Il lungo cammino nella notte del potere con Concita De Gregorio

by Felice Sblendorio

Il frastuono di voci ovattate e rese nauseanti dal caldo nella piazza maggiore della città, era già un brutto ricordo. Di fronte ai nostri occhi, ora, c’erano solo le vie strette di Bologna, i suoi muri dalle mille tonalità di rosso e le finestre scrostate tagliate dalla luce stanca di una domenica d’estate in città. Fra queste strade ho dialogato con Concita De Gregorio del suo ultimo libro, “Nella Notte” (Feltrinelli, 236 pagine, 16,50 euro).

L’idea di una chiacchierata itinerante mi aveva convinto. Con una meta nota e un percorso più incerto, fra una considerazione e l’altra sul potere, ci siamo anche persi. Perdersi nelle strade di Bologna, quelle dove inspiegabilmente solo Lucio Dalla non si perdeva mai, è stato sicuramente più semplice dello smarrimento di Nora e Alice, le due protagoniste del suo romanzo, nel grande quadro di scena dell’arena politica italiana. In un semi-thriller al cardiopalma, che incrocia alcuni fatti noti e altri oscuri della nostra politica, dalla mancata elezione di Prodi ai casi Boffo e Marrazzo fino all’estromissione di Ignazio Marino, la storica firma di Repubblica illumina in un densissimo romanzo il potere di una luce rivelatrice che quasi mai presta il fianco al banale e all’ingenuità. La storia di queste due giovani donne, alla fine, è la sua storia: lo si intuisce ascoltandola parlare con un trasporto pieno la storia di chi ha attraversato il potere, sopravvivendo, con la forza resistente di affrontarlo ancora.

“Nella Notte” è un racconto che illumina le dinamiche più oscure del potere. Più che una narrazione sembra una profonda anatomia impegnata a destrutturare questi meccanismi. È così?

Hai detto bene. Proprio nel sottotitolo scrivo “Una storia di potere”, ma più correttamente è anatomia del potere, come sul tavolo dell’anatomopatologo quando sezioni un cadavere. In questo caso il potere non è un cadavere, perché è vivo e vegeto, però c’è la stessa modalità di analisi: apri il corpo e vedi sotto l’involucro della pelle qual è il meccanismo vitale, come funzionano gli organi. Questo lavoro narrativo cerca di seguire quel metodo.

Un lavoro narrativo, appunto, dove la verità dei fatti cerca forza nella finzione per raccontare proprio tutto sull’inquietante volto del potere. Perché la narrativa?

Il libro cerca di raccontare l’anatomia del potere attraverso la letteratura, che è il modo più esatto di raccontare la verità, quella che più si avvicina alla verità dei fatti, che è cosa ben diversa dalla realtà, dalle cronache, dal giornalismo: nel racconto, con un piccolissimo scarto narrativo, quel materiale del reale diventa una solida verità letteraria.

Le suggestioni, i volti e i nomi sono finti, però il grande ingranaggio e i meccanismi più basilari del potere sono simili, si ripetono sempre uguali a se stessi. Si conserva nella ciclicità la forza del grande gioco del potere?

Il potere ha una sua ciclicità perché è un gioco. Questo gioco ha delle regole e conoscerle consente di decifrare quello che accade in maniera corretta, comprendendo realmente non cosa accade ma perché accade. Conoscere quei meccanismi e capire perché funziona così ti consente di vedere in anticipo, di leggere queste ciclicità, queste ricorrenze e di decifrarle in tempo sul corso dei fatti. È un sapere che ti toglie da quella saturazione del presente che ti impedisce di vedere l’orizzonte, non sapendo mai in quale direzione stiamo andando. Inscritto in una ruota che non torna sempre sullo stesso punto ma, comunque, ha un funzionamento simile, allora riusciamo a capire meglio il tempo imminente, senza dire che nulla di quello che accade oggi è comprensibile se non alla luce di quello che lo ha preceduto.

Le protagoniste di questo libro lo sanno bene: quando le cose accadono sono già finite.

Sì, qualcosa che accade è un processo che termina. Quando qualcosa succede è già successo quello che ha determinato quel fatto. I fatti, politici o personali, sono sempre la fine di un percorso. Quando qualcuno vince o perde le elezioni non è un fenomeno atmosferico che si è prodotto nei dieci giorni precedenti, ma è un processo che dura da mesi, anni e che, in un caso preciso, ci racconta il nostro presente. Il mio romanzo vive nel presente: la scena, con un piccolo passo indietro della protagonista, ricostruendo il cadavere insepolto della politica italiana degli ultimi anni, dalla grande congiura alla mancata elezione del Presidente fino ai giochi di potere che si sono messi in moto, ritrova la luce della verità, riuscendo ad illuminare le traiettorie che si sono verificate successivamente con un esito finale.

