Rotta Contraria, il documentario di Stefano Grossi

by Giuseppe Procino

L’Albania come terra promessa per un futuro concreto è il perno centrale dell’interessantissimo documentario Rotta Contraria di Stefano Grossi.  Oggi Tirana è la capitale dei call-center, interi palazzi in cui sono stipati migliaia di operatori albanesi. Li riconosciamo quando ci chiamano e ci parlano con un evidente accento straniero, ma spesso dicono di chiamarsi con nomi italiani. Accanto a loro però, da qualche anno, ci sono davvero degli italiani, emigrati verso l’Albania in cerca di quella stabilità che la nostra penisola non è in grado di offrire. Ma cosa sta accadendo oggi in Albania? E soprattutto essa può davvero rispondere al fabbisogno di una vita normale dei suoi abitanti e dei nuovi fiduciosi immigrati?

Stefano Grossi, nome già noto al pubblico del documentario, ci porta dall’altro capo dell’Adriatico, in Albania, e ci racconta il nuovo corso storico di una new economy aggressiva e vitale basata sul mercato dei call center e dell’edilizia. Lo sguardo di Grossi risulta ambivalente, raccontando al contempo la realtà di chi vive questo nuovo boom economico da autoctono e di chi invece vi ci si ritrova come ospite inatteso o come cacciatore di fortune: da un lato gli albanesi e dall’altro gli italiani, entrambi con gli stessi obiettivi, ovvero poter vivere dignitosamente.

Rotta contraria è appunto la cronaca di un viaggio al contrario, l’opposto della nave Vlora su cui nel 1991 si imbarcarono verso l’Italia 20.000 albanesi alla disperata ricerca di una nuova vita, nell’illusione di conoscere l’Italia dagli echi e attraverso i filtri della nostra televisione. A quasi 30 anni da quell’ondata migratoria, c’è chi è tornato nella sua terra d’origine, chi non l’ha mai lasciata, ma soprattutto ci sono gli italiani che scelgono di lavorare nei call center perché retribuiti dignitosamente, o che trovano sbocchi rassicuranti nei settori del marketing o del web design. Tutti con le stesse prospettive di crescere in un mercato competitivo e gratificante.

L’Albania diviene, in scala, lo specchio del macrosistema del libero mercato ed è pronta ad accogliere tutti: l’importante è la resa alle condizioni di questo nuovo mercato. Grossi ci presenta così diverse testimonianze, le contrappone alle immagini di repertorio e poi ci spiazza mostrandoci l’altro lato della medaglia: un’etica sacrificata al dio profitto che porta i venditori telefonici a raggirare sentimentalmente gli ipotetici compratori, a cedere a nuovi canali comunicativi più empatici, in cui trova perfetta collocazione anche chi è laureato in psicologia e in legge e ha fatto esperienza  con situazioni estreme, potendo cavarsela con mogli gelose che vorrebbero pedinare telefonicamente il coniuge o anziani soli che cercano anche solo una voce amica, anche se questa sta comunicando a centinaia di km da casa propria. E ancora, ci mostra una crescita edilizia basata sulla trasgressione delle regole, sulla violazione dello status ecologico. Quanto potrà durare il sogno albanese che non è in grado di ricalcolare i bisogni e agire su una prospettiva di rigenerazione della domanda? Cosa accadrà quando il call center sarà uno strumento desueto?

Rotta contraria racconta in fondo, attraverso questa finestra, la storia e le prospettive di un popolo forte e volitivo e l’inconsapevole rassegnazione di chi qui è arrivato con tante speranze per poi doversi anche qui accontentare, in uno scenario di post democrazia che manca forse proprio della capacità imprenditoriale matura e graduale della fase democratica…una gabbia di cristallo, come la metafora sempre ricorrente e incalzante della clinica canina ci ricorda fino alla fine.

Presentato in anteprima mondiale al Bifest 2019.

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