Pitwine presenta “Nudi secoli” il nuovo album rock proggy

by Salvatore Imperio

I Pitwine è il nome di una band di Napoli che tra il 2017 e il 2018, si è aggiudicata il Premio Radio Antenna Uno (dicembre 2017), ha conquistato il secondo gradino del podio al Premio Libere Voci Festival 2017 e al Caserta Rock Fest oltre ad essere stata tra i finalisti del Sanremo Rock 2018.

Hanno recentemente pubblicato l’ep d’esordio intitolato “Nudi secoli” che raccoglie 3 canzoni e un brano strumentale che stanno presentando, in questo periodo, nei locali del territorio campano dove trova spazio musica inedita.

Bonculture li ha intervistati

Chi sono i Pitwine e quando si sono formati?
Ciao! I Pitwine sono Lelio Perillo alla voce e chitarre, Luca Iovine alle tastiere, Luca Perillo alla batteria e Alessandro Barone al basso. Siamo quattro amanti della buona musica e, benché proviamo a fare rock italiano non ci fermiamo a quello: “Luca tastiera” è più orientato verso la melodia italiana o la new wave anni 80, Io (Lelio) verso la classica o il progressive italiano anni 70, Luca batteria verso gruppi quali i Toto piuttosto che la fusion e Alessandro basso a sonorità più latine e ritmate a la Pino Daniele.

Nasciamo inizialmente come trio formato da Alessandro, Lelio e Luca alla batteria alcuni anni fa. Abbiamo avuto un breve periodo di attività con alcune serate ma per impegni personali ci siamo allontanati. Un anno e mezzo fa invece ci siamo riavvicinati e c’è stata anche l’entrata di Luca Iovine che ha dato maggiore spazio all’elettronica e a certe atmosfere pianistiche.

Il vostro ep è un esordio assoluto. Come è nato?
Si è il nostro primo lavoro discografico e ne siamo orgogliosi. Piccino ma sufficiente per presentare ciò che sono le nostre idee. È l’insieme di quattro brani: parto dall’ultimo. Una outro, cioè un’uscita. “Crystal Outro” è il nome di un breve brano strumentale, un’elegia psichedelica, una sorta di malinconica rimembranza, che amo definire di “una regina in un medioevo elettrico”. “Elena tu sei” è invece una energica power ballad dove il tema portante è l’inseguimento di Elena appunto, la figura femminile per eccellenza insieme ad Eva, carica di sensualità e vitalità, quasi spiazzante, creativa e distruttiva al tempo stesso.

“I Fiumi di Bagdad” è la narrazione di un gioco di sguardi tra due figure contrapposte, potremmo dire di un soldato e di un civile ad un posto di blocco che abbiamo ambientato nell’Iraq del XXI secolo ma che, specie di questi tempi, potrebbe essere ambientato in tante latitudini del mondo, infine “Lento nell’aria”, una favola interiore che trasforma le nuvole in navi che portano sogni, ricordi e desideri.

Tutti e quattro i brani conditi di testi molto interiori e rimandi alla musica classica, hard rock, psichedelica. Ce n’è per tutti e sarebbe stato un peccato anche solo quattro brani non metterli “nero su bianco” nell’ep, uscito da poco, sotto etichetta Layell Label.

In una recente recensione viene scritto “ I Pitwine sono una di quella band che non si preoccupa se tutto intorno il mondo (musicale) crolla o va dalla parte opposta.” quindi non vi interessano le tendenze musicali del momento e preferite costruire una vostra identità artistica?

Non è che non ci interessano le tendenze musicali, anzi. Ascoltiamo praticamente di tutto, ma veramente di tutto, abbiamo realizzato da poco grazie ad una iniziativa di Soundreef anche una cover di Rolls Royce di Achille Lauro.

Ma l’abbiamo fatta alla nostra maniera: con i moog, chitarre distorte, atmosfere da hard rock 70s. Come direbbe mio fratello Luca, il batterista, l’abbiamo fatta “storta”. Quindi c’è massima attenzione a ciò che ci circonda, tendenze musicali comprese, ma abbiamo una nostra visione, una nostra lente, un nostro filtro, che ci permette di analizzare tutto e, appunto, costruire una nostra proposta che da poi al tutto una nostra identità personale.

Quali di queste quattro canzoni incluse in “Nudi Secoli” considerate un vostro cavallo di battaglia con cui presentarvi?

Credo che la più “radiofonica” sia “Elena tu sei” per la semplice ragione che è quella che fa più “ballare”, “saltellare”. Quando vuoi proporre la musica al prossimo, se è vero che devi farla che piaccia prima di tutto a te, non devi, per rispetto a chi ascolta, disdegnare il pubblico.

Un brano come “Elena sei tu” contiene una prima parte energica, una vera sferzata di testo e musica, ma una seconda parte in tempo ternario, un richiamo alla musica classica. Contiene quindi ciò che ci piace, la complessità degli arrangiamenti, e tematiche complesse, ma al contempo, la semplicità necessaria a poterla proporre in giro. Infatti più che gruppo progressive noi ci definiamo un gruppo rock “proggy” cioè con spruzzate di progressive rock.

Cosa pensate della musica che viene più diffusa al momento?
C’è tanta, tantissima musica di qualità in giro. Purtroppo però non è quella che va per la maggiore. Qui ritorniamo al discorso di prima: si deve fare musica che piaccia ma dovrebbe essere un obbligo morale non proporre solo robe vecchie, trite e ritrite oppure pensare solo per far gridare allo scandalo.

Ci sono dei testi che leggo di una particolare scena musicale che sono solo sequenze di parolacce e allusioni sessuali. La parola “merda” non mi scandalizza ma non trovo il motivo di dire “merda” ripetutamente a meno di non avere otto anni e stare provando ad attirare l’attenzione di mammina…

Siete su uno dei territorio che ha il maggior fermento creativo: Napoli. Tante le startup ma per quanto riguarda la nuova musica italiana, lo ritenete un territorio valido per far emergere un nuovo movimento artistico italiano?
Napoli già nel passato è stata la patria di tanto buon sano pop progressivo e, precedentemente, di musica popolare e colta che è diventata famosa quanto se non più della intera musica italiana, basti pensare a “O sole mio piuttosto” che a “Funiculì funiculà” (quest’ultima alcune volte era stata scambiata come inno nazionale italiano, suonata all’estero dalle bande locali alle delegazioni diplomatiche italiane).

Napoli è un continuo fermento, crocevia, luogo di passaggio, commistione di odori, suoni, sonorità, colori, voci, lingue. Si, effettivamente Napoli è un buon posto per vivere per chi vuole fare musica. Oggi non tanto per chi fa rock però. Napoli ama molto il cantautorato, più che le chitarre distorte. È un genere che a me non piace per gusto ma che non posso non definire bello perché effettivamente lo è. Ci sono tantissimi nomi di artisti validi nella scena musicale napoletana.

Ultima domanda: Quali sono i vostri progetti per il 2019?
Prima di tutto suonare, poi continuare a suonare e, infine conquistare le menti dei tanti ricercatori di musica con la realizzazione del nostro LP. Abbiamo dieci pezzi pronti ad essere registrati, già arrangiati.
Continuate a seguirci perché ne vedrete delle belle.

Salvatore Imperio

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