Morgan incanta Lucera con il suo One man Show

by Claudio Botta

Un one man show all’insegna dell’improvvisazione e della libertà. Le canzoni della sua formazione e quelle del suo folgorante esordio con i Bluvertigo, l’artista eclettico, brillante, umorale, affabulatore nato, e il ragazzo che orfano di un padre suicida ha deciso di continuarne la collezione compulsiva di cravatte per proteggere e salvare almeno i ricordi.

Non ha deluso le aspettative Marco Castoldi in arte Morgan, protagonista di uno spettacolo atipico nella cornice raccolta e informale del Palazzo D’auria a Lucera, un pianoforte, una chitarra, un computer, lo schermo di uno smartphone per colorare di suggestioni e riflessioni una sera d’estate.

Un inizio da brividi, con le cover di Perfect day di Lou Reed, Lullaby dei Cure, Heroes e Life on Mars del suo idolo David Bowie. Canzoni spiegate tecnicamente e non semplicemente coverizzate in maniera personalissima, nello stile divulgativo diventato celebre ad X Factor. L’elogio dell’anarchia e della libertà che porta dritti a Luigi Tenco e Fabrizio De André. 

Gli omaggi ai Pink Floyd (Wish you where here) e Spandau Ballet (Through the barricades) con la chitarra acustica che regala carezze, dolcezza, ricordi. La dolorosa vicenda della sua casa a Monza venduta all’asta, diventata il simbolo di una battaglia divisiva ma necessaria in difesa della creatività e della figura di chi vive producendo arte, e della valenza non semplicemente simbolica del suo domicilio. 

Un diluvio di parole si alterna alle note, qualcuno va via perché il tempo è volato inesorabile e veloce ma perdere il finale non è possibile. E il finale non può essere che Altrove, il suo manifesto tratto da un album minimalista come Canzoni dell’appartamento – un altro appartamento – giudicato dalla rivista specializzata Rolling Stone la più bella canzone italiana del nuovo millennio. “C’era un ragazzo chiamato pazzo/che diceva sto meglio in un pozzo che su un piedistallo” è il ritratto di un’inquietudine parente stretta della creatività e di una vita senza filtri e sconti, schermi protettivi, reti di protezione. “Ho deciso di perdermi nel mondo/anche se sprofondo/lascio che le cose mi portino altrove/non importa dove”: quanti lo abbiamo provato, desiderato, temuto?

Quel ragazzo dal ciuffo bianco sul palco lo ha fatto davvero, chissà quante volte, con la sua sensibilità, la sua fragilità, il suo coraggio, il suo amore per le direzioni ostinate e contrarie. Tante volte si è perso, tante altre si è ritrovato. Ma vederlo sorridere, e cantare, fa sperare che ce la faccia ad allontanare i suoi fantasmi e le sue tenebre, per regalare a se stesso prima che a quelli che lo seguono e adorano squarci di luce accecante, e a quelli che lo giudicano e detestano l’opportunità di cambiare opinione. 

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