Climax, il controverso film di Gaspar Noè

by Giuseppe Procino

Nel 1996 una compagnia di danza contemporanea si rinchiude in una vecchia scuola abbandonata per provare per tre giorni uno spettacolo. Prima di lasciare l’edificio, organizzano una festa che avrà degli sviluppi tragici.

Girato in quindici ore e in gran segreto, la penultima opera di Gaspar Noè è un giocattolino auto citazionista che ripercorre quelli che sono i caratteri peculiari e tematici della filmografia del regista. Climax è un film nichilista, angosciante, pregno di tutti gli stilemi tecnici che hanno creato la riconoscibilità dell’autore argentino. Troviamo in questa pellicola, tutto il cinema di Gaspar Noè con i suoi temi perennemente contagiati da un profondo senso di presenza della morte (in perenne allerta con la sua azione autodistruttiva) e la sua regia eclettica, frenetica, che tanto deve ai linguaggi audiovisivi del videoclip. È una regia che ha già fatto scuola e che sembra qui tutta riassunta, tra piani sequenza, inquadrature dall’alto ma che muove adesso la macchina da presa in modo naturale, ripresentando i virtuosismi del suo cinema qui perfezionati e riconcepiti in maniera più consapevole e matura.

Noè confeziona così un’opera meno patinata del suo porno psicologico in 3D “Love” ma che ricalca la resa vivida di tutte le sue opere antecedenti, prendendo qualcosa in prestito da ognuna. È un riassunto della sua poetica visiva, poco meno di 100 minuti, in cui riconosciamo perfettamente il regista argentino.

Il Climax è il momento di effetto massimo dell’assunzione di acido lisergico, il momento in cui le inibizioni vengono sopite e resta una psiche nuda e cruda, la vera natura di ogni uomo. Ne viene fuori una riflessione sul senso di società come sovrastruttura psicologica, mostrando l’essere umano come un essere spesso distaccato dall’ambiente comunitario. L’uomo per Noè è in perenne maschera rispetto all’altro, obbligato alla repressione e alla moderazione da leggi morali. La vera natura dell’essere sociale, lontano da compromessi si dimostra effimera a tratti meno che animale, mossa da istinti e bisogni che ci riconducono a un’analisi Freudiana della psiche. L’istinto di sopravvivenza corrisponde con l’egoismo. Così, mentre un bambino muore, c’è qualcuno che alza la voce perché è andata via la musica, mentre una donna chiede aiuto, gli altri non solo assistono alla sua sofferenza incapaci di empatia ma addirittura ne reclamano il suicidio violento spinti dalla morbosità per la tragedia e per il macabro. È una società, quella di Noè, incapace di sentire l’altro e che agisce per istinto primordiale, per necessità del singolo, un individualismo tout court che sovrasta la ragione collettiva, che è spettatrice compiaciuta della violenza, che non si vergogna di espellere fluidi corporei, di lasciarsi andare a rapporti incestuosi o accoppiarsi di fronte allo sguardo di tutti. Chi mantiene un briciolo di Pietas o di pudore è costretto a soccombere o ad auto eliminarsi perché incapace di riconoscersi in un sistema di valori capovolti, in cui la libertà coincide con l’estremismo. Di fronte alla vittoria dell’individualismo, ogni uomo è essenzialmente solo. Il climax diviene così il massimo momento di verità con il sé, il momento in cui liberare l’Es e renderlo anima reale del soggetto. L’intento di Noè, non è quello della critica sociale, ma quello di un narratore onnisciente che ci fornisce, involontariamente, una metafora della piazza virtuale creata dalla rete, un luogo in cui non esistono freni, limiti e in cui non sembra necessario pensare prima di agire o dire la propria. Un luogo assolutamente privo di sovrastrutture ed imposizioni. Il mondo di Climax si presenta così come una monade infernale, un luogo senza via di scampo, in cui chi non è più connesso oppure chi decide di uscirne, cessa di esistere, di vivere.

Peccato però che a differenza dei protagonisti, per lo spettatore il “Climax” non arrivi mai e che l’estremo formalismo tecnico della pellicola, finisca per distaccare lo spettatore dal contesto narrativo. Forse però l’effetto ricercato era proprio questo, un’estetica priva di valori e di sentimenti, esattamente come Noè ci disegna la vera natura suoi protagonisti o forse no. Il fine ultimo resta sempre lo stesso: provocare, infastidire lo spettatore, destabilizzarlo. Indubbiamente però, spesso nell’opera del regista si confonde il fastidio con la noia e il tecnicismo eccellente finisce per smascherare la mancanza di una scrittura efficace. Qualcuno storcerà il naso, qualcun altro urlerà al capolavoro per questa pellicola, la verità forse è nel mezzo.

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