Robert Mapplethorpe, al Madre di Napoli una grande retrospettiva dedicata al fotografo statunitense

by Marianna Dell'Aquila

Irriverenti, provocatorie, spesso al limite tra arte e pornografia. Sono così le fotografie di Robert Mapplethorpe, uno degli artisti più emblematici della seconda metà del ‘900 che con i suoi scatti ha saputo mettere in discussione i canoni della fotografia tradizionale e aprire una nuova prospettiva nel mondo dell’arte, influenzando anche i linguaggi della comunicazione di massa.

Scomparso a soli 43 anni il 9 marzo del 1989, Robert Mapplethorpe viene oggi ricordato con una serie di appuntamenti in tutta Italia. Al Madre – Museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli sarà visitabile fino all’8 aprile 2019 Robert Mapplethorpe. Coreografia per una mostra, a cura di Laura Valente e Andrea Viliani e organizzata in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation di New York. Centosessanta scatti del fotografo newyorkese che ripercorrono alcuni degli aspetti più importanti e rivoluzionari della sua arte: il rapporto tra staticità della fotografia e dinamismo dei soggetti, ma soprattutto tra antichità e modernità. Le fotografie in mostra a Napoli raccontano il legame che Robert Mapplethorpe cercò di creare tra fotografia e danza attraverso lo studio delle opere d’arte antiche. D’altra parte lui stesso sosteneva che “La fotografia è un modo sbrigativo per fare una scultura”.

4. White Gauze, 1984 @Robert Mapplethorpe Foundation. Used by Permission

Da un lato il visitatore è invitato ad osservare la perfezione dei soggetti e della composizione fotografia tipica degli scatti di Robert Mapplethorpe mettendole direttamente a confronto con opere scultoree e pittoriche antiche presenti nella mostra. Si tratta di una selezione di opere proveniente dal Museo Archeologico di Napoli e da quello di Capodimonte come l’Antinoo Farnese, alcuni disegni di corpi e le sculture in bronzo e porcellana di divinità e efebi rinascimentali, Caino e Abele di Lionello Spada oppure Doppio ritratto maschile di Maso da San Friano. Gli scatti, tutti realizzati in studio, mostrano con evidenza l’accuratezza e la ricerca che il fotografo americano faceva in ogni opera. Mapplethorpe d’altra parte dichiarava apertamente di non essere un fotoreporter, a lui non interessavano i soggetti della vita quotidiana. A lui interessava invece il raggiungimento della perfezione, la ricerca di una composizione dell’immagine armonica e tesa all’universalizzazione del soggetto. La sua predilezione per il lavoro in studio dipendeva proprio da questo: la libertà e la possibilità di scegliere i soggetti, di studiare la perfezione delle forme, di curare gli sfondi e di sfruttare tutte le potenzialità della luce per tirare fuori i soggetti dai limiti dell’obiettivo fino a renderli eterni, proprio come una scultura rinascimentale. Non a caso, Patti Smith, sua musa e amante lo chiamava “Il ragazzo che amava Michelangelo”.

.Philip, 1979 © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission.

Dall’altro lato però il visitatore è invitato a far parte di un percorso espositivo ispirato alla dinamica dello spettacolo dal vivo, in cui la relazione tra artista e spettatore è innescata dal soggetto dell’opera in scena. La mostra è divisa in tre grandi aree in cui prevalgono da un lato i soggetti preferiti dal fotografo (ballerini, atleti, body-builders, modelle e modelli) e dall’altro i ritratti, come quelli di Patti Smith e Samuel Wagstaff Jr, Andy Warhol e il gallerista della Pop Art Leo Castelli, Arnold Schwarzenegger e Lucio Amelio, uno dei più importanti galleristi partenopei che nel 1984 ospitò a Napoli la prima mostra fotografica di Robert Mapplethorpe (il quale, a sua volta, gli dedicò nel 1990 un film biografico intitolato Ma l’amore no).

Il percorso culmina con la sezione in cui Robert Mapplethorpe è contemporaneamente fotografo e modello, artista e soggetto: qui, in un grande teatro tridimensionale dal tappeto rosso, il visitatore può osservare gli autoritratti dell’artista e allo stesso tempo accedere a due sale attigue, (Un)Dressing Room, un vero camerino allestito dove i performer si scaldano prima dell’esibizione, che ospita alcune immagini che ci introducono nella dinamica dello studio dell’artista, e la X(Dark) Room (vietata ai minori), in cui sono esposte le opere più segrete ed estreme a soggetto erotico, fra cui una selezione del famoso Portfolio X.

Thomas And Dovanna, 1986 © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by Permission

L’approfondimento sul dialogo tra antichità e modernità, tra fotografia e danza che viene affrontato con l’esposizione al Madre, si arricchisce di un programma di performance dal vivo commissionate per la mostra ad alcuni dei più importanti coreografi della scena internazionale, come Olivier Dubois che porta in scena In Dialogue with Bob (uno spettacolo ispirato alle fotografie di Mapplethorpe a cui partecipano otto ballerini campani del progetto Abballamm’!) e Le trésor (Oro nero e Oro bianco), un’installazione sul contrasto tra buio e luce. Infine il coreografo ucraino Vadim Stein con una performance originale realizzata appositamente per il Madre

Coreografia per una mostra si integra con un’altra mostra personale del fotografo che sarà inaugurata il 15 marzo 2019 alla Galleria Corsini di Roma, Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile. Le due mostre costituiscono un dittico che intende studiare, con differenti approcci critici e metodologici, la classicità di un artista radicalmente contemporaneo quale è Robert Mapplethorpe. D’altra parte lui stesso diceva “L’arte è un accurato resoconto del tempo in cui è stata realizzata”.

Marianna Dell’Aquila

Nota Foto 1 in Evidenza: Phillip Prioleau, 1982 © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by Permission

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