Légàmi ovvero la Montagna del Sole letta attraverso gli occhi di un’artista russa

by Gianfranco Piemontese

La lettura, o se preferite la rappresentazione di luoghi e persone fatta dagli artisti, è una prassi costante riscontrata in molti artisti nel corso dei secoli. Senza andare oltre gli artisti che hanno visitato l’Italia nel Gran Tour o degli stessi italiani che da sud andavano a nord e viceversa, voglio citare il solo Mauritius Cornelis Escher, che da buon ecologista olandese, al pari di un altro precedente ecologista ante litteram Wolfgang Goethe, attraversò la penisola italiana a dorso di asino, lasciandoci dei luoghi visitati notevoli opere.

Come Escher, la nostra Daria Kirpach, che viene da quel luogo incantato ubicato tra diversi mari e continenti che è la russa San Pietroburgo, ha fatto con questi suoi Légàmi. La sua è una posizione privilegiata perché lei con la Montagna del Sole ha uno stretto legame affettivo visto che è legata da un vincolo d’amore con San Giovanni Rotondo.

La mostra è visitabile alla Galleria Creo in Via Lustro a Foggia ed è stata inaugurata nei giorni scorsi.

Ma soffermiamoci sul titolo di questa mostra: Légàmi. Sono quelli sanguinei? Quelli affettivi? Quelli relativi al locus origini? Quelli delle tradizioni artigianali? Quelli delle danze popolari? Quelli delle vedove bianche? L’elencazione potrebbe andare avanti per tutti i casi che la mano di Daria ha tracciato sui fogli da schizzo, un repertorio socio antropologico che ricorda le campagne fotografiche di Fosco Maraini trasformate in un bellissimo libro, con un intervento di Giuseppe Giarrizzo: Civiltà Contadina Immagini del Mezzogiorno degli anni  Cinquanta  nella nostra Puglia o quel capolavoro di analisi delle nostre terre e popolazioni che è stato Un popolo di formiche di Tommaso Fiore e ultimo ma non meno importante la stessa Montagna del Sole di Sabino Acquaviva e  Gottfried Eisermann. Ma i legamenti  a cui fa cenno Daria Kirpach sono anche quelli fisici, corde o funi che tengono uniti uomini, donne, case, vicoli e oggetti. Le corde poi  sono tra le produzioni locali quelle che identificano uno dei lavori più poveri praticati fino agli anni Cinquanta del XX secolo sul Gargano, come a Monte Sant’Angelo.

 E non mancano quegli elementi che dall’antichità ad oggi hanno accompagnano l’umanità, che sia quella garganica o quella greca: la religione, la danza, la musica nelle figure di donne danzanti e di musici di strada quali lo sono stati i Cantori di Carpino.  Daria Kirpach ci riporta ai tempi dei giorni e delle stagioni con le ombre nette del sole meridiano di luglio o con gli spazi davanti agli usci delle case terranee trasformati in soggiorni all’aperto. Luoghi dove l’elemento cardine di un soggiorno diventa la sedia. Donne e uomini dalle tinte scure di chi vive il lutto per mariti o mogli venuti a mancare, magari da decenni, in una sorta di teatro di strada. Quinte sceniche definite dai panni stesi al sole ad asciugare che segnano un palcoscenico dove coppie di donne o solitarie figure recitano in una scena da teatro greco.

Sono diversi i bozzetti che Daria qui ci presenta, da essi ha tratto cinque opere definitive ed una sesta la viene a realizzare dal vivo ora davanti a noi, spettatori fruitori osservatori e attori di una quotidianità urbana diversa dai luoghi magici del Gargano e della sua umanità. Si tratta di lavori formato 70 x 100 in cui emerge chiaramente la formazione base di Daria, quella di Grafica ed Illustratrice.   

Gianfranco Piemontese

 

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