Cos’è Taranto? “Taranto è l’Italia”, Alessandro Leogrande avrebbe risposto così

by Ines Pierucci
leogrande

– Vieni a Campi Salentina?

– Mi piacerebbe amico ma non ci riesco, passi da Bari prima di tornare a Roma?

– Sì, sono in macchina. A domenica?

– Evviva! A domenica :*

Gli emoticon li digitavo solo io, è una diavoleria social che Alessandro non amava.

Quando Daniela Tonti, la Direttrice responsabile di Bonculture mi ha chiesto un pezzo su Leogrande, sulle prime stavo rispondendo di no.
No perché non ho mai scritto niente finora su di lui.
No perché in realtà nessuno me lo aveva ancora chiesto.

No perché hanno già scritto in tanti, forse in troppi. Tutti si dichiarano amici di Alessandro, solo ora che non c’è più.

E allora, dopo quasi due anni, sono andata a rivedere la nostra ultima conversazione su WhatsApp e ho deciso di rispondere di sì a Daniela.
Sì perché è passato il tempo giusto.
Sì perché mi è stato chiesto di pubblicarlo su Bonculture, che è un progetto che ad Alessandro penso sarebbe piaciuto; si sarebbe lasciato intervistare, avrebbe trovato un minuto, tra le mille cose da fare per dedicarsi a rispondere come faceva con tutti.

Alessandro Leogrande non diceva mai di no.

E’ anche per questo motivo che, in punta di piedi, proverò ad intervistarlo illudendomi che, prendendo in prestito le sue parole dal libro postumo Dalle macerie. Cronache sul fronte meridionale (Feltrinelli, 2018), queste sarebbero potute essere le sue risposte.

Cercherò di farlo attraverso le parole di Salvatore Romeo, che ha raccolto parti di un libro di qualche anno fa, articoli scritti per vari quotidiani, principalmente il “Corriere del Mezzogiorno”, e per vari periodici, saggi usciti sulla rivista “Lo straniero” di cui Leogrande è stato vicedirettore, interventi a convegni e altri pezzi sparsi.

Per Alessandro Taranto non era solo uno spazio temporale, nonostante si fosse trasferito a Roma dall’età di vent’anni, perché sin dai primi scritti la sua città e il Sud rimangono luogo e oggetto delle sue inchieste. Taranto, la sua Taranto, (dove, non a caso, il prossimo 7 aprile verranno proclamati il Libro e il Lettore dell’anno della terza edizione del Premio Presìdi del libro intitolato ad Alessandro Leogrande), al centro dei suoi articoli e libri, vista nei suoi molti aspetti e contraddizioni, caso nazionale, metafora di uno sviluppo malato del Paese, di vari fallimenti della questione meridionale e della politica in generale.


L’illusione del progresso industriale tarantino degli anni 60 è il punto di partenza delle sue indagini sul siderurgico più grande d’Europa; l’Ilva, schiacciata prima dalle responsabilità politiche e poi dal disastro ambientale, è il tema anche di “Un mare nascosto” (1999) e “Fumo sulla città” (2013).

Perché Taranto rappresenta lo specchio del Mezzogiorno in crisi?

“Tutti quelli che pensano che la rinascita del Sud debba venire dalla valorizzazione di un pensiero del tutto proprio, lento e meridiano -avrebbe risposto Alessandro- non capiscono che è proprio questo pensiero che nei secoli ha evitato che la politica diventasse il campo delle scelte dinamiche e rimanesse il luogo del potere e delle angherie.”

Sottolineando la necessità di un nuovo meridionalismo, la lungimiranza di Alessandro vedeva non soltanto in pericolo la sua città e il Sud per la questione ambientale ma per la disunità d’Italia.
“Questo è un paese in cui prevalgono le spinte populiste, localistiche, particolaristiche, in cui sembra essere venuta meno qualsiasi forma di elaborazione generale della politica che fondi le proprie basi su qualcosa che si approssimi a una serie di interessi generali. Taranto è specchio di Italia quanto lo sono la Regione Lazio, Reggio Calabria e la Milano un tempo “capitale morale” del paese. Non ci può essere trasformazione di Italia senza trasformazione del Sud. Pertanto non c’è altro da fare che cambiare il Sud per rivoluzionare l’Italia: combattere le camorre, la fame, l’ingiustizia, sbloccare una società bloccata, creare nuove classi dirigenti.”

