The Poet of two lands: Joseph Tusiani, dal molo 86 di New York al ritorno di “Gargano mio”

by Marilea Poppa

“Gargano mio” si intitola il libro dedicato alla vita del poeta delle due terre, Joseph o Giuseppe (all’italiana) Tusiani. Una conversazione a mo’ di intervista con l’editore delle opere dialettali Antonio Motta, dalla quale emergono gli aspetti più profondi dell’io dell’autore, dalla fanciullezza all’età adulta, dal Gargano agli Stati Uniti d’America.

“Durante le nostre conversazioni mi accorgevo che certe parole, certe frasi suscitavano in lui emozioni profonde. Tusiani è un poeta che scrive d’impeto. Era frequente che dopo un mese dalla sua partenza da San Marco, una di quelle immagini germogliasse e diventasse un libro, un racconto in versi, una storia.”

 Queste le parole nella prefazione di Antonio Motta del libro “Gargano mio” che forniscono, in poche righe, il ritratto di una personalità ampia e complessa come quella di Giuseppe Tusiani nel modo più sintetico e conciso. La sua carriera letteraria, così vasta, potrebbe essere divisa in fasi: traduttore di celebri opere italiane in lingua inglese, poeta in ben quattro lingue, scrittore e docente universitario.

Il volto nascosto dietro una nube di fumo, gli occhi umidi e quella voce calda e armoniosa capace di riempire ogni forma di vuoto. E’ in questo modo che possiamo immaginare il poeta conversare con l’amico-editore del passato e dei ricordi di una vita vissuta a cavallo tra due terre, durante uno dei periodi storici più duri per l’umanità: il novecento. Le guerre, la povertà diffusa ed il conseguente esodo di massa verso continenti lontani, miraggio di quanti vi giunsero abbandonando la propria patria con la speranza di trovare una sorte migliore, di vivere una vita degna di essere chiamata tale.

Il racconto ruota attorno a San Marco in Lamis, paese natale del poeta e fonte d’ispirazione per le sue opere. Un’infanzia trascorsa in via Palude, segnata dalla povertà e dalla sofferenza, alleviata dall’affetto di una madre e di una nonna sempre pronte a sacrificarsi e a dispensare i primi insegnamenti gratuiti al giovane “Peppino”. Poi quella ferita aperta, identificata da una fotografia di un perfetto sconosciuto, suo padre Michele, umile calzolaio sammarchese sbarcato sulla famigerata isola di “Ellis Island” alla ricerca di una “jobba” (lavoro). Un padre conosciuto per via epistolare e visto come un eroe che era riuscito a fare fortuna in una terra che prometteva ricchezza in cambio di lavoro e alienazione. Gli eroi silenziosi dalle “radici capovolte” furono proprio coloro i quali contribuirono a rendere prospere quelle terre sopportando stenti e carenze affettive.

All’età di ventitré anni giunse anche per il nostro poeta il momento di salutare il tanto amato Gargano per incontrare quell’uomo a cui aveva tanto desiderato assegnare un volto. Molo 86 del porto di New York, un giovane appena laureato conobbe finalmente quel padre che non gli era mai sembrato così vicino e con il quale nacque un rapporto di incontro-scontro raccontato ne “La parola difficile” della trilogia. Un adulto con lo sguardo rivolto al futuro ma con il cuore ravvivato dai ricordi di quel fanciullo che giocava a piedi nudi nella piazzetta del paese.

“Due lingue, due terre, forse due anime:/sono un uomo io o due strane metà di un uomo?”

Frammenti di vita che parlano indirettamente di una parte della nostra storia. Leggendo i versi di Tusiani si ha l’impressione che egli stesso si sia fatto il portavoce di quelle emozioni quasi inenarrabili e dei ricordi di chi ha vissuto in prima persona il dramma del distacco dalla propria terra continuando a sognare un ritorno.

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