Stefanià, il mito di Stefania Sandrelli in mostra a Lecce

by Paola Manno

È il primo giorno del Festival del Cinema Europeo, stamattina piove e ritrovarsi riparati in un posto bello come i Teatini, nel cuore di Lecce, è quasi una coccola. Dopo la mostra, anche se è aprile, avrò forse voglia di prendere una cioccolata calda.

Non c’è ancora nessuno al primo piano ma quasi subito entrano due ragazzi molto giovani, abbracciati, ancora umidi di pioggia, parlano francese. È un momento così poetico che mi pare che da un momento all’altro qualcuno chiamerà il tuo nome, Barbara, raggiante rapita grondante. E invece il nome che sento sussurrare è quello della Sandrelli, con l’accento, naturalmente, sull’ultima A.

In ordine cronologico, film dopo film, le foto ripercorrono i momenti importanti della vita di una delle attrici italiane più popolari, come pure della storia del nostro cinema dagli anni ’60 ad oggi.

Film dopo film, donna dopo donna, perché in queste fotografie la Sandrelli è mille donne insieme. Eccola in “Sedotta e Abbandonata, 1964, Stefania ha 18 anni ed è talmente bella che è irresistibile persino poggiata su un gabinetto a scrivere una lettera. Un anziano signore resta ad ammirarla per lunghissimi minuti, fotografando da ogni angolazione questa foto che mi fa pensare a un quadro dei macchiaioli. Ne “La bella di Lodi” Stefania, attrice “bravina”, come la definirà il Morandini, è una frizzante ragazzina degli anni ’60, con la frangetta impertinente e la matita sugli occhi pesante.

Negli anni ’70, sul set de “Il conformista”, è invece una donna raffinata, più matura, magnetica.

E ancora in uno dei più bei film del nostro cinema, a partire dal titolo che è un sospiro universale, “C’eravamo tanto amati”, Stefania Sandrelli su quella bicicletta tra le braccia di Vittorio Gassman, coi capelli spettinati, sotto la pioggia, è diventata un’icona.  In “Novecento” (1976) i suoi occhi sono lo scrigno di tutti i nostri sogni.

Proseguendo il percorso fotografico incontro una donna coraggiosa, una Signora del cinema che a 38 anni recita in “Mi faccia causa”, in calze a rete e giarrettiera, una donna che osa un cambiamento, che non ha paura del giudizio, soprattutto. Da cast internazionali a film nazional-popolari per la tv, da Bernardo Bertolucci a Stefano Vanzina, fino al film erotico “La chiave”, di Tinto Brass.

E subito dopo, sul lato opposto del corridoio, nella seconda parte del percorso, contrasta Stefania con la scodella in mano, chiusa dentro a una cucina in “Mignon è partita”:  perché sempre donne rimaniamo, mezze donnacce e mezze angeli del focolare. La Archibugi la vuole così: madre fedifraga dal cuore spezzato.

Le foto più recenti sono ancora più interessanti, più poetiche, perché la ritraggono in una veste nuova, di donna realizzata, libera. È senza dubbio questa la Stefania che preferisco. La foto sul set di “Te lo leggo negli occhi” (2004) è per la me la più bella di tutte: una donna di 60 anni cammina affianco a una bambina con le ali, ma è lei, la nonna, la vera farfalla.  

E finalmente la vediamo seduta su una sedia da regista, nel 2010, in “Christine, Cristina” con il dito puntato verso chissà chi, ma con un’espressione molto dolce, serena.  Penso –chissà se è davvero una donna dolce, serena, e soprattutto mi chiedo se era un sogno vero, quello di stare dietro la telecamera.

Chiudono la mostra le foto dei film in cui è diretta da Muccino, un regista esordiente e una gigante. La coppia di francesi recupera gli ombrelli ed esce insieme a me. Anche loro sono rimasti più di un’ora a contemplare una trentina di fotografie. Ha smesso di piovere, la cioccolata calda non la prendo più. Preferisco un caffè.

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