I luoghi di Kubrick nella mostra evento a Londra

by Gabriella Longo

Se siete a Londra e amate il cinema, fate un salto in zona Kensington: nella bellissima cornice verde di Holland Park, troverete il Design Museum che dal 26 Aprile di quest’anno, ospita una mostra interamente dedicata a Stanley Kubrick e alle sue fatiche. Dalla Germania alla Corea del Nord, Stanley Kubrick: The Exhibition giunge in Gran Bretagna per celebrare il ventesimo anniversario della morte di una delle più importanti figure artistiche del XX secolo. Gran Bretagna che divenne, dai tempi di Lolita, casa e bottega del regista americano, per ben quarantacinque anni.

Il visitatore viene accolto da un tappeto rosso che simula quello dell’Overlook Hotel e che conduce alla prima delle tante sezioni dedicate al Maestro, intitolata, giustamente, “one-point perspective”, come la tecnica fotografica che lo ha reso celebre.

Da qui, fra oltre settecento oggetti di scena, fotografie rare, costumi, obiettivi e attrezzature (la più grande raccolta mai accorpata!) incomincia un viaggio che, curiosamente, non segue l’ordine cronologico, ma piuttosto, si scandaglia fra le varie tematiche che affiorano nella filmografia di quell’indiscusso pioniere del cinema e profeta del futuro.

A ogni film una sua stanza, in ogni stanza una fusione di suggestioni visive e uditive, fra musiche tratte dalle colonne sonore originali dei film, video-interviste, immagini da set…Questo fa sì, parafrasando Adrienne Groen co-curatore della mostra, che si vengano a creare una serie di narrazioni sovrapposte, come le tematiche legate alla censura e alle polemiche che circondano Lolita e Arancia meccanicacosì come il trattamento di Kubrick degli argomenti di guerra e violenza in SpartacusOrizzonti di gloria e Full Metal Jacket.

Fortemente sottolineato, il legame di Kubrick con Londra, croce e delizia della sua vita, e non soltanto casa ma anche palcoscenico: spiccano fotografie della vecchia centrale a gas in corso di demolizione nei sobborghi della città, utilizzata per girare la battaglia di Hue (città del Vietnam) in Full Metal Jacket, o il collage delle strade della capitale inglese, realizzato da Kubrick per ricreare il Greenwich Village newyorchese in Eyes Wide Shut.

Summa delle manie personali del regista, il percorso espositivo è anche espressione di quel “control freak” –per usare un termine inglese- non solo nella composizione dell’immagine cinematografica, retaggio dello sguardo di quel ragazzo che prima di essere Stanley Kubrick era stato il fotografo del “Look”, ma in tutte quelle cose che precedono e seguono la creazione di un film.

Spiccano in tal senso, racchiuse in una teca, le ben quattro versioni dattiloscritte del famoso manoscritto di Shining (quel romanzo in cui, in realtà, un Jack Nicholson fuori di testa non fa che scrivere una frase banale per centinaia di pagine), sintomo della meticolosità al limite della paranoia di Kubrick. Così come quella ossessione per Napoleone, il film mai compiuto, che lo portò a studiare persino le abitudini alimentari del condottiero francese.

Importante perno della mostra, è anche il ruolo giocato dal design nella cinematografia di quell’attento costruttore dello spazio (e mai struttura ospitante fu più azzeccata), e la ben nota collaborazione del regista con innumerevoli designer e artisti internazionali (Hardy Amies, Saul Bass, Milena Canonero e Ken Adam, Diane Arbus, Allen Jones, Don McCullin, Elliot Noyes e Pascall Morgue) per la realizzazione di quegli oggetti che hanno popolato i “luoghi di Kubrick”, divenuti iconici: spiccano, gli stranianti arredi del Korova Milkbar, fra cui le “chair” di Allen Jones, e le statue-erogatori di “latte più” , nonché le più che celebri creazioni di Herman Makkink fra cui la “Rocking Machine” e il “Christ Unlimited”.

Una parte importante di questo affascinante viaggio, è sicuramente il ruolo del medium, quello di cui Kubrick si avvalse per fare il goal definitivo e al quale viene dedicato ampio spazio: obiettivi e macchine da presa originali si alternano alle suggestioni prodotte da candele che scendono dal soffitto dello spazio espositivo, a ricordare la rivoluzione di quel Barry Lyndon girato a luce naturale con l’ausilio delle Carl Zeiss, o di quello Shining in cui si fece sfoggio della Steadycam (impossibile dimenticare i lunghi pedinamenti di Danny a bordo del suo triciclo nei corridoi dell’Overlook).

Al termine del percorso, ad attendere il viaggiatore, il feto cosmico di 2001 Odissea nello Spazio, che scende dall’alto così come fu per Bowman. Una metafora di rinascita quella dello Star Child, e forse ancor più di eternità, come quella che spetta a Stanley Kubrick e al suo mondo di bizzarrie.

Stanley Kubrick: the exhibition: THE DESIGN MUSEUM,224-238 Kensington High Streethttps://designmuseum.org/

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