Autoritratto, la street art come tribù di impronte e parole espresse con le mani

by redazione

Autoritratto nasce tra Napoli e Bologna nel luglio del 2018, e si pone come obbiettivo principale quello di creare una tribù di impronte, di gesti e di parole espresse attraverso le mani, all’interno di un contesto urbano che vuole essere metafora delle prime “tele” dove erano ospitate come autoritratti, appunto, ovvero le pareti delle caverne.

La scelta dell’utilizzo della carta non è casuale: all’interno del discorso della street art, la poster art ha un suo rilievo ben specifico; nonostante questa importanza, però, il progetto autoritratto viene concretizzato attraverso la carta per un motivo in particolare: la carta ha un suo tempo, è destinata a perire, a consumarsi, può essere strappata, deturpata, ricoperta. Crea stratificazioni di messaggi sempre diversi ed ha un’età, una “scadenza”, che la rende ancora più effimera e vulnerabile dei dipinti, cosa che la rende vicina all’essere umano, di passaggio sulla terra, continuamente intento a cercare di lasciare un ricordo. Nella sua (ancora) giovane vita, il progetto autoritratto conta numerose collaborazioni con artisti italiani e non, partecipando a varie call, prendendo parte attiva a svariati festival, avendo inoltre la possibilità di esporre all’interno del Circuito OFF durante l’ultima edizione di Fotografia Europea, festival internazionale di fotografia della città di Reggio Emilia.

Oltre agli occhi, le mani sono il filtro attraverso cui possiamo esprimerci senza usare le parole. Il linguaggio non verbale è una tipologia di gesti, un insieme di atteggiamenti di cui non possiamo distinguere le mille sfumature, ma che avvicinano l’essere umano alla totale trasparenza della comunicazione di tutti gli esseri viventi. La capacità critica è tipica dell’uomo; ciò che accomuna l’uomo e gli animali è invece la possibilità di comunicare attraverso i gesti, i movimenti, gli occhi, attraverso l’unico filtro del cuore. Una delle tematiche principali del progetto autoritratto è proprio questa, ovvero la capacità che l’essere umano ha di parlare, letteralmente, attraverso le mani, sia per gesti entrati a far parte di un linguaggio ormai canonizzato, sia soprattutto attraverso quei movimenti con i quali solitamente si accompagnano istintivamente pensieri altrimenti difficili da condividere (basti pensare alla tradizione degli ex voto, ad esempio, o più semplicemente, per restare in ambito religioso, alle preghiere). Ma perché proprio le mani? È dalle pitture rupestri che l’uomo, nel tempo, ha cercato di instaurare legami, prima con gli altri e poi con se stesso, approdando alla necessaria rappresentazione della sua persona attraverso le impronte. Il primissimo autoritratto dell’essere umano, infatti, consisteva proprio nella rappresentazione della mano dell’autore. Non a caso, quindi, il progetto parte dalla raccolta fotografica di impronte palmari e digitali, condivise poi attraverso il medium della città. La ricerca è inizialmente incentrata sullo studio delle impronte che racchiudono la descrizione di quello che siamo stati e saremo, che ci rendono umani e simili, come le mani, con cui creiamo, distruggiamo e ci accarezziamo di nuovo. Il tutto, però, con uno sguardo anche e soprattutto rivolto alla gestualità, grazie alla quale possiamo usare parole che vanno al di là dei suoni, delle convenzioni, e che riescono ad arrivare dritte al cuore senza filtri.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.