“Prima di aprire la bocca”: Ciro Mundi recensisce il nuovo libro di Leonardo Mendolicchio

by Ciro Mundi

In genere si presenta un libro perché, possibilmente dopo averlo letto, si ritiene che sia utile per incrementare, approfondire la conoscenza su di un determinato tema.

In contemporanea la presentazione dovrebbe stimolare l’interesse alla lettura; pertanto chi lo presenta dovrebbe poter articolare una risposta alla domanda perché dovrei leggere questo libro?

Cercherò, nei limiti del possibile, di rappresentare le motivazioni alla lettura basandomi su diversi elementi : dalla lettura del libro, alla conoscenza dell’autore, al mio essere neurologo.

Il libro è ingannevole; infatti quando l’ho avuto tra le mani l’ho considerato un libro smilzo, un pamphlet lo ha definito l’autore, non anoressico, di lettura quindi veloce.

Ma sin dalle prime pagine mi sono reso conto del superficiale errore di valutazione che avevo commesso. E’ vero, il libro si presenta smilzo, ma rievoca il noto detto napoletano tras sicc e se mette chiatto su cui vigono molteplici inetrpretazioni, alcune delle quali sarebbero piaciute anche a Lacan.

Pertanto, dopo aver svelato lo spiazzante ed alla fine piacevole inganno, perpetrato dall’autore in perfetto stile lacaniano, cercheremo di esplorare questa pienezza.

E’ costituita da diversi livelli che rendono la lettura molto coinvolgente e che obbligano a letture e riletture, note a margine  e ripensamenti.

Un primo livello è rappresentato dall’essere una sintetica ma completa summa dell’elaborazione teorica e dell’applicazione clinica della psicoanalisi  di Lacan, entrambe molto complesse, ma riproposte dall’autore in passaggi facilmente comprensibili che stimolano una profonda riflessione.

L’altro livello, assolutamente non secondario, è quello clinico, di questi pazienti che emergono nella narrazione del libro quasi all’improviso, come fantasmi, assumendo però ben presto una netta fisionomia, corporea e mentale.

L’autore propone una interpretazione delle diverse tipologie di disagio psichico dei pazienti utilizzando una prospettiva sistemica, derivata dal corpus dottrinale e speculativo di Lacan. Medico, psichiatra, psicoanalista, allievo anche del filosofo Alexander Kojeve, epistemologo hegeliano, laureatosi, non a caso con Jaspers, medico, psichiatra e filosofo esistenzialista studiando, in particolare, la paranoia.

Kojeve e Jaspers prestavano grande attenzione ai resoconti  con cui i pazienti esprimevano ed interpretavano  i propri sintomi. Grazie alle loro intuizioni cliniche, il metodo biografico si è affermato come una delle principali pratiche terapeutiche della moderna psichiatria.

Queste collaborazioni transculturali, nella prima metà del Novecento, erano frequenti. Caso emblematico la collaborazione tra Carl Gustav Jung e Wolfang Pauli, austriaco, Nobel per la Fisica, a 45 anni, lo scopritore della meccanica quantistica.  Insieme, da diversi punti di vista, indagarono in particolare il tema della sincronicita’. Non più solo  il rapporto causa-effetto, ma il mare magnum della Probabilità.

Secondo Lacan non c’è psicoanalisi senza la scienza moderna; ma la scienza non si occupa degli individui, la psicoanalisi sì. Lacan ricorre ad altri saperi per leggere l’inconscio: la linguistica, la filosofia, l’antropologia.

Lacan, infatti, fu una delle personalità di spicco della corrente filosofico-antropologica strutturalista e post-strutturalista tra la fine degli anni cinquanta ed i primissimi anni ottanta, assieme a pensatori come Claude Lévi-StraussMichel FoucaultLouis AlthusserRoland BarthesPierre Klossowski e Gilles Deleuze

Il livello clinico, affrontato nel libro, non è riservato solo agli esperti, ai tecnici del settore bensì a tutti coloro che desiderano tentare, per via empatica, di comprendere come la sofferenza psichica si manifesta attraverso il corpo che diventa così linguaggio con cui confrontarsi. Quindi la mente che parla attraverso il corpo! Bella sfida interpretativa!

Questa impostazione supera la ormai approssimativa espressione di psicosomatica che pur ha avuto il merito di stabilire la continuità mente-corpo di cui spesso ci dimentichiamo.

In effetti la mente, anche per noi neurologi, è stato in questi anni il convitato di pietra di ogni nostra straordinaria ed imprevedibile conoscenza del cervello, delle sue disfunzioni e delle sue deviazioni patologiche.

Nella seconda metà del secolo scorso neurologi e psichiatri hanno vissuto in un forzato regime di separazione disciplinare con analoghi risvolti  clinici e di ricerca. Ma, come in genere accade nelle separazioni si sono impoveriti tutti sancendo una improponibile ed insensata separatezza tra cervello e mente.

