Gianfranco Bonadies, regista di Pratomagno, e la pulsione emotiva del linguaggio più intimo in quarantena

by Luana Martino

L’avvio della fase 2 sembra contenere molte incognite e per alcuni sembra aver alimentato nuove paure e perplessità. Ancora una volta, però, anche in questa fase non si parla di quale possa essere il futuro che si prospetta per l’ambito artistico e culturale, in genere. Il tutto sembra essere avvolto da un alone di vaghezza e molti sono gli artisti che stanno ‘gridando’ a gran voce il loro desiderio di avere delle risposte da parte del Governo.

Molti freelance, invece, sono riusciti, fortunatamente -se pur in maniera più contenuta- a svolgere il loro lavoro anche durante la quarantena per continuarlo e, qualche volta, ampliarlo nella fase 2. Abbiamo, così, incontrato alcuni artisti baresi che si sono confrontati con la situazione e con loro stessi, e che sono stati, in un certo senso, ispirati anche dall’assurdo momento che stiamo vivendo.

Così come Gianfranco Bonadies, illustratore e animatore freelance con alle spalle 10 anni di esperienza professionale all’interno del mondo dell’animazione e dell’illustrazione. Lavora per e con varie case di produzione e agenzie di comunicazione in Italia, Spagna, Brasile e Cina per varie tipologie di progetti che spaziano da illustrazioni per riviste, progetti musicali e legati al cinema, serie animate, televisione, videoclip, video mapping, documentari e pubblicità. Divide in maniera schizofrenica la sua vita creativa fra commissioni e progetti personali. Come autore ha pubblicato un album illustrato per ragazzi La cosa più probabile (2016), ha progettato e realizzato animazioni, illustrazioni e contenuti interattivi all’interno del  webdoc  ‘Setteponti WalkAbout’  (2018) , e fondatore e presidente dell’associazione Geniusloci con la quale ha realizzato assieme ad altri soci il progetto Animapp ha curato regia e realizzazione delle animazioni all’interno al corto documentario Pratomagno  (2019). La sua vita si divide, per lo più, fra il computer, i disegni e le necessità della sua esigente cagnetta Olga.

Cosa ha significato e significa la quarantena per l’arte e la cultura?

Credo sia stato un trauma che nella natura collettiva del fenomeno ha toccato tutto, e l’arte, la cultura e la creatività non sono state risparmiate. Detto ciò, come tutti gli eventi traumatici, nell’impatto iniziale ha rappresentato una batosta, da lì in poi dipende, ed è dipeso, dai soggetti colpiti affrontare la cosa.  E da qui si snodano varie questioni entrando nel dettaglio dei casi, quindi la risposta delle istituzioni che hanno evidentemente un gran da fare su più fronti e hanno e stanno prendendo decisioni opinabili. Per quanto riguarda la cultura ho, da prima del Covid, la sensazione che paradossalmente il nostro paese abbia sempre messo in secondo piano l’attenzione necessaria alla gestione e alla crescita del nostro osannato patrimonio e fermento culturale. A questo giro -specialmente per le risorse umane di questo ambiente, intendo noi artisti/creativi, fra indennità, agevolazioni fiscali e fondi stanziati- mi è sembrato di percepire uno sforzo di interesse che non avevo mai visto prima. Comunque, soldi o no, presupposti per l’arte sono creazione e fruizione; se da un lato c’è lo stato che deve aiutare dall’altro ci sono gli artisti che devono creare. Da questa prospettiva per alcuni ambienti, come il cinema, la creazione è un po’ un delirio, considerando, ad esempio, le norme di sicurezza sui set. Per non parlare del teatro, dei luoghi di aggregazione culturale, in genere, un caos incredibile. Per fortuna, come ho detto, ci sono casi diversi e dipende dal soggetto il modo di affrontare il trauma, quindi se da un lato ho visto il fenomeno abbattersi come un cataclisma che blocca tutto, è anche vero che ho visto nascere un bel sentimento di resilienza da parte di gruppi e singoli, promotori e creatori di cultura che hanno sfruttato in maniera intelligente idee e tecnologie. Ho visto i lavori di molti illustratori concentrarsi sulla questione del restare in casa, avvicinandosi in maniera intima al pubblico, condividendo con loro questa situazione, alzando di qualche tacca il fattore empatico di un lavoro fra creatore e fruitore. Poi c’è la risposta anche di librerie e case editrici, fra sconti colossali per affrontare le ore a casa e le consegne a domicilio esponendosi in prima persona per far sì che le cose possano andare avanti. Insomma, riassumendo: trauma e resilienza.

Cosa ha significato e significa per te?

Può suonare strano e spero di non offendere nessuno, ma sinceramente, per me, è stata una strana vacanza. Ha rappresentato il modo per fermarmi un attimo. Abituato da tanto a “restareacasa” (lavoro da casa e lavoro 12h diarie), con la diminuzione delle commissioni e una città deserta e silenziosa da visitare nei limiti del possibile, ho ‘vissuto’ la quarantena in un viaggio studio nel mio quartiere, il rione Libertà… che non conoscevo affatto.  Diciamo che  sono un runner e mi faccio accompagnare in tutto dal mio cane, quindi non cambiando di una virgola il mio essere e i miei orari, mi sono adattato alla situazione con alcune varianti, invece di correre con il mio cane Olga sul mare ho corso sotto casa, invece di trovare i soliti amici cani a fine corsa ne abbiamo conosciuti altri di quartiere, le albe di questi giorni erano ancora più silenziose e a differenza di prima tornavo e torno a casa per lavorare su di me, sul mio lavoro, specialmente sul disegno e l’illustrazione. Ho ripreso a sperimentare con le tecniche e a progettare delle nuove storie. Tolto il fatto che non vedo la mia compagna da quando è iniziato il tutto…tutto questo, paradossalmente, mi ha rigenerato.

