Etruschi senza confini: intervista a Valentino Nizzo, direttore di Villa Giulia

by Michela Conoscitore

Lo scorso aprile, bonculture ha intervistato Valentino Nizzo, direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma: l’Italia si trovava ancora in pieno lockdown, e col dirigente museale avevamo discusso del metodo innovativo che l’istituzione culturale da lui diretta aveva messo a punto, in quel periodo, per una fruizione, anche se virtuale, del museo e mantenere attivo il rapporto col pubblico.

Già mesi fa, Villa Giulia si era rivelata una fucina di idee, un ‘cantiere’ a cielo aperto da cui il MIBACT potrebbe attingere per pratiche virtuose grazie al direttore Nizzo e al suo team. Ora, a settembre, la squadra del Museo Etrusco ha dato vita ad un nuovo progetto, Tular Rasnal – Etruschi senza confini (dall’etrusco: Confine dei Rasna, Confine della Nazione Etrusca ndr.) che mira a creare una rete di musei ed enti locali per diffondere non solo la cultura etrusco-italica ma promuovere il turismo: un’iniziativa questa vivificante, durante una pandemia ancora in atto, che sta pesantemente intaccando il sistema museale italiano.

Abbiamo dialogato nuovamente col direttore Valentino Nizzo per farci raccontare il progetto e le sue potenzialità:

Direttore Nizzo, il progetto Tular Rasnal – Etruschi senza confini è il primo ed unico nel suo genere in Italia: qual è la sua valenza pratica e culturale?

Sono molto orgoglioso di questo progetto. Sul piano pratico consente di costruire una rete aperta, attraverso una convenzione che interessa tutto il territorio nazionale e va a sollecitare un’azione attiva della controparte, ovvero le istituzioni municipali. Nel momento in cui risultino interessati a stipulare questa convenzione che concede loro solo vantaggi, si attivano o per siglarla e consentire ai propri cittadini di avere un accesso scontato al Museo di Villa Giulia, anche per quanto riguarda un abbonamento, o di fare delle proposte per integrare altri benefit ai visitatori del nostro museo. Tular Rasnal nasce dai principi indicati dalla Convenzione di Faro, in particolare ciò che prevede riguardo il desiderio dei cittadini di diventare essi stessi promotori e valorizzatori del patrimonio culturale, ma anche l’idea che un museo come Villa Giulia e ciò che rappresenta rientri nella loro sfera valoriale.

Il progetto è partito da poco, come sta andando?

In questi primi giorni abbiamo ricevuto le prime adesioni importanti come quelle dei comuni di Volterra e Tuscania, a cui ne seguiranno molte altre, e poi proprio questa mattina abbiamo ricevuto il patrocinio dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani, ndr.). Ciò che mi ha fatto più piacere è che molte persone di vari comuni, privatamente, ci hanno contattato chiedendoci se anche la loro città potesse partecipare, e in merito voglio ribadire che questa convenzione non è dedicata solo ai comuni di origine etrusca ma è per tutti. Una volta compreso che possono parteciparvi, si sono subito messi in azione per girare tutta la documentazione agli assessori e ai sindaci. Per farle un esempio, un bibliotecario di Bolzano Vicentino ha reso partecipe il proprio sindaco dell’iniziativa e ci ha anche detto che l’avrebbe smistata a tutta la rete dei comuni della zona. Questo significa che ovunque in Italia si parla degli etruschi e di Villa Giulia.

Il progetto Tular Rasnal parte proprio dal concetto di condivisione della cultura etrusco-italica attraverso la rete che mira a costituire. Secondo lei, la vostra iniziativa potrà fungere da apripista per rinnovare l’intero sistema museale nazionale?

Lo spero, perché è un segnale che va nella direzione del sistema museale nazionale. Si parla, da anni, dell’istituzione di un biglietto unico grazie al quale poter entrare in tutti i musei italiani, e spero che questo venga presto realizzato. Inoltre, penso che si possa entrare in dialogo con altre realtà che non hanno musei o presidi culturali, ma che allo stesso tempo hanno comunque diritto di poter mettersi in contatto con un’istituzione importante come Villa Giulia, credo sia una bellissima idea. Come il comune di Bolzano Vicentino, di cui le ho raccontato prima. Ma anche all’Elba e il piccolo comune di Marciano si sono attivati subito. Durante l’estate poi ho creato una piccola boutade, inventandomi il Museo Civico Etrusco di Bugliano, un paese immaginario di cui i giornali hanno già parlato, che è stato il primo ad iscriversi alla convenzione. Sulla pagina Facebook si vede anche la convenzione sottoscritta, e con l’esempio di questo museo civico, di cui sarei il direttore virtuale, ho fatto comprendere maggiormente l’iniziativa: col biglietto del Museo Civico di Bugliano, i visitatori potranno richiedere lo sconto quando arriveranno a Villa Giulia. Quindi, questo realmente sarà possibile per quei comuni che possiedono un museo civico sotto la propria responsabilità. Questo è l’aspetto importante dell’iniziativa, costruire la rete: nei mesi scorsi abbiamo stipulato già un accordo tra Villa Giulia, il Museo Civico di Bologna e il MANN di Napoli per concedere un biglietto ridotto a chi ha visitato la mostra di Bologna o di Napoli. Questa è già un’idea di rete, ma dura solo il tempo di una mostra. Tular Rasnal, invece, nel caso sarà rinnovata ogni anno dagli enti partecipanti, sarà esteso nel tempo. Io la trovo un’esemplificazione estremamente immediata dei principi del sistema museale nazionale.

