Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile in mostra alla Galleria Corsini di Roma

by Marianna Dell'Aquila

Diceva che se fosse nato nel passato, avrebbe fatto lo scultore. Era Robert Mapplerthorpe, il fotografo al quale, in occasione dei trent’anni dalla sua scomparsa, viene dedicata Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile in mostra alla Galleria Corsini di Roma fino al 30 giugno 2019.

Curata da Flaminia Gennari Santori in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation di New York, questa mostra rappresenta la prima volta in cui le opere del fotografo statunitense vengono contestualizzate all’interno di una collezione permanente del Settecento. Più volte infatti l’opera di Robert Mapplethorpe è stata accostata e confrontata con artisti del passato come Michelangelo (su questo rapporto fu dedicata una mostra molto interessante a Firenze qualche anno fa) o Auguste Rodin, ma non è mai stata calata in un contesto in cui la perfezione e l’armonia, che erano anche gli obiettivi formali del fotografo statunitense, predominano già dall’architettura, quella del Palazzo Corsini alla Lungara progettato nella metà del Settecento da Ferdinando Fuga per volontà del Cardinale Neri Maria Corsini.

La mostra, dal carattere volutamente provocatorio, cerca di stabilire delle connessioni visive oltre che formali tra la contemporaneità dell’opera di Mapplethorpe e il contesto in cui è inserita. Si cerca di catturare lo sguardo dello spettatore e di portarlo all’interno del contesto storico della Galleria Corsini facendolo sentire come uno spettatore settecentesco, ma con qualcosa in più: la fotografia. Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile non solo indaga su alcuni dei temi principali dell’opera del fotografo, ma pone l’accento soprattutto sull’ossessione che questi aveva per il raggiungimento della perfezione, della simmetria e dell’armonia, proprio come uno scultore del passato. Nei suoi scatti non è il soggetto ad avere importanza, ma la forma con cui questo viene inquadrato. Innegabile infatti che in alcuni scatti ci siano immagini molto forti, a volte sul limite della pornografia, ma è soprattutto in questi casi che emerge la perfezione compositiva dell’immagine. Una perfezione in grado di allontanare l’attenzione dello spettatore dal soggetto (volutamente scandaloso e provocatorio) per spingerlo invece verso l’osservazione di altri dettagli, come la luce e la simmetria, che ne determinano il carattere puramente scultoreo.

L’obiettivo di Mapplethorpe era di elevare ad un livello di universalità qualsiasi soggetto inquadrasse e questo obiettivo era portato avanti con l’ossessione per la forma e per l’armonia, proprio come le antiche sculture a cui lui tanto si ispirava. Robert Mapplethorpe era un artista controverso e fortemente calato nel suo tempo, ma era proprio quel suo tempo che lui provava a superare. Come ha provato a dimostrare con Self portrait, l’autoritratto del 1988. Quando Robert Mapplethorpe scattò quella foto sapeva già di essere malato e che non gli sarebbe rimasto molto tempo per vivere. Allora, proprio come a compiere un gesto vigoroso e antico, decise di scattare questo autoritratto guardando verso l’oscurità e tenendo in mano un bastone con la testa di un teschio.

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