I fatti trovano consistenza nella notte, quando la luce scompare e non illumina più le cose. È davvero così? Siamo all’oscuro di tutto anche nella società iperconnessa e illusa di sapere tutto dei suoi leader, dalle stanze di palazzo ai pasti digeriti a pranzo o a cena?

Questa è l’altra caratteristica del gioco del potere, come se fosse un gioco di ruolo come “House of Cards” o “Game of  Thrones” della realtà. La prima grande regola è che tutto quello che è visibile non è rilevante, tutto quello che accade alla luce del sole, sulla superficie del suolo e dei social, non è realmente importante. Al contrario, tutto quello che davvero è importante non è visibile. Questa è una delle spiegazioni per cui non solo metaforicamente, ma anche metaforicamente, quello che accade di rilevante accade nella notte, nel tempo dell’oscurità, nel momento in cui le persone dormono, non sanno e non possono vedere: nel momento in cui non stanno guardando quella scena.

E quando non dormiamo, la scena è occupata dal grande “elefante rosa” della polemica del giorno, del rosario, delle felpe…

Questo è un corollario di quello che dicevo prima: per distrarti da quello che è davvero rilevante, che tu non devi riuscire a vedere, ogni giorno ti offro qualcosa io da vedere. Ti distraggo ogni giorno con una questione che sembra etica, civile, morale che, partendo dalla formula stessa, è la questione del giorno: significa che ieri ce n’era un’altra e domani ce ne sarà un’altra ancora. Tutto dura un giorno. Allora mi chiedo: come può essere importante qualcosa che mi ingaggia e mi impegna solo per un giorno e viene sostituita il giorno dopo da qualcos’altro?

Sottrarsi non è possibile, però. Come si può mantenere un’attenzione non disturbata da questo inutile e continuo rumore di sottofondo? 

Quello che io ho cercato di fare è stato quello di restare nel gioco, nel grande scacchiere del potere, ma provando a percorrerlo in contropiede. In un mondo in cui tutto ciò che è apparentemente rilevante non lo è, io ho pensato di scrivere una storia in cui tutto è apparentemente falso, ma in realtà è tutto vero nel senso profondo del termine. Tutti i personaggi sono maschere, archetipi di questo grande meccanismo civico del potere che ogni tanto si inceppa perché c’è qualcosa che rompe il velo, c’è un granello di sabbia che lo ferma, com’è stata la notte della congiura: allora quel meccanismo si è visto perché nel momento in cui si ferma, o si strappa la tela, tu lo noti. Vederlo ti consente di capire.

Capire il potere mette nelle condizioni di scoprire la sua vera natura. Un vecchio socialista diceva che la politica è sangue e merda. In questo libro viene riassunta con tre “s”: segreto, soldi, sesso. È il ricatto il legislatore più potente?

Il potere si fonda semplicemente sul ricatto: io ho potere su di te se so qualcosa di te che tu non vuoi che si sappia. A parte il potere gerarchico, che si può rompere in qualsiasi momento sottraendosi alla gerarchia, il potere autentico, profondo, ovvero quello che non si vede, io ce l’ho su qualcun altro se conosco delle cose. La raccolta di informazioni, le fabbriche del fango, i centri studi, le consulenze e le fondazioni fanno questo. Quando qualcuno, ad esempio, ti chiede una consulenza lo sta facendo per avere la tua benevolenza, il tuo silenzio o, comunque, il potere per dire un giorno: “io ti ho pagato, ricordi?”.

Il segreto viene drenato dai soldi e, in un finale gustoso e vulnerabile, dal sesso. Funziona sempre?

Sempre. I segreti si alimentano di soldi. Le cronache di ogni giorno, anche quelle di queste ore sulle toghe sporche, raccontano proprio questo: politici di tutti gli schieramenti, nel mio libro più di sinistra, incontrano magistrati, banchieri, presidenti di club, enti, fondazioni e si scambiano regali, oggetti e favori che li uniscono in un mutuo patto di reciproco segreto: c’è chi da e c’è chi prende. In subordine c’è il sesso che è l’intimità di ciascuno di noi e che, proprio per questo, rimane uno dei punti più semplici per costruire una trappola.

I segreti legano il loro destino al tema della verità. L’Andreotti de “Il Divo” di Sorrentino dice che la verità è la fine del mondo e noi non possiamo permettercela. Cos’è il vero nella politica oggi, qualcosa di effettivo oppure solamente una costruzione simbolica?

