Van Gogh Live Experience e la nuova era del Teatro Margherita

by Daniela Tonti

Alla fine ne avremo abbastanza di cinismo, scetticismo e fandonie e vorremmo vivere in maniera più armoniosa.
Vincent Van Gogh

50mila biglietti staccati, oltre tremila immagini, quaranta videoproiettori ad altissima definizione e zero euro investiti da parte del Comune, sono questi i numeri di Van Gogh Alive – The Experience al redivivo Teatro Margherita di Bari. La mostra ha registrato un successo strepitoso, tanto che quasi sicuramente sarà prorogata.  

Van Gogh Live Experience è un’esperienza totalmente immersiva che poco ha a che fare con le tradizionali visite al museo, tra sgomitate tra la folla per conquistarsi brevi e fugaci occhiate in punta di piedi.  E’ un’immersione totalizzante, tridimensionale e multisensoriale nel mondo dell’artista, attraverso un viaggio a ritroso nel tempo e nei luoghi da Arles a Saint Rèmy e Auvers-sur-Oise, percorrendo i tormenti e le ispirazioni in cui Van Gogh creò molti dei suoi capolavori.

Tecnicamente tutto questo è possibile grazie a Sensory4, un sistema ipertecnologico australiano che incorpora 40 proiettori ad alta definizione, una grafica multicanale e un suono surround come quello delle sale cinematografiche che lo rende uno dei più coinvolgenti ambienti multi screen al mondo. Immagini enormi e cristalline che consentono allo spettatore di immergersi nei colori brillanti e vivaci che costituiscono l’unicità e la cifra stilistica dell’artista.

Sono afflitto, ma sempre lieto.

Vincent Van Gogh

Van Gogh live Experience è anche la mostra che ha inaugurato la nuova era del teatro Margherita, parzialmente già ristrutturato e restituito alla città, convertito in contenitore per le arti contemporanee. Una sfida interessante e dagli esiti tutt’altro che certi sulla carta. Se da un lato c’è il richiamo del nome dell’opera di un maestro dell’arte contemporanea, dall’altro esiste un limite congenito nel visitatore sul modo di pensare come debba essere una mostra – avanguardie a parte – e su quali siano gli elementi imprescindibili: un quadro e lo spettatore in transito. Le mostre multisensoriali rompono totalmente gli schemi, proiezioni di quadri in transito e spettatori che scelgono la modalità di fruizione che più gli si addice. In piedi, sulle panche allestite, seguendo le immagini che scorrono su uno, due o tutti e quaranta gli schermi. Modalità di fruizione contemporanee dell’arte in cui permane l’elemento emozionale, sottolineato dal montaggio sonoro.

“Abbiamo deciso di inaugurare il Margherita – spiega a bonculture l’assessore alla cultura  Silvio Maselli – il bene culturale più prezioso che abbiamo, ci è costato tanto impegno amministrativo, un accordo di valorizzazione importante con Demanio, Ministero, Regione e Comune con una grande mostra che fosse in grado di accogliere un numero enorme di pubblico per due ragioni: per ricostruire un rapporto di affetto e di fiducia tra Bari e il suo contenitore più visibile dopo il Petruzzelli e in secondo luogo perché Bari per tutto il corso della sua storia nel secondo Novecento, e certamente negli ultimi trent’anni, non ha mai avuto uno spazio per le arti contemporanee, un luogo in cui potersi confrontare con i linguaggi della contemporaneità e allora una mostra multimediale che puntasse su un artista notissimo dell’espressionismo europeo capace di essere trasversale, di colpire i gusti e l’immaginario di generazioni diverse, di ceti sociali differenti ci sembrava il modo giusto per inaugurare”.

La mostra è allestista in una piccola porzione del Teatro Margherita che è molto più articolato e ha tantissimi spazi a disposizione che fanno parte del secondo lotto, i cui lavori partiranno nella seconda metà del 2019 ed è un insieme di luoghi che permetterà di avere contemporaneamente sia le grandi mostre che anteprime.

Dunque un successo indiscutibile che rivela una domanda, un bisogno che parte dal basso e che il Margherita cercherà di intercettare e soddisfare anche con i prossimi progetti, primo fra tutti la nuova mostra che si inaugurerà in primavera e sulla quale si sta lavorando in questi giorni.

“C’è un bisogno disperato – spiega Maselli – di non sentirsi più provincia dell’Impero, ma di acquisire una nuova centralità e di ripartire da cose semplici per poi arrivare a contenuti più sofisticati. Stiamo avendo molte proposte, si è sparsa la voce e stiamo dialogando con tre-quattro allestitori internazionali di mostre, ci propongono cose straordinarie. Credo che sceglieremo di allestire la nuova mostra e due o tre parallele nel solo foyeur in primavera, cercando di non puntare su un contenuto troppo alto per non perdere il grande pubblico estivo”.

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