In questo periodo hai realizzato delle illustrazioni ispirate proprio dalla situazione della quarantena. Come sono nate?

Sì, ho realizzato, due Illustrazioni a tema…la questione è che, come dicevo, contestualmente alla quarantena, ho cominciato a cercare soluzioni grafiche diverse rispetto ad un tipo di linguaggio che utilizzo con i miei clienti abitudinari come, ad esempio, per la rivista di economia di Hong Kong, Aplus. Un linguaggio che dopo vari anni sento un po’ stretto e, quindi, ho iniziato a lavorare a progetti senza commissioni, cercando di avere un approccio più pittorico. Ho rispolverato libri e autori che mi hanno fatto godere in passato, mi sono chiesto chi sono e che faccio, e ho cominciato a guardare dapprima la città e poi a rielaborare cose che vedevo nella mia testa, abbozzandole su carta e sul computer.
Così è nata la prima illustrazione: fra schizzi, esercizi e corse mattutine, durante la prima settimana del secondo decreto mi sono trovato puntualmente a condividere qualche minuto con dei topi, a Piazza Cesare Battisti, per la precisione. Li ho visti da lontano, fra le siepi dei giardini o scendere le palme della piazza; fino a quando, una mattina, sono stato affiancato nella corsa da uno di loro. Entrambi eravamo molto turbati dalla cosa, io da lui e lui dal mio cane ed entrambi impossibilitati a cambiar strada. Poi, l’illuminazione, ho messo da parte le mie pretese agonistiche e mi sono fermato facendolo scappare. In quel momento il connubio perfetto: la luce delle 6:30 fra le foglie degli alberi, l’Ateneo, dj Premiere nelle mie cuffie e i chioschetti devastati dalle tag di generazioni di writers. Ho pensato in un secondo “voglio disegnare questa cosa e voglio mettere le tag di Olga e del mio ex cane Tito su quel chiosco”. Insomma volevo raccontare una cosa dell’oggi (la natura che si riprende i suoi spazi bla, bla, bla…) e sentivo una pulsione emotiva che sarebbe stata il linguaggio più intimo per raccontare quel momento, la musica rap, una visone urban della mia città, l’ateneo…indi la mia adolescenza. Sono tornato alle 14:00, ho scattato una foto e subito a casa ho iniziato a lavorarci, ritraendola e aggiungendo dei dettagli.
Per la seconda il processo è stato meno esaltante, qualche sera prima aveva piovuto e mi sarebbe piaciuto dipingere il riflesso delle luci di un semaforo nell’acqua sull’asfalto della pioggia, ho scattato una foto dalla finestra della mia camera e al quello scorcio volevo aggiungere un elemento che raccontasse quei giorni. Non ci ho pensato tanto, per restare in tema sto giocando a Plague Tale, un video gioco ambientato nel 1300 durante la peste…dalla peste ho pensato a quell’inquietante maschera che usavano i dottori e l’idea era lì.

Che tecnica hai utilizzato?

Pittura digitale, per queste immagini, ho collocato le foto in uno schermo alla mia destra e le riproducevo sulla mia tavoletta, guardandole e riproducendole dipingendo. Prima una bozza a matita di layout, studiando prospettiva e spazi, poi aggiungendo colore, pennellata su pennellata, stando molto attento ai colori della foto e rielaborando le cromie dell’illuminazione, specialmente per i ratti, la foto era alle 14:00, l’epifania alle 6:30, ho mantenuto la stessa fonte di luce della foto e ho lavorato i colori cercando la temperatura della mattina presto.

Quali sono le tue aspettative dopo la fine della quarantena?

Incontrare la mia compagna e far sì che la “vacanza” non finisca. Nel senso, focalizzarmi su cosa è importante per me, rivedere il mio tempo e cercare di mantenere queste migliorie inaspettate nel mio quotidiano.

Stai lavorando a nuovi progetti?

A tre, contestualmente agli studi del quartiere ho cominciato a scrivere e lavorare ad una graphic novel ambientata proprio lì, l’obiettivo e non farla cadere nel cassetto, era un sogno sin da ragazzo poi il lavoro, la vita hanno fatto sì che decidessi quasi coscientemente che sarebbe stata una cosa impossibile da fare. Oggi, che tutto mi sembra possibile, vorrei ricredermi. Poi c’è un libro che stiamo scrivendo a quattro mani con una amica. Anche questo libro nasce dalle suggestioni dietro le tende delle nostre reclusioni, suggestioni che si riflettono sul mondo e per forza di cose sulla vita. Poi c’è un documentario animato, che con il mio socio, finalmente posso usare come un rapper questa parola, Tommaso Orbi, abbiamo scritto, anche, in questi giorni. Con lui ci stiamo lavorando da tanti mesi che ho perso il conto. Per quanto l’idea nasca prima, casualmente, non è tanto lontana dal raccontare sensazioni e cose che stiamo vivendo in questi tempi.
Ora l’idea per tutti i progetti è produrre, trovare fondi e creare.

VEDI LE SUE OPERE:
http://www.gianfrancobonadies.com/

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