Moviement, come sta il cinema italiano?

by Marco Pezzella

# MOVIEMENT Ovvero la risposta del cinema italiano e degli esercenti, fra cui ANICA (associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali), al grave problema delle presenze in sala.

Il cinema non andrà in ferie e le nuove uscite sussisteranno all’afa estiva.

Intervallo.

Immaginiamo insieme.

Sale cinematografiche nelle quali si entra in infradito e costume da bagno, canottiera, con la pelle dorata tirata dal sole e dal sale, a guardare un super eroe Marvel o un intramontabile dramma romantico tenendo la mano della nonna, della mamma o della propria fidanzata.

No, niente di tutto questo. Sogno interrotto, suona la sveglia.

All’iniziativa “moviement” aderiscono i multisala, quindi indossiamo i maglioncini a luglio perché l’aria condizionata dopo il mare e le bruciature non è proprio il massimo.

Popcorn e coca-cola al posto di un gelato dopo la proiezione o una granita nel mentre.

Non esistono più le sale cinematografiche uniche, capaci di scegliere cosa proiettare, col coraggio di scegliere un film piuttosto che un altro.

Tutto imposto: non puoi non avere Fast and Furious capitolo 132.

Ho trent’anni non cinquanta, ma sulla mia pelle (non tirata dal sole e dal sale) ho visto chiudere molti cinema, tanto di provincia quanto di città. Eppure sono pugliese e l’Apulia Film Commission ha recuperato e salvato tanti cinema con il circuito d’Autore.

L’estate è bello affollare quelle sparute arene che danno la possibilità all’aperto (si, all’aperto, che se piove tipo famiglia allargata in un villaggio al mare, ci si ficca una felpa e si cena tutti dentro, o si aspetta che spiova giocando a burraco, a scopa) di recuperare quei film che non è stato possibile vedere d’inverno.

No.

Massimizzazione del profitto! Come? Anche al cinema? A tutti i costi e in tutti i settori.

Prevedere un reddito di cittadinanza per quei film che non ce la fanno a sopravvivere al primo weekend in sala no?!

Come al solito, la montagna partorisce un topolino.

Moviement.

Non immaginiamo ora ma analizziamo. Escono sei film a settimana più quelli “evento” di soli tre giorni. 

Poi c’è l’abbonamento a Netflix, Chili cinema, Amazon Prime, Raiplay, tutti i siti di streaming, qualche partigiano noleggiatore, dvd acquistabili ovunque a prezzi speciali, hard disks pieni di film di amici smanettoni e così via.

Sei film a settimana che moltiplicati per le cinquantadue settimane di un anno fanno trecentododici film all’anno. Anno di trecentosessantacinque giorni, al netto delle attuali posizioni sull’ora legale, giusto?

In altri termini un singolo italiano che almeno a Natale, Pasqua, Pasquetta, Capodanno e qualche altra festa più o meno comandata vorrebbe anche lasciarsi andare ad un dialogo, o a qualche effusione magari col proprio gatto, visto l’altrettanto dilagante problema dell’maschio tisana teorizzato da Antonio Pascale, dovrebbe passare ogni giorno al cinema.

Così tutti incasserebbero di più e il cinema, forse, potrebbe vivere una nuova giovinezza.

Queste mie parole servono ad argomentare un piccolo retorico interrogativo: piuttosto che non concedere alcun periodo di ferie alle uscite cinematografiche non sarebbe stato più efficace ridurre il numero di uscite settimanali?

Avevo tre in matematica, magari ho sbagliato qualche calcolo.

Le sale d’estate sono più belle e anche scegliere cosa fare o cosa vedere è più bello. Mi permetto di dire che è anche molto bello sentirsi dire “mi dispiace, tutto pieno” perché non esistono prenotazioni. Utopia. Le sale hanno bisogno di riempirsi per vivere se manca loro qualsiasi supporto pubblico.

“Si, che fa, questo film resisterà settimane al cinema.” È meglio di “dai, dai, prenotiamo, vediamolo oggi, se no domani lo tolgono.”

Davvero il massimo che si riesce a fare per salvare questa crisi d’incassi del cinema nostrano è non farlo andare in vacanza?
Detto fra noi, non è la mancanza il parametro stesso dell’affezione a qualcuno o a qualcosa?

Ai posteri l’ardua sentenza. Mentre i cervelli che muovono i teli delle proiezioni si interrogano sul futuro delle sale e del pubblico, Netflix avanza come l’impero romano nella fase più alta delle sue conquiste e il cinema italiano, si difende, chiudendosi a testuggine. 

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