“C’è tempo”, Walter Veltroni racconta l’incontro tra persone diverse

by Marianna Dell'Aquila
C'è tempo Stefano Fresi

“E’ un film sul tema dell’incontro come scambio tra persone diverse. Sulla meraviglia che nasce dall’incontro con qualcosa di diverso, proprio come avviene nell’arcobaleno la cui bellezza nasce dall’unione di diversi colori” così Walter Veltroni ha spiegato il tema di C’è tempo, il suo primo film di finzione presentato ieri a Roma e che uscirà nelle sale il 7 marzo.

Scritto a quattro mani con Doriana Leondeff, C’è tempo non è la sua prima prova da regista. Veltroni infatti, dopo aver lasciato gli incarichi istituzionali, si è dedicato più volte alla scrittura e alla regia, girando però principalmente documentari e serie tv sempre improntate sulla realtà.

C’è tempo racconta l’incontro tra Stefano (Stefano Fresi) e il fratello tredicenne Giovanni (Giovanni Fuoco) di cui non conosceva l’esistenza. Figli dello stesso padre, i due fratelli sono dei perfetti sconosciuti costretti ad affrontare un viaggio insieme a bordo di una vecchia Wolkswagen decapottabile. Stefano è un quarantenne squattrinato che fa di mestiere l’osservatore di arcobaleni, mentre Giovanni ha sempre vissuto nel lusso e sembra molto più maturo della sua età. Chi dei due è il vero adulto e chi il bambino? A fare da punto di svolta nel rapporto tra i due fratelli l’incontro con Simona (Simona Molinari) e sua figlia Francesca (Zezza). “Ho scelto l’idea del viaggio come metafora dell’incontro. Per questo ho voluto che i due personaggi viaggiassero con un’auto aperta. Volevo dare la sensazione di apertura, uno spazio che permettesse di far entrare più luce possibile. C’è stato infatti anche un grande lavoro sui colori e sulle tonalità calde, proprio per dare la sensazione di una carica di speranza” ha spiegato il regista. C’è tempo infatti è soprattutto un film che ci parla di buoni sentimenti e, a chi gli fa notare il rischio di sfociare nel troppo buonismo, lui risponde che “In questo momento storico non c’è il pericolo di eccesso di sentimenti, ma il contrario. Io sono fatto così e se facessi altro, ad esempio un film splatter, non sarei credibile. Considero rivoluzionario quelli che vengono definiti come buoni sentimenti, soprattutto in quest’epoca”.

Tutto il film quindi ruota intorno al tema dello scambio e dell’apertura verso il prossimo. Il rapporto tra i due fratelli infatti maturerà con la conoscenza che ognuno farà dell’altro e sarà proprio grazie al loro incontro che alla fine scopriranno quella parte di se stessi che gli permetterà di trovare il coraggio per affrontare le proprie paure.

C’è tempo è sicuramente un film in cui emergono alcune debolezze. Da un lato sembra avere qualcosa di troppo ed eccede fino alla banalità nella caratterizzazione di certi personaggi (ad esempio nel perbenismo di Giovanni) o nell’utilizzo di alcuni luoghi comuni come quelli sulle rivalità calcistiche, dall’altro lato invece sembra venir meno proprio lì dove avrebbe avuto bisogno di maggior approfondimenti (ad esempio sul rapporto tra Giovanni e il padre e nella scena il cui il bambino si perde nel labirinto). Ma Veltroni lo riconosce e ammette con molta sincerità: “Sapevo di non poter avere la presunzione di conoscere tutte le regole di un film di finzione”.

Allo stesso tempo però il suo film ci regala momenti piacevoli ed è proprio la sua semplicità a renderlo, in alcuni tratti, quasi poetico. Alla bravura dei protagonisti, che spesso sono stati lasciati liberi di improvvisare (Stefano Fresi è presente in quasi tutte le scene ed è il vero perno del film), si affianca la volontà del regista di rendere un grande omaggio alle sue più grandi passioni come la musica e il cinema d’autore. Nel film infatti sono contenute circa cinquanta citazioni, ad incominciare proprio dal titolo che è ispirato ad una delle canzoni più amate dal regista, C’è tempo di Ivano Fossati. Nella colonna sonora sono stati inseriti anche tre brani inediti, tra cui Almeno pensami nella versione cantata da Lucio Dalla (la canzone fu portata a Sanremo da Ron nel 2018), Parlami scritto dalla cantante Simona Molinari alla sua prima esperienza cinematografica e Sempre lo stesso sempre diverso de Lo Stato sociale.

Veltroni rende omaggio anche al grande cinema italiano, in particolare alla Commedia all’italiana e lo fa inserendo nell’opera decine di citazioni di film come quelli di Ettore Scola e Marcello Mastroianni, Bernardo Bertolucci, Marco Ferreri, Dino Risi e Vittorio De Sica. Potrebbe trattarsi forse di un’idea troppo alta per un film che, come abbiamo detto prima, ha delle debolezze, ma anche qui il regista ci spiega la sua scelta sostenendo che “Quegli autori erano coltissimi, ma che aveva la capacità di parlare a più persone e non solo ai loro lettori. Quindi la mia idea era proprio di fare qualcosa che avesse una struttura, ma con un linguaggio pop”.

Il suo lavoro è ispirato al cinema e alla letteratura che ha amato di più, soprattutto da piccolo. Impossibile infatti non intravedere nel personaggio del piccolo cinefilo Giovanni alcuni tratti autobiografici: la sua fede calcistica, ma soprattutto la passione per i libri, il film italiani e quelli francesi a cui Veltroni rende omaggio con un cameo dedicato a I 400 colpi. In una delle scene finali infatti vediamo nei panni di se stesso Jean-Pierre Léaud, l’attore che nel 1958 aveva interpretato il piccolo Antoine Doinel nella celebre pellicola di Françoise Truffaut.

Marianna Dell’Aquila

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