Ai Piedi degli Dei, le scarpe delle meraviglie a Palazzo Pitti

by Michela Conoscitore

Nanni Moretti nel film Bianca recitò: “Ogni scarpa una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo”. Quanto potere ha attribuito il regista e attore romano ad un mero accessorio di moda? Se lo ha fatto, è perché ne ha ragione: le scarpe, che accompagnano l’uomo da quando praticamente ha cominciato a camminare eretto su questo pianeta, proteggono una parte del nostro corpo per noi di vitale importanza, che è il segreto della nostra dinamicità come specie: i piedi.

Quindi, perché non dedicare una mostra a questo accessorio così sottovalutato, che però racchiude nella sua semplicità, forse anche banalità, una storia millenaria. Modi, usi e costumi legati alle scarpe, ed in più i segreti della loro manifattura, è questo che cerca di raccontare la mostra Ai piedi degli Dei: l’arte della calzatura tra antica Roma, cinema colossal e moda contemporanea, inaugurata lo scorso 16 dicembre, in anteprima alla stampa, presso il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti.

Il percorso espositivo, visitabile fino al 19 aprile 2020, è letteralmente una passeggiata nella storia ma, che racchiude anche curiosità e richiami al cinema e alla moda contemporanea. La mostra, a cura di Lorenza Camin, Caterina Chiarelli e del capo dipartimento Antichità degli Uffizi, Fabrizio Paolucci, illustra attraverso reperti archeologici, quadri, sculture, abbigliamento cinematografico, calzature haute couture e una eccezionale installazione audio-visiva curata da Gianmarco D’Agostino, la peculiarità che le calzature antiche, greche e romane, hanno impresso sull’immaginario contemporaneo.

Molti i prestiti importanti, provenienti dal museo del Louvre di Parigi, dai musei Capitolini e Vaticani, a cui si aggiungono i reperti provenienti dal sito archeologico britannico di Vindolanda, a ridosso del Vallo di Adriano, vero e proprio forziere di calzature d’epoca. Qui, grazie a particolari condizioni atmosferiche e del terreno, oltre che dei materiali di cui erano costituite le scarpe, sono state ritrovate più di settemila calzature, di ogni tipologia e appartenenza.

Sapevate che esiste una scienza che si occupa dello studio e della progettazione della calzatura? È una delle tante curiosità che si scoprono grazie alla mostra Ai piedi degli Dei: la calceologia è una delle arti più antiche adoperate dall’uomo per il suo benessere. Inoltre, è stata fonte inesauribile per il cinema: tutti i film peplum che, a partire dagli anni Cinquanta, sono stati prodotti dall’Hollywood in riva al Tevere, ossia Cinecittà, hanno usato le conoscenze della calceologia per riprodurre calzature più fedeli possibili alle originali antiche. Infatti, in mostra sono esposti i sandali che Liz Taylor indossò in Cleopatra, i calzari di Russell Crowe ne Il Gladiatore, oppure quelli di Charlton Eston in Ben Hur. A produrli, una delle ditte più importanti romane, eccellenza del nostro cinema, la Pompei. Inoltre, spazio nella mostra è dedicato alle fashion victim, presenti modelli di Céline, Salvatore Ferragamo, Emilio Pucci, Genny, Yves Saint Laurent e René Caovilla, accostati nelle vetrine alle loro antenate più vetuste.

Per cogliere appieno l’essenza del percorso espositivo, bonculture ha intervistato Fabrizio Paolucci, uno dei curatori de Ai piedi degli Dei:

Dottor Paolucci, è un allestimento particolare quello inaugurato oggi a Palazzo Pitti. Perché organizzare una mostra sulle calzature antiche?