Come dovrebbe agire, allora, la politica?

“Se la politica è il luogo delle scelte consapevoli e se queste richiedono in ogni momento l’assunzione delle proprie responsabilità, quando pensiamo alla rinascita del Sud, e io alla rinascita della mia città, dobbiamo pensare in termini più positivi, pragmatici, meno astratti o irrazionali. Questa è l’unica strada praticabile, per quanto difficile e impegnativa. E piccoli gruppi, per il momento, sono gli unici che possono almeno cercare di rischiararne i primi passi. A Taranto fino a quando non si tenterà di fare ciò, non resta che alzare lo sguardo sulla calma inesorabile del mare per non vedere ciò che a breve distanza succede in città.”

“Come si risponde a un disastro ambientale e sociale, una volta che si è creato?”

Si interrogava Alessandro. Anche se la speranza è una parola ormai obsoleta, il dramma di Taranto che secondo lui “agli occhi della Ue appare una grossa patata bollente di cui disfarsi al più presto” probabilmente grazie al friday for future potrà tornare al centro dell’agenda politica europea. Se Greta Thunberg chiedesse ad Alessandro cos’è Taranto? “Taranto è l’Italia” avrebbe risposto. A proposito della buona politica e le buone leggi e sulle radici della cultura filosofica e scientifica magnogreca, Taranto è il luogo di provenienza del pitagorico Archita con cui ebbe a che fare Platone.

“Archita è il nostro Tasso, il nostro Parini, il nostro D’Azeglio. Fin dalla seconda metà dell’Ottocento, il Liceo classico Archita è stato un crocevia di cultura e formazione. Per una città industriale come Taranto, cresciuta a dismisura in pochi decenni, senza che al “gigantismo” tecnico, produttivo, urbanistico, facesse seguito un armonioso sviluppo culturale, e di critica delle propria fondamenta, il liceo Archita –dove ha studiato Alessandro e che oggi a lui ha dedicato l’aula magna- è stato uno dei suoi pochi centri intellettuali.”

La cultura farà risorgere Taranto?

“La cultura viene spesso citata a vanvera, ridotta quasi a un piatto di lenticchie da cui prendere a piene mani, nella speranza di sostituire un’improbabile, nuova “monocultura” a quella precedente dell’acciaio. Prima ancora di pensare che possa essere volano della ripresa, bisognerebbe fissare tre considerazioni.

Primo: in un contesto disgregato come quello tarantino, una politica culturale va ricostruita, non può essere calata dall’alto. Secondo: non ci può essere “cultura” senza ricerca e programmazione, e senza una buona dose di indagine autocritica sul proprio presente e sui propri tanti passati (non solo quello industriale novecentesco). Terzo: tutto ciò non costituirà immediatamente un’alternativa economica, ma potrebbe contribuire a ridiscutere il paradigma su cui la città è stata fondata negli ultimi dieci anni. Un progetto culturale che superi il localismo potrà essere organizzato solo a partire da due poli: il rinnovamento sel Museo archeologico Marta e il rapporto con Matera Capitale della Cultura Europea nel 2019.”

E’ necessario ripensare il proprio “futuro remoto”, ritrovare il flusso della propria storia diceva Alessandro, ad esempio, stanno per iniziare le Olimpiadi. E allora lanciamo questa sfida culturale con le parole di Alessandro: “Perché non ricordare in varie forme che la Tomba dell’atleta con  le sue bellissime anfore era la tomba di una sorta di Carl Lewis dell’epoca?”.

Alessandro Leogrande è morto improvvisamente a Roma il 26 novembre 2017 e così come suo padre Stefano ne ho voluto ricordare il lavoro “in difesa degli ultimi e dei ferocemente sfruttati nei più diversi contesti: nell’ambito del caporalato, degli immigrati, dei desaparecidos in Argentina, e ovunque ci sia stato un sopruso”.

-Scusami Ines, sono ripartito per Roma, ci sentiamo in questi giorni, torno a Bari a dicembre. Ti abbraccio.

– Va bene Ale, fatti sentire quando torni. Ti abbraccio.

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