“Il demone imperfetto” di Daniela Marasco, quando l’amore idealizzato diventa un fiore putrido

by Antonella Soccio

La poesia è catarsi perché i versi liberatori, come una cicatrice, decretano la guarigione, da un lutto, un dolore, un pianto, un inciampo esistenziale.

A sentire così profondamente incistata, come e più di un tatuaggio, l’arte poetica è la chirurga foggiana Rita Daniela Marasco, alla sua quinta raccolta poetica, edita dalla Casa Editrice Kimerik, intitolata “Il demone imperfetto”.

Pianista e poetessa sin dalla più tenera età, la dottoressa, che ha scelto di seguire la sua indole scientifica, come spiega a noi di Bonculture, “per esigenze umanitarie”, è specializzata in Chirurgia Toracica e ha lavorato per molti anni, prima all’Istituto Oncologico Pascale di Napoli, poi al Centro di Ricerca Oncologico della Basilicata a Rionero in Vulture, il più grande del Sud. Attualmente presta servizio come dirigente medico presso la Cattedra di Chirurgia Toracica degli Ospedali Riuniti di Foggia, ma non ha mai smesso di scrivere poesie.

“La poesia è per me una via di fuga, una valvola di sfogo da esperienze spesso luttuose, come possono essere quelle dell’Istituto oncologico”, spiega.

Il demone imperfetto è una entità immaginaria di incorruttibile bellezza che incarna la percezione aberrante di una realtà filtrata dalla lente deformante del ricordo.  Il demone è una prigionia “dalla felicità” da cui si fugge la notte, è un’armatura sporca, è un rogo, una colpa che oltrepassa il “tempo della prova”.

Tutta l’opera di Daniela Marasco è permeata da un dissidio logorante tra il desiderio dell’affermazione della propria libertà e la celebrazione dell’empatia e del proprio ideale amoroso, perché scrive l’autrice in “Ofelia”, “l’amore è il preciso contrario dell’angoscia, l’assoluta negazione del conflitto”.

Luce e tenebra, dove la luce è raffigurata soprattutto nel rapporto con i pazienti. Bellissimi i componimenti dedicati alla vita in corsia e le due preghiere del medico del libro.

Tra le poesie vi si riscontrano molte figure ricorrenti inquietanti. Una fra tutte il fango, che accoglie il “fiore putrido”, insieme alle danze macabre o al pianto dove marciscono i pensieri.

Questa vita,

fatta di giorni uguali,

sgualdrina ingrata,

avara di fiori.

Mani aperte,

sporche di fango,

pallide e fredde,

come quando

ci si sveglia da soli.

Questa vita,

dono per qualcun altro,

gioco senza sconfitte,

senza vittorie,

senza alcun senso.


QUESTA VITA

“Per me il fango è un riferimento alla volgarità del quotidiano, alle piccole beghe, ai conflitti. Per fango intendo tutte quelle volte in cui siamo costretti a de-umanizzarci, noi medici siamo costretti a sporcarci le mani. Il demone imperfetto è tutto ciò che noi idealizziamo, questa raccolta di poesie, a differenza della prima, Compagni di Viaggio, che era più ispirata alle persone con cui lavoro e a cui voglio bene, si concentra soprattutto su ciò che ho molto desiderato nella vita, idealizzandolo. Si insinua nella cicatrice, che è quella situazione che crea dolore, risentimento, ferite. Lavorando per 10 anni all’Oncologico ho visto tanti lutti, ho fatto mio il dolore dei pazienti e dei parenti, ho sofferto anche molto. Ma nel momento in cui se ne scrive e quel dolore si esprime significa che la guarigione è avvenuta”, osserva la poetessa.

Nell’intensa poesia Elogio della libertà c’è un po’ la summa del pensiero della dottoressa, da sempre ispirata da Francesco Petrarca e dagli ideali stilnovistici della domina medievale: “la libertà- si legge nei versi- è una sgualdrina astuta che ride sguaiata in una piazza vuota”. “La libertà ha l’odore acre della terra”.

È il sentimento odierno, mortifero e insieme energizzante, dei nostri tempi affannati e consumistici, senza relazioni e senza emozioni narrate: è una libertà che rende schiavi, vittime di un anelito che ci fa solo più poveri e più soli in “sentieri brulli” e dentro “cuori muti”, come li chiama in altre poesie Daniela Marasco.

L’amore si può soltanto urlare nel vezzo e nell’estetica identitaria dei tatuaggi, come demoni imperfetti appunto, angeli decaduti.

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