Direttore, quanto è importante la cultura etrusco-italica per il nostro Paese?

È fondamentale, perché il nostro essere italiani in realtà cela un’origine composita. L’identità che noi abbiamo è frutto di una stratificazione storica: quello che noi non consideriamo, nella nostra quotidianità, è che alcune peculiarità che ci rendono così particolari a livello regionale risalgono ai tempi in cui si è formata la prima identità etnica nazionale, un’epoca molto antica, siamo tra la fine dell’Età del Bronzo e l’inizio dell’Età del Ferro quando fiorirono civiltà come l’etrusca, la latina o messapica. Tutti noi conserviamo nelle nostre lingue locali, nei prodotti tipici del territorio, nel sangue addirittura l’eredità di quegli antichi popoli. Questo aspetto viene ignorato anche in ambito scolastico, poiché questo periodo storico viene liquidato in poche pagine. Invece, a livello locale quanto orgoglio c’è nel ricordare le origini etrusche da parte di città come Volterra, Tuscania, Viterbo, la stessa Firenze e tutta la Toscana. Per la mostra da me curata al MANN di Napoli ho puntato all’importante riscoperta di questa identità etrusca che molti campani non conoscono. Immagini che il nome Campania deriva da Capua, la più importante città etrusca della regione. L’etimologia del toponimo regionale affonderebbe le radici nel nome del falcone che gli etruschi utilizzarono per individuare il luogo in cui fondare la città. Questi esempi ci fanno capire quanto la protostoria del nostro Paese sia importante, e il ruolo di Villa Giulia non è secondario o circoscritto ad un determinato territorio ma è più ampio. Questo è l’obiettivo che vuole raggiungere la convenzione, il progetto ha il sottotitolo “etruschi senza confini”, proprio perché vorremmo coinvolgere tutta l’Italia.

Davvero gli etruschi non conoscono confini, tanto che sono sbarcati recentemente anche al MANN di Napoli: l’ha citata prima, la mostra Gli Etruschi e il MANN curata da lei e dal direttore Paolo Giulierini. Ce la può raccontare e qual è il bilancio fino ad ora?

La mostra è il frutto di un percorso molto lungo, iniziato più di un anno fa, e che Paolo Giulierini ha voluto affidarmi in quanto etruscologo che ha lavorato molto nei depositi del MANN di Napoli, e non come direttore di Villa Giulia. Lo scopo primario era quello di valorizzare le collezioni etrusche del MANN che sono poche note ma molto importanti, e non riguardano solo gli etruschi della Campania ma anche materiali acquistati in aree etrusche. Abbiamo svolto un lavoro di ‘scavo’ nei depositi, ritrovando così reperti che non venivano esposti da secoli come il bronzetto dell’Elba che è un capolavoro. L’inaugurazione della mostra era stata fissata per il 12 marzo, ma a causa della pandemia è stata spostata allo scorso giugno. Credo sia stata la prima grande mostra italiana inaugurata dopo l’uscita dal lockdown, un segnale strepitoso che il MANN ha dato e in cui ci siamo impegnati tutti. Il bilancio, da questo punto di vista, è molto positivo per quanto la fruizione dei musei si sia molto compressa ultimamente. Il numero di visitatori, per esempio a Villa Giulia, si è ridotto del 40-50% ma il numero di paganti quasi equivale, e sono prevalentemente italiani quando invece d’estate prevalgono gli stranieri. Questo è un dato molto interessante, vuol dire che gli italiani hanno ricominciato a fare i turisti nella loro terra. Lo stesso vale anche per il MANN che, sempre in proporzione, continua a viaggiare su numeri significativi. Questa mostra, anche grazie all’alleanza di cui le parlavo prima dei tre musei, sta funzionando; viene apprezzata anche per la sua forte componente scientifica, e i campani per questa ripresa del turismo interno stanno scoprendo le loro origini etrusche. Alla mostra si accompagna oltre al catalogo edito da Electa, anche una mia monografia dedicata alla riscoperta locale degli etruschi, un tema che si intreccia alla nascita in Campania, nel Settecento, dell’archeologia come scienza.

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