria and Albert Museum di Londra, va a sondare le radici del genio leonardesco partendo dal legame fondante tra maestro e allievo.

Varcare l’entrata di Palazzo Strozzi significa immergersi nella storia, in pieno Rinascimento: “una piccola fortezza nel cuore della città”, l’edificio sede della famiglia di banchieri è legato a quella concezione, propria dell’epoca, di affermare il prestigio attraverso le dimore patrizie, ideate da eminenti architetti. Nel caso di Palazzo Strozzi, il progetto fu affidato a Simone del Pollaiolo. La mostra, al piano nobile del palazzo, ha una grande affinità con l’ambiente che la ospita, in uno scambio sinergico di ideali rinascimentali.

Attivo soprattutto a Firenze, Andrea del Verrocchio fu uno degli artisti che animò la corte medicea. Approfondire la sua conoscenza equivale ad un viaggio unico non solo nella sua bottega e nella sua arte, perché l’artista fiorentino svezzò allievi tra i più geniali di quel momento, oltre a Leonardo, infatti, all’interno del percorso si possono ammirare opere del Ghirlandaio, di Botticelli e Perugino per citarne alcuni. Verrocchio fu un faro di sapienza in così molteplici campi artistici, che la sua influenza plasmò il gusto, o canone (la cosiddetta Maniera Moderna) del periodo in cui visse, ma anche i successivi, non soffermandosi solo all’area fiorentina. L’artista fu un grande precursore, e la mostra illustra il suo percorso di crescita, da giovane apprendista a caposcuola di una nuova concezione artistica.

A sua volta, anche Verrocchio fu allievo: per la scultura fu a bottega da Desiderio di Settignano, poi si dedicò anche alle statue in bronzo, la cui arte apprese da Donatello. L’esposizione apre con tre sculture di donne, dove i curatori della mostra, Francesco Caglioti e Andrea De Marchi, mettono a confronto un busto di donna di Desiderio con due del Verrocchio: nel primo, si denota ancora il forte legame del Verrocchio col maestro, ma nel secondo, la Dama dal mazzolino, inizia ad emergere il suo intuito innovatore, poiché oltre all’elemento decorativo floreale, rispetto alla moda dei busti dell’epoca, il Verrocchio introduce le braccia e le mani, donando plasticità e dinamismo alla figura. Mani che ritroviamo nello studio preliminare per la Ginevra de’ Benci di Leonardo da Vinci, presente in mostra.

Proseguendo, si scopre il Verrocchio bronzista col David, un’opera fluida e fresca, in cui riecheggia sia il maestro Desiderio che le statue in marmo dell’antichità. In uno scambio incessante, anche inevitabile, il David del Verrocchio è studiato anche da Leonardo, come dimostrano i bozzetti esposti sullo studio di teste e busti, provenienti dal Castello di Windsor. Un’altra pregiata opera in bronzo del Verrocchio è il Putto col delfino, elemento decorativo di una fontana della villa Medici di Careggi. Anche in questo caso, arte classica e innovazione hanno dato vita ad una figura dinamica che domina lo spazio.

Il maestro, per quanto si avvicinò tardi alla pittura, impresse il suo stile anche in questo ambito: ispirandosi ai fiamminghi, l’artista introdusse nei suoi quadri una luce brillante, che si insinua tra gli eleganti panneggi delle sue famose Madonne. Un soggetto, ideato dal Verrocchio, è la cosiddetta Madonna del Davanzale; nel percorso espositivo, oltre alle straordinarie opere verrocchiesche, il visitatore incontra anche le Madonne dei suoi ‘seguaci’ come Botticelli, Perugino e il Ghirlandaio.

Proprio i suoi allievi diffusero maggiormente lo stile della bottega del maestro, esportandolo come un marchio di fabbrica in Umbria, e poi a Roma. Il pezzo più sbalorditivo di questo tratto espositivo è la pala d’altare di un altro allievo del Verrocchio, Bartolomeo Della Gatta e la sua Assunzione di Maria Vergine. A Roma, invece, oltre ai suoi allievi, fu l’artista stesso a recarvisi, chiamato da papa Sisto IV, per alcune statue di apostoli in argento della Cappella Sistina, andate purtroppo perdute.

Dalla National Gallery of Art di Washington arriva un’altra formidabile opera dell’artista fiorentino: su sfondo verde bosco, illuminata da un fascio di luce, si staglia l’eleganza sanguigna e altera del busto in terracotta di Giuliano de Medici, sfortunato fratello di Lorenzo il Magnifico, tra le più belle sculture create dall’artista.

Giungendo a fine percorso espositivo, non poteva mancare il Cenotafio Forteguerreri e la Madonna di Piazza, entrambe commissionate al Verrocchio a Pistoia. Le due opere sono il simbolo del periodo più maturo dell’artista, quando la sua ‘mano’ divenne più solenne e geometrica, non trascurando però la dolcezza dei lineamenti. Le opere, immancabilmente, fecero scuola, e nella mostra sono esposti studi di Leonardo da Vinci sui panneggi, ispirati proprio dalle composizioni del maestro, e una dolcissima Madonna col bambino in terracotta, che sembra preannunciare la grandezza di Leonardo, alimentata da un’artista eccezionale come Andrea del Verrocchio.

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