Perché non è mai stata organizzata prima una mostra simile, non ha precedenti. Benché tratti di un tema tutt’altro che secondario, quello della scarpa nel mondo antico, un indumento che possedeva dei valori, dei significati profondi e complessi: non si indossavano scarpe qualsiasi, in qualsiasi momento della vita. Ogni scarpa aveva un significato, poteva alludere al ruolo sociale del proprietario, alla sua giovinezza o meno, allo stato di donna maritata oppure nubile, tutta questa serie di simboli e allegorie che le rendevano più che un accessorio, un protagonista del vestiario dell’antichità. Quello che cerchiamo di restituire con questa mostra è proprio la centralità di questo oggetto che era, oltretutto, appannaggio di una élite di artigiani, quella dei calzolai, che non aveva nulla da invidiare agli orefici o agli armaioli, per così dire. Addirittura Platone definiva l’arte del calzolaio una scienza vera e propria, così dice nel Teeteto. Dunque un’arte che si esprimeva in forme e soluzioni di grande complessità ed efficacia, direi anche da un punto di vista ergonomico, e come raccontare questo, attraverso una selezione di oggetti, raffigurazioni su vasi e statuarie, ma anche con originali, abbiamo una serie di scarpe realmente indossate dagli antichi provenienti dal forte romano di Vindolanda, nell’Inghilterra settentrionale, risalenti all’epoca imperiale. Con questa panoramica, credo che il visitatore riesca a comprendere il significato di questi oggetti. Spesso, si tratta di oggetti che dai musei da cui provengono passano inosservati. Qui, invece, sono inseriti in un percorso narrativo ed ideologico ben chiaro, dove recuperano la loro centralità culturale e simbolica.

Si è verificata un’evoluzione di questo accessorio moda, nel corso delle epoche?

Più che un’evoluzione, mantiene intatti certi significati, dalle origini sino ad oggi. Nell’audiovisivo che costituisce un po’ lo snodo della mostra, iniziamo proprio con le prime battute del film Forrest Gump, in cui il protagonista riportando una delle sentenze di sua madre dice: dalle scarpe si capiscono molte cose. È sempre stato così, oggi è vero, ed era vero anche nel V secolo a.C. che dalle scarpe si intuiva quello che era il mestiere del personaggio. Il percorso espositivo inizia con una bellissima anfora risalente alla fine del VI secolo a.C., con una cortigiana, un’etera, che si sta allacciando un sandalo e accanto ad essa c’è una riproduzione in terracotta di una lucerna di epoca romana, sempre di una scarpa di una prostituta, che sul fondo della suola ha una scritta realizzata a chiodini che recita “seguimi”, perché sappiamo che le prostitute per adescare i clienti indossavano queste calzature, camminando lasciavano le impronte e quindi chi voleva seguirle bastava che individuasse le orme. Quindi, queste sono scarpe funzionali, anzi professionali e non erano le uniche: le caligae dei soldati romani erano degli indumenti specificamente concepiti per le lunghe marce, i passaggi in terreni disagevoli, poiché hanno suole rinforzate piene di chiodi, fino ad arrivare naturalmente alle scarpe di lusso dei senatori o dei patrizi, e ancora una volta scarpe che avevano un significato preciso. C’è un modo di dire latino che recitava: mutavit calceos, ossia ha cambiato i calci, un tipo di calzatura, e dicendo così si indicavano coloro che dallo stato di patrizi erano arrivati a quello di senatori, perché questi ultimi indossavano una calzatura diversa rispetto ai primi. Facendo attenzione alle scarpe, si comprendeva lo status sociale del personaggio. Le scarpe hanno sempre rivestito un significato importante, e ripercorrendo con Ai piedi degli Dei la loro storia, diventa chiaro il loro ruolo nell’immaginario contemporaneo dove in telefilm come Sex & The City tutto ruota intorno alle scarpe, vediamo come rappresentino un oggetto del desiderio ed erotico, ovviamente, oltre ad essere un simbolo di affermazione sociale. Questa credo sia una continuità assoluta che spero questa mostra cerca di restituire.

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