Il ravvedimento è gradualmente avvenuto nell’ultimo decennio, per reciproche sollecitazioni ed integrazioni, per comprendere al meglio possibile il complesso universo mente-cervello- comportamento con tutte le articolazioni ed i relativi inciampi possibili.

Persino Mendolicchio, vera sorpresa, si immette con Lacan in questa scia integrata e ci parla del nucleo accumbens, sino a provocare una decisa commozione nei neurologi che del nucleo accumbens ne hanno fatto un totem indiscutibile. Si tratta, in realtà, del nodo fondamentale del circuito del piacere che vede la serotonina come principale neuromediatore scoperto da Vittorio Erspamer italiano che, per motivi ancora oggi inspiegabili, non fu neanche candidato al Nobel per la Medicina.

Terreno comune di quanti si occupano di neuroscienze è la ricerca di un linguaggio che traduca la complessità di queste inscindibili interazioni: non sono sufficienti ed adeguate le rigide nomenclature tassonomiche positivistiche, nè le esplorazioni freudiane dell’inconscio incentrate sul pansessuallismo.

Infatti, conto è riconoscere il rapporto causa-effetto lineare, come ad esempio nel caso dell’infezione virale che causa la meningite, un altro conto è ripercorrere le tracce anamnestiche della storia evolutiva o involutiva, biografica e mentale, di una persona che imprime il marchio di questa complessità sul proprio corpo: anoressia, disturbo compulsivo, disturbo sessuale etc.

Ed allora la necessità imprescindibile di un linguaggio adeguato, il parlessere, una delle intuizioni  più innovative di Lacan che Mendolicchio riprende tanto che, per molti tratti, sembra di leggere Lacan; non nel senso del plagio, ma nel senso evolutivo del pensiero, applicato alla pratica psicoanalitica come chiave di lettura, attraverso il linguaggio, delle gravi disfunzioni che i pazienti presentano.

L’inconscio è strutturato come un linguaggio che funziona seconda una logica che non è quella dell’Io cosciente.

Il trauma, per Lacan, è il linguaggio e non il sesso secondo la teoria di Freud, soprattutto quando perde i propri significanti.Lo stesso Freud aveva, tuttavia, correlato il linguaggio all’inconscio (lapsus, sogno, motti di spirito etc.).

Seguendo la suggestione del linguaggio non propongo l’analisi dettagliata del libro, ma le riflessioni su alcune parole, estrapolate dal testo, decisamente significanti non solo del testo stesso ma anche dell’impianto teoretico di Lacan e della pratica clinica di Leonardo Mendolicchio.

La prima parola la estrapolo dal Preludio

1. Comunità

Scrive l’autore “…per me è una scelta di campo, una estensione semantica che amplia il più possibile il senso dello stare iniseme sia da parte dei curanti sia da parte dei soggetti sofferenti che trovano un luogo per il loro malessere…”

La malattia determina uno spaesamento da se stessi, da qui la necessità primaria di ritrovare un luogo comune per provare a stare con gli altri. Maxwell Jones, negli anni 50, in Inghilterra, inaugurò le prime comunità terapeutiche, inaugurando il completo ribaltamento dell’approccio custodialistico e manicomiale alla malattia mentale aprendo la strada all’innovazione nella cura delle malattie mentali.     Stessa strada percorsa, poi, in Italia, da Franco Basaglia e dagli psichiatri di Gorizia e Trieste che sfociò nell’approvazione della cosiddetta legge 180, inserita poi nella legge istitutiva del Sistema sanitario nazionale.

Tale vocabolo fu ufficializzato nel 1953 dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), in uno studio sulle organizzazioni psichiatriche internazionali, in cui si suggeriva l’opportunità di trasformare gli ospedali psichiatrici in comunità terapeutiche.

La comunità come argine alla dissociazione, all’angoscia, alla malattia della solitudine, come scrive Mendolicchio, in un rapporto di solidale empatia tra pazienti e tra pazienti e terapeuti.

Negli ultimi decenni, senza rendercene nemmeno conto, abbiamo visto sgretolarsi molte forme di comunità, sociale, politica, culturale, familiare, scolastica etc. sino a che il senso di comunità ha perso il suo Logos,la sua narrazione direbbe Lacan, e noi con lui, con la conseguente perdita del passaggio di senso alle generazioni successive.

Inevitabilmente è aumentato invece il senso di solitudine.

2. Corpo

Il corpo come proprio avere, ma anche come confine del sè. Molte ricerche psicoanalitiche (Gaddini, Saraceni) hanno evidenziato come alcune patologie della cute, estremo confine del corpo, rappresentino distorsioni del sè (alopecia, dermatomiosite, sclerodermia) evidenziate con i test proiettivi di Rorschach.

Il corpo può perdere la sua funzione di confine come nel caso, citato da Mendolicchio, di Monica e della sua amica che si scambiano un bacio senza troppi perché,una è innamorata dell’altra a cui però piacciono i ragazzi.

