Bangla, ironia e surrealismo nel film di esordio di Phaim Bhuyian

by Giuseppe Procino

Phaim è un giovane musulmano di origini Bangladesi nato in Italia. Vive in famiglia a Torpignattara, lavora in un museo e suona in un gruppo di musica etnica con scarsi risultati, proprio in occasione di un concerto incontra Asia, spirito libero, studentessa e figlia di un attore musicista e una mamma che ora ha una compagna. Tra i due scatta l’attrazione e Phaim dovrà capire come conciliare il suo amore con la regola n.1 dell’islam: la castità prima del matrimonio.

Phaim Bhuyian al suo esordio con il lungometraggio porta se stesso e lo fa con intelligenza, ironia e originalissimo piglio. Tutto è nato, infatti, da una puntata della trasmissione Nemo- nessuno escluso, è lì che Domenico Procacci vede per la prima volta Phaim e decide di raccontare la sua storia, che è anche la storia di un’aspirante regista. Arriva l’intuizione: dovrà essere lo stesso ragazzo di origini Bangladesi, poco più che ventenne a raccontarsi in un lungometraggio. Una scommessa ma con i giusti presupposti per divenire un piccolo caso, a cominciare dal fatto che Bangla è il primo film diretto dal figlio di due immigrati, divenuto italiano semplicemente “compilando un modulo”. 

Questa è la vera storia dell’attore e regista, con molti dei veri protagonisti delle vicende narrate, e ci fornisce per la prima volta un punto di vista interno sulla questione migratoria: quello di un ragazzo integrato ma che vive lo scontro interiore tra la sua cultura di origine e la cultura del mondo in cui vive, quella di Torpignattara, quartiere multietnico di Roma.

Phaim parla romano, è al “50% bangla, 50% Italia e 100% Torpigna” e si pone tantissime domande, domande per cui gli altri (i suoi amici, la sua famiglia ma anche gli italiani “esperti di immigrazione”) hanno già le risposte. Quello che Bhuyian confeziona è un film sull’identità, una commedia sentimentale sull’integrazione che evita i toni e le situazioni pietistiche e che sceglie l’ironia come arma di difesa verso un mondo troppo complicato, un mondo pieno di personaggi cui è difficilissimo non affezionarsi, ognuno con una sua precisa caratterizzazione esasperata, quasi da graphic novel esistenziale: sembra di vedere la trasposizione fedele di un’opera di Bryan Lee O’Malley. Questo è il vero punto di forza della pellicola: una scrittura a tratti surreale ma con enorme equilibrio, personaggi scritti benissimo a cui si accompagna una recitazione coerente. Bhuyian ci convince anche nei panni del protagonista, regalandoci il ritratto di un post adolescente in crisi, nevrotico e confuso che deve tantissimo al primissimo Moretti.

Presentato in anteprima al Bifest 2019 nella sezione Nuovo Cinema Italiano, Bangla non è certo un film perfetto, ma è un film che registicamente risente a tratti dell’inesperienza ed anche della coraggiosa spinta del dover cogliere un’occasione, ma nonostante questo funziona: è fresco, dinamico, con una cifra stilistica ben precisa. Si ride e di gusto in questa pellicola che ci stupisce perché è soprattutto l’opera prima di un giovanissimo autore che ha tantissimo da dire ma sceglie di dire poche cose, le cose giuste, un punto di vista differente e inedito, una ventata di vitalità nel panorama cinematografico italiano, un film destinato a divenire cult, che possiede coraggio e forza eversiva: i primi vagiti cinematografici di un autore promettente. Siamo convinti che ne sentiremo parlare.

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