Nicola Genco e quelle migrazioni di anime e pensieri nel paesaggio rurale e viandante di Puglia

by Antonella Soccio

L’arte nel paesaggio rurale, in land, è qualcosa che affascina curatori e viaggiatori. È di questi giorni la notizia dei 100 telai della grande artista Maria Lai che hanno aperto la strada del viaggio nella Sardegna meridionale. Si colloca in queste temperie di amore per la campagna e per i paesaggi in movimento la ricerca artistica di Nicola Genco, grafico, designer, scultore e fotografo pugliese, che da anni fa del suo rapporto vivo e forte con la materia il fulcro della sua sperimentazione creativa con la natura, attraverso l’ibridazione dei materiali.

Al Viandanti Festival nello Stabilimento Patroni Griffi De Laurentiis Genco ha portato due sue opere, “Promenade” e “Òrnithes”, con le quali ha voluto riflettere sul tema centrale della kermesse tra Altamura e Santeramo, quello dei cammini, delle transumanze, dei grandi viaggi, che fanno parte di quel momento dell’essere umano, necessario alla nascita e alla crescita delle civiltà.

Ieri l’artista nella Cattedrale di Altamura ha donato una delle sue maschere di cartapesta al grande musicista, compositore e maestro d’orchestra Ezio Bosso che ha diretto nel luogo sacro un immaginifico concerto.

“Ho donato un simbolo del mio cammino. Ho avuto in dote da mio padre quest’arte ed è per me un dovere portarla “in cammino”. Il cammino non è fatto solo con i piedi”, dice in esordio a Bonculture.

“Non vi è popolo che non abbia avvertito l’esigenza di scoperta e conoscenza del nuovo per poter sopravvivere, per progredire, per civilizzarsi, chi si è isolato o ha rifiutato interazioni con altre civiltà difficilmente si è evoluto o addirittura sopravvissuto. Promenade è un titolo provocatorio per sottolineare il nostro cinismo nei confronti dei popoli di migranti, quasi una passeggiata che affrontano per sfuggire ai drammi delle loro esistenze. Una moltitudine di anime e non corpi che si sposano e si sposteranno sempre sulla Terra. Nessuna barriera, nessun miro, nessun altro essere potrà fermare il cammino del pensiero umano”, si legge nella sinossi delle due opere.

Come nasce il connubio tra arte e campagna e tra arte e tratturi? Qual è il nesso tra cammino e contemplazione? L’arte può aiutare a ritrovare nuova sacralità in un paesaggio, che dato per scontato, potrebbe rivelarsi usurato e abituale e in una parola “povero”?

“La storia dell’arte è colma di opere legate ai paesaggi rurali- ribatte Genco- da Matisse a Van Gogh, Cézanne fino ai nostri giorni passando per il novecento italiano, i macchiaioli, Fattori, la Maremma con i butteri, quindi non dovremmo meravigliarci se anche l’arte contemporanea si appropri della bellezza dei nostri paesaggi, bellezza attira bellezza. Il linguaggio dell’arte, anche contemporanea, è sempre una mediazione tra il quotidiano razionale e il pensiero filosofico, fino a toccare il sacro. La mia ricerca parte dall’utilizzo di materiali naturali, anche effimeri, come la carta La luce, il vetro, ma anche la ceramica, il ferro, Essenzialmente ogni mezzo che possa trasmettere la leggerezza e la freschezza del gesto manuale. Le mie opere esposte sono in filo ferro e ceramica, Promenade, e carta di riso, legni recuperati e luce, la seconda, Ornithes”.

L’installazione è dedicata ai migranti, ma come spiega l’artista, alle “migrazioni di pensieri, di menti, di anime”.

“Non c’è un corpo, ma solo un leggero filo di ferro mentre la testa in ceramica bianca dà il senso di teste che si spostano e che non possono e non devono esser fermate. Il problema dello sfruttamento dei migranti rientra, in maniera più cruda nel bloccare, fermare, sfruttare le genti che per necessità migrano. Il mio concetto abbraccia quindi tutte le devianze che si creano intorno allo spostamento di genti”.

Non ritiene che camminare in certe campagne pugliesi sia un gesto effimero se effettuato nello stesso tempo in cui i migranti invece sfruttati nei campi dei pomodori e tra i filari d’uva dai caporali camminano per ben altre ragioni?  “I cammini rientrano nella parte “buona” e tutto sommato vanno considerati come retaggio di antiche migrazioni. Ben vengano in epoca contemporanea, anche se stride il confronto con esempi più drammatici. Forse è uno dei modi per veicolare il messaggio di libero pensiero”, la sua risposta di cuore.

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