Il corpo, di fatto, è il luogo di rappresentazione, di battaglia e di esposizione del sè di questi pazienti (anoressici, bulimici, autolesionisti).

La distorsione del sè determina la distorsione della propria immagine corporea: gli anoressici si vedono, si vivono obesi, ancora una volta il linguaggio del disagio che si manifesta attraverso il corpo che il paziente guarda ma che può essere anche guardato.

Altro tema fondamentale della teoria di Lacan è lo Sguardo, superando le fasi orali ed anali di Freud. Il bambino riconosce la propria immagine allo specchio perché confermata dallo sguardo della madre; è la prima fase della vita in cui l’Altro interviene su di noi con il suo sguardo. Inizia il processo di identificazione. Un processo per integrare il come ci si vede ed il come ci si sente. Infatti, l’immagine del corpo può sostituire la realtà del corpo. Il vissuto frammentario del corpo viene sostituito dalla identificazione determinando la formazione dell’Io. Mendolicchio esplora a fondo questa dinamica: se stessi, la propria identità, la propria immagine e l’Altro.

Il corpo presenta una doppia natura: corpo vissuto e corpo oggetto, il corpo che sono il corpo che ho. Il corpo al tempo stesso è vedente e visibile. “… si vede vedente, si tocca toccante, e visibile e sensibile per se stesso..”

3. Umanesimo

Lo straordinario e tumultuoso sviluppo delle tecnologie mediche ha determinato nel rapporto tra medico  e medico un progressivo allontanamento determinato dalle grandi macchine che, tuttavia, hanno consentito di vedere ciò che era invisibile sino a  qualche decennio fa, il cervello e molte delle sue funzioni. In sintesi, il rapporto medico-paziente viene sempre più mediato e distorto da richiesta di esami, consulenze che spesso non ottengono, per la loro frammentarietà l’effetto desiderato.

Di conseguenza è diminuito decisamente l’ascolto, primo passo di un rapporto empatico, di allenaza terapeutica.

Mendolicchio accentua questo aspetto, reclamandone la necessità per tentare di rispondere ai bisogni che il paziente esprime con forme e linguaggi diversi. A tale proposito cita Ivano Dionigi, Professore ordinario di letteratura latina; è stato Magnifico Rettore  dal 2009 al 2015 dell’ Alma Mater di Bologna; presidente della neonata Pontificia Accademia di Latinità. : l’umanesimo ci salverà, i tempi spiegano la tecnica, l’umanesimo spiega i tempi.

In molti atenei del Nord Europa e degli Satati Uniti, ormai da qualche anno, nel corso di laurea in Medicina è stato inserito un corposo programma di Filosofia. Inoltre destano sempre più interesse le Medical humanities e la Medicina narrativa.

 A tale proposito risuonano molto coinvolgenti le parole scritte da Maria lasciando la comunità di Miralago:

….Villa Miralago mi mancherà, mi mancherà l’equipe, mi mancheranno i compagni di zattera di questi sette mesi.L’odio ed il rancore si sono trasformati in affetto e gratitudine. Cambiare le cose è possibile…..

La riflessione più profonda scaturisce, in particolare, da una delle parole di Maria zattera, tipica imbarcazione di naufraghi, che ad un certo punto, con umiltà e pazienza, con quello che trovano disponibile, costruiscono un’imbarcazione, seppur precaria, per rimettersi in viaggio, insieme, nel viaggio della vita provando a smentire il percorso di solitudine e sofferenza che ha determinato il loro naufragio.Provano a salvarsi.

Cambiare le cose è possibile, ma è necessario individuare una strada, Leonardo Mendolicchio raccontando le sofferenze dei suoi pazienti indica alcune strade possibili per salvarsi dal naufragio nel mare della sofferenza

Spero così, almeno in parte, di aver risposto alla domanda iniziale perche dovrei leggere questo libro?

 

Ciro Mundi

Direttore Dipartimento di Neuroscienze

A.O.U. Ospedali Riuniti di Foggia

Note sull’autore

Leonardo Mendolicchio  

Medico. Psichiatra. Dal 2012 è membro dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi e della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi in Italia. 
Dal 2017 è in possesso del titolo FMH in Psichiatria e Psicoterapia, autorizzato all’esercizio della professione nel Canton Ticino.
Dopo un’esperienza nei reparti di psichiatria per acuti e di ricerca in farmacologia epidemiologica presso l’Istituto Mario Negri Sud, si è dedicato alla cura dei Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia e obesità). E’ attualmente Direttore Sanitario di Villa Miralago (clinica per i DCA di Varese) nonchè vice presidente nazionale in Italia della Società Italiana di Riabilitazione interdisciplinare disturbi alimentari e del peso (SIRIDAP)

Attività clinica


Si occupa della diagnosi e della cura (sia farmacologica che psicoanalitica) di tutti i disturbi psichici dell’adulto e dell’adolescente con particolare interesse per i Disturbi del Comportamento alimentare (anoressia, bulimia e obesità psicogena).

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