Dal punto di vista del gioco della politica la verità non esiste. La verità è diventata quello che tu vuoi che sia e la si fa coincidere con la verosimiglianza, con qualcosa a cui gli altri credono. I personaggi di questo libro lo dicono più e più volte: chi si ostina a cercare la verità merita di trovare la peggiore possibile. Così, la realtà è diventata qualcosa di meccanico, di costruito, grazie anche ai meccanismi del web che Nora e Alice conoscono molto bene. Il fatti verosimili a limite fra politica e web disegnano uno scenario vicino alla realtà, alla mistificazione della realtà. Per non cadere in questa trappola velenosa l’antidoto è la conoscenza profonda e reale, la capacità di decifrare quello che leggi, quello che ti raccontano, quello che ti dicono.

Molto romantico questo antidoto contro la menzogna: ma come lo si mette in pratica?

In un mondo dove le verità vengono costruite e manipolate su internet, che entra dentro di te e non il contrario, l’antidoto è il buon vecchio libro di carta. Lì non c’è nessuno che finge e nessuno che ti spia, se non in un senso metaforico: cioè ti legge dentro. La conoscenza è l’unica forma di resistenza possibile.

Le due protagoniste sono due giovani donne che credono ancora nella politica come forza propulsiva per cambiare il corso delle cose. È uno scenario utopico e ideale, oppure c’è una generazione che ci crede ancora?

C’è ed è immensamente più diffusa e viva di quanto, ad esempio, i media non rappresentino. Molti ragazzi, e non solo, hanno voglia di costruire un mondo leggermente migliore di quello in cui viviamo ma non trovano una casa ideale di riferimento. La politica tradizionale e neppure la nuova politica, che si limita a sottrarre cose dagli altri non cercando qualcosa che non è di nessuno, non intercetta questo bisogno di anelito per il bene comune. Nel mio libro ognuno persegue il suo interesse, facendo ben capire che, nei destini solitari del nostro presente, la vera vittoria personale è sopravvivere.

Nelle ultime pagine si legge: “Ci aspetta la notte. Non tutti capiscono la storia mentre accade. Nessuno sa dove stiamo andando”. Pochi capiscono la storia quando si nasconde nelle trame del presente, però sento il bisogno di chiederle: dove stiamo andando?

La notte è già arrivata e ce l’abbiamo alle spalle. Adesso albeggia, cominciamo a vedere cosa ci ha portato il chiarore, ma sicuramente non è un bel giorno.

La lunga notte del fango e della congiura, allora, ha svolto bene il suo compito?

Direi. È la notte che ci ha portato qui. Il punto più basso sono stati gli anni che ci hanno portati a questo presente. La matrice e l’origine di questa storia, l’archeologia del tempo incriminato, è già alle nostre spalle. Oggi viviamo un tempo che sarà l’origine di un prossimo futuro. Bisogna sempre pensare che quello che sta accadendo oggi è il motore di quello che accadrà domani e che tutto quello che facciamo ora ci porterà altrove. Detta così, credo non ci aspetti nulla di buono.

Questo libro segna il ritorno di Concita De Gregorio a pieno titolo, dopo un periodo poco luminoso, sulla scena dell’opinione pubblica nazionale. Facendo eco ad un suo vecchio libro, è finalmente arrivata la primavera per lei?

Ho cominciato trent’anni fa a raccontare la politica, poi mi sono spesa in prima persona in anni non sospetti, quando non era obbligatoria l’ostensione del corpo del santo, ma si poteva fare con la propria azione qualcosa di utile. Io dico sempre che è facile dare quando non costa niente, ma è difficile quando costa, quando ci perdi e non ci guadagni. Nel mio caso, dove ci ho perso anche economicamente, molti mi hanno chiesto: ma chi te l’ha fatto fare? Io rispondo sempre che l’ho fatto perché non ho guardato alla convenienza ma ho pensato a quello che era giusto fare in quel momento. La mia traiettoria non è mai lineare con l’interesse personale. A me, dal punto di vista della convenienza, basta sopravvivere.

Sicuramente lei è sopravvissuta, ma il potere l’ha attraversato e l’ha attraversata. Questo contatto ravvicinato l’ha resa più cinica o disincantata?

No, macché: né l’uno, né l’altro. Mi ha reso consapevole. È stato come fare un master universitario. Il contatto con le cose laddove accadono è quel che di più importante ed interessante si possa fare e cercare. Mi ha fatto vedere cose che altrimenti non avrei visto. Se ti sto spiegando come funziona questo meccanismo è perché ci sono stata personalmente lì dentro. Ci sono stata tanto, ho anche rischiato di rimanerci, ma esserne uscita, e oggi potertelo raccontare, credo sia la mia più grande vittoria.

(Foto di Serena Checchia per “Kublai – Libreria e Dolceria”, Lucera, 2018)

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