A Noci il Piccolo Festival della Parola è un confronto con parole nuove nate da donne

by Paola Manno

Camminare in un paese grazioso come Noci in questi giorni di fine estate, è un regalo che ognuno dovrebbe farsi. Noci è vestita a festa: luci basse, chioschetti gialli riempiti di nuove pubblicazioni, piccoli palchi, piazze e vicoli e chiostri riempiti di parole, testi e persone che, nonostante i tempi difficili dell’editoria, sanno bene che la carta è ancora portavoce autorevole di libertà.

Sono al Piccolo festival della parola, che quest’anno si svolge dal 12 al 15 settembre, organizzato da Fluid, patrocinato dall’Ordine dei Giornalisti della Puglia e da Assostampa Puglia, con il sostegno del Corecom (Comitato regionale per le Comunicazioni) e del Comune di Noci.

Numerosissimi gli eventi che ricoprono questi 4 giorni dedicati alla parola, dalle presentazioni di libri ai dibattiti, da eventi teatrali a momenti musicali di grande interesse. Quest’anno il panorama culturale è ricco di grandi nomi, tra i quali Paolo Mieli, Ezio Mauro, Gad Lerner, Sandro Ruotolo, Annalisa Monfreda, Sergio Rubini, Teresa De Sio, solo per citarne alcuni tra gli oltre 50 attesi per la rassegna.

In Piazza Plebiscito c’è un bel movimento, sono numerosi i partecipanti all’incontro “Parole e informazione di genere”, per la sezione Parole e Media. Mi è capitato spesso, in questi ultimi anni, di ascoltare dibattiti che mettono al centro le questioni di genere nel racconto dei media. Anche la letteratura e la stampa si sono, per fortuna, aperte a queste nuove riflessioni. Oggi che un quotidiano nazionale ha descritto un assassino di una donna come “un gigante buono”, credo che interventi come questi, di giornaliste impegnate con un microfono davanti a una piazza, siano assolutamente necessari. Mi accomodo e le ascolto, queste tre donne, le cui parole colpiscono e le cui voci si assomigliano. Sono Claudia Sarritzu, autrice  di Parole Avanti, Femminismo del Terzo Millennio, edito da Palabanda Cultura e Annalisa Monfreda, direttrice di Donna Moderna e autrice di Come se tu non fossi femmina, edito da Mondadori. Con loro, dialoga Elisa Forte, giornalista di La Stampa.

C’è una riflessione attorno all’uso delle parole, alla responsabilità delle scelte nella scrittura, si raccontano i fatti più eclatanti e quello che si può, si deve fare, dopo l’indignazione. Sul palco si ricorda il crimine commesso da Fausto Filippone, l’uomo che uccise la figlia gettandola da un cavalcavia, a Francavilla, che viene descritto da una giornalista di Avvenire, Marina Corradi, come L’epilogo della tremenda battaglia di un pover’uomo. Il cielo sopra, immenso e muto. Eppure, ne sei certa, una misericordia immensa ora abbraccia quel soldato travolto e caduto.

Riflettere, discuterne, lamentarsi, scrivere ai direttori dei giornali, avere il coraggio di denunciare questi messaggi distorti e la loro pericolosità. Si parla anche di educazione di genere, dei messaggi inculcati ai bambini e alle bambine sin dai primi anni di vita (impossibile non citare la Gianini Belotti), Annalisa Monfreda racconta il rapporto con le sue due figlie, quello con le nuove generazioni, molto più attente alle accortezze di chi oggi scrive “bambine e bambini” piuttosto che usare il sostantivo plurale maschile comprendendo entrambi.  Si parla anche di parole che sono nate da poco, perché finalmente le donne sono diventate sindache, architette, ministre. Entrambe le giornaliste si trovano d’accordo nell’aver rispetto per quelle donne che preferiscono essere appellate al maschile, convinte che il titolo trasmetta più valore; discutono di priorità e di punti di vista diversi. Su una cosa, soprattutto, mi trovano d’accordo: la necessità di non isolare l’uomo. Sono molti gli uomini che oggi fanno attenzione al linguaggio, alle discriminazioni, alle differenze salariali, agli sforzi che spesso le donne sono costrette a fare per realizzarsi sul lavoro. Ci sono uomini che si definiscono femministi, con orgoglio. Uomini che rispondono “E perché mai non potresti diventare direttrice di un giornale, ora che sei incinta?”. Molti, moltissimi uomini lontani anni luce da una mentalità maschilista, perché sono stati educati da donne libere da pregiudizi o perché se ne sono allontanati, grazie a chi ha avuto il tempo e l’energia per discutere e argomentare. Già, penso, le battaglie si combattono sconfiggendo la fatica di confrontarsi, si vincono più facilmente quando vengono condotte insieme.

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