Il festival lento e delicato di Lisa Gilardino e Eva Neklyaeva a Santarcangelo di Romagna

by Anna Maria Giannone

Ogni estate, da  49 anni,  Santarcangelo di Romagna è la capitale italiana delle performing arts. Una definizione in realtà fin troppo rigida per un festival che ha fatto della post disciplinarità la sua cifra essenziale. La programmazione si muove in maniera fluida fra musica, danza, teatro e disegna, anno dopo anno, relazioni nuove fra artisti e pubblico, città e performance.  L’edizione imminente, in  programma dal  5 al 14 luglio, sarà la terza guidata da Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino.

Dopo aver attraversato L’energia contagiosa nel 2017 e posto una lente di ingrandimento su La natura della paura nel 2018, le due curatrici concludono il loro percorso nel 2019 con un invito a resistere alle pressioni frenetiche e superficiali del contemporaneo, per vivere in maniera Slow&Gentle il festival. Il loro suggerimento è quello di percorrere la programmazione in maniera profonda e senza affanno, allenandosi alla “resistenza improduttiva”, come preannunciava la campagna lanciata sui muri di Bologna insieme a CHEAP e Macao nelle scorse settimane. Ne abbiamo parlato con Lisa Gilardino.

Slow & Gentle è il titolo dato a questa edizione.  Come si declinerà nel programma questo invito?

Il festival nella sua natura è una condizione di eccezionalità, in cui è possibile vivere tutto in maniera più intensa. Con il claim che abbiamo scelto per questa edizione abbiamo voluto suggerire al pubblico una modalità di attraversamento. Il nostro desiderio è quello di darci spazio e un tempo per allenare il pensiero critico: questo non è solo un atto edonistico ma un vero atto di resistenza politica.

Slow&Gentle significa anche intimità e possibilità di relazione più vicina. Nella programmazione sarà possibile prendere parte a performance per un solo spettatore (Debriefing Session: Santarcangelo Festival di Dana Yahalomi). In lavori come Sparks di Francesca Grilli il pubblico sarà invitato ad un contatto intimo, fisico, facendosi prendere la mano dai bambini, piccoli oracoli che guardano nel futuro: un ribaltamento di potere. La gentilezza è anche un’immagine inaspettata come questa.

Slow&Gentle è una dilatazione della programmazione, una cura dei momenti di passaggio. Il festival si aprirà con il rituale collettivo del Bagno di Suono di Tropicantesimo,un’immersione nelle frequenze sonore dalle prime ore del mattino fino a mezzogiorno, e poi durante la giornata sarà possibile passare fra workshop, talk, ma anche momenti dedicati alla cura e al benessere con la presenza degli Artigiani del Corpo e della Mente, fino a notte quando ci ritroveremo a chiudere la giornata sotto un tendone da circo nascosto tra gli alberi. 

Qual è per voi l’innovazione nelle performing arts?

Con il festival io e Eva (Neklyaeva) vogliamo scattare una foto sulla generazione artistica di domani. Cerchiamo di avere una visione che non si faccia intrappolare delle abitudini e dai tabù dello sguardo. Vogliamo condividere con gli spettatori progetti che riteniamo importanti per urgenza di contenuti, poetica, estetica. La generazione di artisti alla quale guardiamo non è ingabbiata in una distinzione di linguaggi, propone progetti non facilmente classificabili, che ci mettono davanti a modalità di fruizione nuove. In questa edizione ad esempio sarà possibile partecipare a Kiss: non abbiamo scelto un progetto definito ma una proposta radicale e innovativa di convivenza sul palco. Abbiamo dato priorità al desiderio creativo di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, al motore che muove la ricerca artistica. L’accampamento creato a Santarcangelo diventerà luogo di baci senza sosta, il pubblico potrà seguire il processo di creazione, dalle prove quotidiane all’esplosione di baci durante le tre presentazioni pubbliche.

Durante il festival si percepisce una relazione intensa con la comunità. Come lavorate per mantenere questa relazione viva?

Abbiamo tanti progetti attivi durante l’anno che coinvolgono in maniera continuativa bambini e adolescenti del territorio: workshop, laboratori, la non-scuola del Teatro delle Albe. Il festival si apre sempre con una restituzione pubblica del lavoro svolto, con una speciale anteprima che quest’anno si terrà la sera del 4 luglio allo Sferisterio.

Nel corso dell’anno lavoriamo anche a progetti come Wash Up, in cui un gruppo di giovanissimi ci affianca nell’immaginare e organizzare una serie di appuntamenti dedicati ai loro coetanei, combinando incontri artisti in residenza e artisti della scena musicale.

Le stesse produzioni che presentiamo nel festival sono il frutto di un lavoro relazionale con il territorio molto lungo e approfondito. Lighter Than Woman di Kristina Norman è una video/performance sulla figura delle badanti: quello che vedremo sarà solo la punta di iceberg di un processo lunghissimo, fatto di incontri, di conoscenza con le persone, di dialogo con la comunità di badanti di Santarcangelo. Con Eva lavoriamo perché anche il processo sia condiviso. Ad esempio con le visite guidate agli allestimenti dedicate agli Umarel, gli appassionati di cantieri, i cittadini sono invitati a vivere assieme a noi il work in progress.

Quali sono gli strumenti che mettete in campo per avvicinare ai linguaggi del contemporaneo un pubblico ampio e non di nicchia?

La nostra programmazione cerca di costruire una commistione di linguaggi artistici, di spazi coinvolti, prevedendo anche appuntamenti gratuiti. In questo modo vogliamo garantire l’accessibilità, guardando non solo alla comunità che ci segue e che programma con anticipo la presenza al festival, ma anche al pubblico non abituale che vogliamo incontrare inaspettatamente in spazi pubblici, invitandolo a provare, a farsi stupire. Lavoriamo anche con una comunicazione che riesca ad essere accessibile e giocosa, pur senza snaturarsi. Con i social cerchiamo di raccontare anche il back stage, con linguaggio e contenuti capaci di attirare l’attenzione del pubblico più giovane. Anche il nostro catalogo è una sorta di romanzo, abbiamo scelto una narrazione che non racconti solo i progetti in programma ma anche come sono nati e perché gli abbiamo scelti, nell’ottica di una partecipazione a tutto il processo e al pensiero che c’è dietro.

Per noi l’accessibilità e anche una sfida: quest’anno abbiamo programmato nella piscina olimpionica di San Marinodue repliche di Dragon, rest your head on the seabed che combina coreografia contemporanea con l’abilità di sei nuotatrici sincronizzate, per un totale di ben duemila spettatori.

Questo è l’ultimo anno del vostro triennio di direzione artistica. Cosa lasciate in eredità a chi vi succede?

Il triennio non è ancora chiuso, dobbiamo ancora attraversare la terza edizione. Abbiamo già fatto tutto il lavoro di programmazione ma ora dobbiamo vivere il festival con il corpo, assieme agli spettatori. È presto per un bilancio. Di sicuro io e Eva abbiamo ereditato il festival in un momento di grande vibrazione, grazie al lavoro svolto prima di noi da Silvia Bottiroli. Ci auguriamo di restituire la stessa vitalità a chi ci succederà alla guida artistica.

Tutto il programma del festival su www.santarcangelofestival.com

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