Come Firenze si riappropriò di Dante tra codici miniati e affreschi. La fascinazione che già i primi lettori nutrirono per la Commedia in una mostra

by Michela Conoscitore

A settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, si scopre che Firenze a pochi anni di distanza dalla sua dipartita aveva provato a ‘riportarlo’ in città tramite la Divina Commedia. L’enorme apprezzamento che i concittadini nutrirono verso l’opera è raccontato nella mostra “Onorevole e antico cittadino di Firenze. Il Bargello per Dante”, il nuovo percorso espositivo del Museo del Bargello che sarà visitabile fino all’8 agosto.

La mostra è uno degli eventi più significativi per quest’anno di celebrazioni dantesche a Firenze, città del poeta, che ha molto da farsi perdonare. In essa si esplora proprio il rapporto che i fiorentini, da sempre, intrattengono con la Divina Commedia. Testimonianze tangibili, i preziosi libri miniati provenienti dal Metropolitan di New York, dalla Biblioteca di Toledo, dalla Trivulziana di Milano e da quella Apostolica del Vaticano che si possono ammirare nella mostra al Bargello. La Divina Commedia fu il primo libro di un autore in volgare ad essere riprodotto per il pubblico da copisti e miniaturisti. Circa settanta i codici recuperati con il testo della Commedia, e molti altri ancora probabilmente andati perduti, risalenti a quegli anni. Ciò fa quantificare la fortuna che l’opera dantesca riscosse, forse anche sull’onda lunga dell’emozione che suscitò la morte del poeta, nel 1321, lontano da essa e senza avervi mai potuto fare ritorno.

Il racconto della vita di Dante ai suoi cittadini iniziò molto presto, grazie allo storico e mercante fiorentino Giovanni Villani che nella sua Nuova Cronica stilò la prima biografia del Sommo.

Questo Dante per lo suo savere fue alquanto presuntuoso e schifo e isdegnoso, e quasi a guisa di filosafo mal grazioso non bene sapea conversare co’ laici, ma per l’altre sue virtudi e scienza e valore di tanto cittadino ne pare che si convenga di dargli perpetua memoria in questa nostra cronica, con tutto che per le sue nobili opere lasciateci in iscritture facciamo di lui vero testimonio e onorabile fama e la nostra cittade.

Giovanni Villani, Chi fue il poeta Dante Allighieri di Firenze. Nuova Cronica

Scritta tra il 1322 e il 1348, Villani restituisce il poeta alla memoria storica della città, non risparmiandosi di citare le asperità nel carattere dell’illustre concittadino. Le sue parole hanno ispirato il titolo del percorso espositivo che vede l’Alighieri come uno dei cittadini più rilevanti di Firenze, ma non solo, legato strettamente ad alcuni dei suoi luoghi. Con il Battistero di San Giovanni, dove Dante venne battezzato e che egli cita per tre volte nella Commedia, il Bargello è uno dei luoghi che segnò la vita di Dante a Firenze. Infatti, il poeta proprio al Bargello ricoprì, seppur per breve tempo la carica di priore, ma soprattutto in una delle sue sale, quella chiamata oggi di Donatello, ricevette le due sentenze che lo allontanarono per sempre dalla città, la prima lo condannò a morte arso vivo, la seconda per impiccagione. Il Bargello per Dante si tramuta, quindi, in uno spartiacque della sua esistenza, il peregrinare del poeta incominciò proprio qui.

Alla conferenza stampa di presentazione, oltre alla direttrice del museo Paola D’Agostino, hanno preso parte i curatori della mostra Luca Azzetta, Sonia Chiodo e Teresa De Robertis dell’Università di Firenze, tra i principali collaboratori nell’ideazione del progetto espositivo che ha comportato ben tre anni di gestazione e, in ultimo, dovuto affrontare le avversità della pandemia. Presenti anche Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, e Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del comune di Firenze. Giani ha definito la mostra come “uno degli eventi caratterizzanti di quest’anno dantesco a Firenze, in Toscana e in Italia”, mentre Sacchi ha affermato che “la mostra sarà un grande attrattore per il turismo nazionale, che dopo il lockdown sta ricominciando a crescere nella nostra città”.

I visitatori potranno non soltanto ammirare i magnifici codici miniati della Commedia, tra cui il pregevole Trattatello in Laude di Dante recante l’autografo di Giovanni Boccaccio, ma anche opere d’arte come il Lignum Vitae di Pacino di Bonaguida della Galleria dell’Accademia, e un prezioso affresco, conservato nella cappella del Museo del Bargello firmato da Giotto e bottega. L’affresco è stato l’ultima opera curata dal grande pittore medievale prima della sua morte, e ritrae Dante tra le schiere degli eletti del Paradiso. Gli studiosi hanno confermato che questo è il ritratto più antico del poeta, datato 1337, e lo possiamo considerare quasi il primo riconoscimento pubblico che Firenze gli tributò. Inoltre, ad immergere completamente il visitatore nel percorso espositivo, nelle sale che accolgono la mostra risuonano alcuni passi recitati dell’opera dantesca dagli allievi attori de La scuola d’Oltrarno, diretta da Pierfrancesco Favino.

La mostra indaga le modalità prodigiose attraverso le quali Firenze si riappropriò di Dante e della sua Commedia, attivando una produzione seriale dell’opera e che diede vita a libri adatti anche a chi non aveva molta confidenza con la lettura”, ha spiegato Luca Azzetta, “i codici presenti nell’esposizione dimostrano quindi la fascinazione che già i primi lettori nutrirono per la Commedia, e quell’amore è giunto fino a noi.

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