L’Angelo del Crimine, il film di Luis Ortega in anteprima a Roma

by Michela Conoscitore

L’incoscienza appartiene ai bambini e agli adolescenti. Ai bambini, perché non hanno ancora interiorizzato regole e norme di comportamento. Gli adolescenti, invece, usano l’incoscienza proprio perché quei precetti li hanno assimilati, ma reagiscono e sviluppano una concezione personale di come vivere la propria vita, in aperta e convinta contestazione con il mondo, soprattutto con quello dei genitori. L’Angelo del Crimine, film del regista argentino Luis Ortega, in uscita nelle sale il 30 maggio, racconta proprio questo: come un ragazzo ha deciso di opporsi all’ordine precostituito, ovviamente a modo suo.

Carlos Robledo Puch è il prigioniero più longevo nella storia dell’Argentina: quarantacinque anni in carcere per undici omicidi, quaranta furti e altri reati, commessi nei primi anni Settanta a Buenos Aires, quando era poco più che ventenne. Il film, prodotto dalla casa di produzione El Deseo dei fratelli Almodovar, narra la storia vera di Puch, seguendo la sua parabola di crimini efferati che, per Carlitos, erano dei divertimenti innocenti. Uccidere alle spalle o nel sonno, rubare per il gusto di farlo, tutto era un gioco. Nonostante provenisse da una famiglia ‘normale’ e onesta, nonostante il suo aspetto angelico, la crudeltà di Carlos sorprese tutti, anzi affascinò la gente rendendolo una celebrità.

Le persone sono pazze? Qualcuno considera la possibilità di essere libero? Andare ovunque tu voglia, e in qualsiasi modo. Tutti noi abbiamo un destino. Sono nato ladro. Non credo nel «questo è mio, questo è tuo ».

Ciò che all’epoca, ma anche oggi guardando il film, colpisce del personaggio di Puch è proprio l’uso che fa della sua avvenenza: la ricoprì di innocenza per ottenere credibilità e fiducia, e lo fece con tutti, dai genitori agli estranei. La stampa, infatti, lo soprannominò l’angelo nero o l’angelo della morte. Inoltre, con la sua carriera criminale Puch sovvertì le teorie lombrosiane, che volevano i delinquenti brutti e spaventosi. Il film inizia nel 1971, quando Carlitos incontra a scuola il suo futuro socio di rapine e scorribande, Ramon. Attratto dal ragazzo, cerca di attirare la sua attenzione fino a decidere di pianificare insieme delle rapine, guidati dal padre di Ramon. I due, legati non soltanto dal crimine ma anche da un sentimento mai confessato, decidono di trasformare il gioco preferito di Carlitos in un lavoro, in cui è diventato pericolosamente imbattibile.

In concorso al festival di Cannes nel 2018, nella sezione Un certain regard, la pellicola vede protagonisti il giovane e talentuoso Lorenzo Ferro che veste i panni di Carlos Puch, e Chino Darin che interpreta Ramon. Ad affiancarli, nomi importanti del cinema sudamericano come Luis Gnecco e Cecilia Roth. Il Carlitos che il regista Luis Ortega ha deciso di ritrarre nel film non è un criminale bidimensionale, di cui racconta solo i misfatti e le colpe. Ortega ha indagato tutti gli aspetti della personalità di Robledo Puch, provando a umanizzarlo e non ad alimentarne la ‘leggenda’. Nel film si assiste all’evoluzione di un ragazzo che, inizialmente, prende coscienza del potere che ha sugli altri, e della sua potenzialità come criminale, lasciandosene travolgere. Carlitos si definisce una spia di Dio, inattaccabile e inscalfibile da qualsiasi tipo di emozione. In seguito, allo sbando e senza un pubblico ad applaudirlo, comprende che quella spirale di delitti lo ha risucchiato, e da quel vortice non ne può uscire vivo.

L’Angelo del Crimine è un film volutamente reboante, irriverente ed eccessivo, contraddistinto da un dinamismo che è dato da una somma di azione e caos emotivo. La figura di Carlitos ammalia lo spettatore, che cerca di comprendere l’agire di questo ventenne che ha scelto il crimine come suo passatempo ad una vita grigia, quella che conducono i suoi genitori, troppo perbene. La colonna sonora immerge, ulteriormente, in quegli anni Settanta argentini, così strani e inquieti. Per quanto sia tra i criminali più spietati di cui sia stata raccontata la storia, Carlitos suscita anche tenerezza: l’angelo con la pistola si scopre vulnerabile, ordinario, un ragazzino come tanti alla ricerca di approvazione e affetto.

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