“Un cinema di prototipi e talenti ma poco sistema”. L’intervista a Piera Detassis

by Gabriella Longo

Per la prima volta le Notti d’Oro raggiungono la Puglia e a fare da cornice ai 35 migliori cortometraggi dell’anno provenienti da tutto il mondo è proprio la città di Bari, da sempre terra di incontri e crocevia di culture. L’evento inaugurale (ieri, martedì 12 giugno), ha portato sul palcoscenico del Cineporto i registi già vincitori di premi presso le maggiori accademie di cinema internazionali (dai David di Donatello, agli Oscar, dai César, ai Bafta e ai Goya), introdotti dalla presidentessa di Apulia Film Commission Simonetta Dellomonaco e dalla presidentessa dell’Ente David di Donatello, Piera Detassis.

Eventi come questi fanno pensare al futuro: sono i registi di domani quelli che scelgono, tramite il cortometraggio, di raccontare il nostro tempo dalla propria porzione di mondo. Il chiaro indice che c’è ancora voglia di sperimentare, e che le cinematografie internazionali non restano – e non possono restare – circoscritte dentro barriere geografiche.

Bonculture ha intervistato Piera Detassis. Saggista, critica, già presidente della Fondazione Cinema per Roma, è stata per 22 anni direttore di Ciak.

Eventi come questo fanno pensare alla situazione dell’Italia e portano a riflettere sullo stato di stagnazione di certi comparti dell’industria cinema rispetto per esempio ad altri paesi europei, senza voler andare troppo lontano. Come sta il cinema italiano?

L’Italia secondo me ha ancora il problema di avere molti prototipi. E abbiamo forse, ancora meno, il senso di un’industria che funziona tutta insieme, perché il cinema dovrebbe essere un’industria attraverso cui trainare anche la sperimentazione. Noi quando parliamo del nostro cinema nominiamo tantissimo gli autori però poi il mercato si restringe. Quest’anno è stata fatta un’operazione molto forte ed importante, che è quella di Moviement che per la prima volta, dopo decenni che ci lamentiamo della non uscita in sala dei film durante l’estate, ha fatto questo sforzo, unendo tutti i distributori, produttori, Ministero, per riuscire a riempire quel buco.

Il deserto in sala nei mesi estivi è un problema sopratutto italiano?

E’ un buco solo italiano, è un deserto solo italiano. E non è perché siamo un paese caldo: non succede in Spagna, che è pure caldissima. Il David di Donatello partecipa a questo Moviement, anzi ne è stato un punto di inizio. E penso che questo sia importante perché se tu fai perdere l’abitudine allo spettatore lo disaffezioni e non lo ritrovi. E in particolare dobbiamo curare la disaffezione dello spettatore al cinema italiano che forse è stata un po’ accentuata anche dal fatto che bruciamo facilmente le nostre star, che le usiamo in ruoli molto simili perché quando c’è qualcosa che funziona viene riutilizzata nella stessa commedia, nello stesso tema. Infatti bisogna assolutamente che noi andiamo a cambiare non solo i canali distributivi ma anche l’idea del racconto. Va bene, siamo il paese della commedia, però possiamo raccontare anche le commedie con uno stile di regia, con uno sforzo di innovazione con un intento di provocazione. Quindi la cosa che mi colpisce di più del cinema italiano è che abbiamo straordinari talenti ma che restano dei prototipi, non riusciamo a fare un discorso di sistema.

Dobbiamo preoccuparci?

Io credo che sia una situazione da coltivare. I talenti sono tanti e oggi produttori e distributori si confrontano appunto con un mercato internazionale. E questa è una cosa molto importante: ci sono co-produzioni, si lavora all’estero, si va nei festival. Quasi appariamo più all’estero! Veniamo riconosciuti più al di fuori, come ad esempio nel caso di Lazzaro Felice, ovunque ritenuto un grandissimo film. Il mercato è limitato, ma abbiamo talenti. Talenti che comunque vengono riconosciuti. Poi ci sono talmente tante cose da fare che è molto difficile: bisogna lavorare sul piano della comunicazione, del marketing. Certamente bisogna lavorare sul discorso “sala”, perché oggi non puoi non fare i conti con la piattaforma. Vanno gestite le finestre: il discorso fondamentale è gestire e regolamentare le finestre di uscita. Bisogna guardare con uno sguardo aperto e innovativo; di sicuro abbiamo bisogno di lavorare molto in maniera contemporanea su questi temi.

Come si sta evolvendo il mestiere di critico cinematografico alla luce della crisi della carta stampa e del proliferare di piattaforme online più veloci e accessibili? L’immediatezza dell’online, la rapidità di accesso hanno fatto diventare tutti critici?

Anche prima succedeva questo, lo diceva persino Truffaut. Oggi ognuno è critico col suo cellulare in mano, quindi è molto difficile definire la linea di confine. Siamo in un’epoca in cui ognuno tende ad essere protagonista, a raccontare la propria storia, ad affermare la propria visione. A me personalmente questa cosa confonde molto. Io, ad esempio, uso moderatamente i social, Facebook in particolare. D’altro canto, però, questi nuovi canali sono uno strumento interessante: dal punto di vista della critica non c’è una vera differenza fra cartaceo e sito online, ma la consultazione rapida, la gratuità dell’approccio sono sicuramente la grande novità. In realtà anche nei siti ritrovo una formazione, una costruzione, una scuola. Certamente oggi, fatta eccezione per i pochi grandi nomi, la situazione è molto disseminata. Una cosa però è certa: so che oggi la tempestività vale di più dell’approfondimento, so che oggi il tweet viene più richiesto della recensione, e questo capita anche a me. Non so quanto faccia bene alla riflessione. Ma certamente capisco che questo è il modo di oggi di comunicare, e che se vieni da una formazione diversa devi cercare di bilanciare le due cose.

C’è qualcosa di davvero importante che si sente di estendere alla new wave digitale?

Io credo che per me e per la mia generazione la carta stampata garantiva autorevolezza, ma anche permanenza. I social, il digitale… mi sembrano un mondo dove molto passa. Tutto è accessibile, è vero, ma è un magma. E in questo io ad esempio sento di avere il bisogno di una guida, di qualcuno di autorevole. E penso che come me, tutti debbano cercare una guida.

L’evento Le Notti d’Oro, si concluderà venerdì 14 giugno.

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