Amedeo Modigliani e l’École de Paris: Livorno celebra il suo Dedo

by Michela Conoscitore

Passeggiando per le vie di Livorno, quel che appare evidente, osservando le vetrine degli esercizi commerciali, è che tutti stanno partecipando attivamente e in massa per promuovere la mostra dedicata al cittadino più famoso del centro toscano, Amedeo Modigliani. In occasione del centenario della morte, avvenuta a Parigi il 24 gennaio del 1920, la sua città ha deciso di rendergli omaggio, appunto, con una mostra, Modigliani e l’avventura di Montparnasse, ospitata presso il Museo della Città e visitabile fino al 16 febbraio. L’allestimento, curato dal massimo esperto dell’artista livornese, Marc Restellini, celebra non soltanto Dedo (nomignolo affettuoso con cui il pittore era soprannominato in famiglia), ma tutti i più importanti esponenti della École de Paris, la corrente artistica che nacque nella città d’Oltralpe agli inizi del Novecento, e la cui avventura si esaurì con la Seconda Guerra Mondiale.

Oltre agli artisti, con la mostra, si celebra anche una professione, all’epoca appena nata, quella del mercante d’arte, e un’esperienza irripetibile, quella che è stata appunto l’École de Paris, la cui preziosa influenza sull’arte del XX secolo è testimoniata dai quadri che costituiscono l’esposizione e rievocano le atmosfere vitali e innovative di quegli anni.

Modigliani, nato a Livorno nel 1884, da famiglia ebrea, fin da subito mostrò interesse verso il disegno, perché fu costretto a casa fin da piccolo, per la sua salute cagionevole, che lo condannò ad una morte prematura. Dopo Firenze e Venezia, il pittore e scultore, nel 1906, decise di trasferirsi a Parigi, centro focale dell’arte europea dell’epoca. L’esperienza degli Impressionisti aveva fatto scuola, ma le nuove leve dell’arte avevano già in mente nuovi stili, e guardavano al mondo già con occhi diversi rispetto a Monet o Renoir. Una commistione di origini geografiche e, di conseguenza, influenze è alla base della nuova scuola artistica che, lasciata Montmartre, si trasferì a Montparnasse. È in questo calderone creativo che fu accolto Modigliani: la vita in una grande città non lo destabilizzò affatto, perché Modì ci si ritrovò pienamente in quel vivere bohemienne, che poi ha alimentato la sua fama di maledetto.

Se per gli Impressionisti l’esperienza creativa era nata quasi per caso, quella della École de Paris fu decisamente più strutturata, a cominciare proprio dai mercanti d’arte e mecenati che supportarono e curarono gli artisti coinvolti nella nuova avanguardia artistica. Infatti, le opere esposte in mostra provengono dalle collezioni di due importanti mecenati, oltre che amici, di Modigliani e di Chaim Soutine, Maurice Murillo e André Derain: Jonas Netter e Paul Alexandre. Il primo rappresentante, il secondo medico, quindi nessun legame col mondo dell’arte, vennero folgorati proprio dalle opere di Modigliani: teste oblunghe, occhi senza pupille, un universo pittorico, quello del livornese, irresistibile per i due, che acquistarono le sue opere e lo mantennero nei suoi anni parigini.

Sono stato immediatamente folgorato dal suo talento straordinario e ho voluto fare qualche cosa per lui. Gli ho comprato dei disegni e delle tele, ma ero il suo solo acquirente e non ero certo ricco”, così descrive Alexandre il suo incontro con le opere di Modigliani: molti ridicolizzarono gli acquisti di Alexandre e Netter, che oltre a Modigliani rimase impressionato dalle vedute di Parigi di Murillo, giudicandoli opere di poco conto, poiché si era ancora emotivamente coinvolti dalle scoperte degli Impressionisti. Eppure i due collezionisti, con l’altro grande protagonista e finanziatore degli artisti della École de Paris, Leopold Zborowski, erano riusciti a scovare il nuovo percorso artistico su cui si stava dirigendo l’arte del Novecento.

L’esposizione comincia con i dipinti di una donna, la pittrice Suzanne Valadon, considerata quasi l’iniziatrice di questa corrente e, inoltre, madre del pittore Maurice Murillo. Si racconta fosse un’ex circense con la passione per la pittura, e i suoi quadri, tra cui Nudo che si pettina, parlano di corpi e ambienti che vogliono raccontare più la dimensione quotidiana della Parigi popolare, e dei bassifondi. Proseguendo, si incontrano i quadri di Murillo, che ritraggono principalmente il quartiere di Montparnasse, trasportando il visitatore come in una macchina del tempo, nei primi del Novecento, a passeggiare tra le rues polverose di questo nuovo ‘covo’ d’artisti. Di Murillo, caratteristica la veduta ritratta nel dipinto Rue Mercadet. Poi si incontrano i dipinti di Epstein, Fournier, Kisling e Derain con il maestoso Les Grandes Baigneuses, che ricorda molto Les demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso, che partecipò al fermento della École de Paris.

Prima di Modigliani, ad introdurre i capolavori del genio livornese, sono le opere dell’amico fraterno Chaim Soutine: lo stile del pittore russo, che rispecchia il suo carattere, ombroso e soggetto a violenti attacchi d’ira, predilige i colori accesi, preferibilmente quelli primari, per conferire all’opera maggiore crudezza e realismo. I quadri Il bue o la La lepre appesa testimoniano il gusto per il grottesco e il truculento di Soutine, così discosto dalle pennellate sognanti degli Impressionisti. La pittura di Soutine può essere apprezzata, oppure no. Così come può anche non essere considerata arte, ma indubbiamente non lascia indifferenti. Ed è questo il principale obiettivo di un’opera, che sia essa pittorica o di altro genere.

Una galleria di disegni, che illustrano i vari ‘periodi’ artistici di Modigliani, introduce al gruppo di sue pregevoli opere che si possono ammirare nella mostra di Livorno: inspiegabilmente attirano magneticamente e smuovono qualcosa dentro, come se quei dipinti senza occhi fossero più introspettivi, e potessero esplorare anche il vissuto di chi li ammira. Lo stile di Modigliani, infatti, rimasto incompreso tra i coevi, ha poi esercitato notevole fascinazione nelle epoche successive, ispirando e innovando. Tra i dipinti, il ritratto dell’amico Soutine, di una delle donne amate dall’artista, Elvira, per poi arrivare ai numerosi dipinti in cui ritrasse la moglie, la giovane e bellissima pittrice Jeanne Hébuterne, e poi il dipinto simbolo della mostra, Fillette en bleu. Questa è sicuramente una delle opere di Modigliani più felici e luminose, e rispetto ad altri, la bambina del quadro ha le pupille, segno che il pittore deve averla conosciuta e averci intrattenuto un rapporto di amicizia. La Fillette fu dipinto durante un periodo particolarmente sereno per lui e Jeanne, perché erano in attesa della prima figlia. Tenerissima e dolce, la bambina ha le mani intrecciate tra loro, tipica posa dei dipinti di Modigliani, e fissa lo spettatore con candore e innocenza.

Decisamente riuscito, quindi, l’omaggio della città di Livorno verso il proprio figlio più illustre, e contribuendo, inoltre, ad approfondire un periodo artistico con pochi eguali al mondo, che vide coinvolti i geni più promettenti e innovatori dell’arte del XX secolo, tutti riuniti lì, a Montparnasse.

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