Il ciclo della Vita, nascere e rinascere in Etruria

by Michela Conoscitore

Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, quest’anno, taglia il traguardo dei centotrent’anni di vita e ha deciso di festeggiarli con una mostra che, proprio di vita racconta ma di quella umana, analizzandone le varie fasi: Il ciclo della vita – Nascere e rinascere in Etruria svela nuove curiosità sulla storia non solo degli antichi etruschi, ma anche dell’Italia preromana. La piccola esposizione, ospitata nella Sala dei Sette Colli e nella Sala di Venere (non perdetevi la sala degli Ori Castellani, confinante a quelle che ospitano la mostra), è organizzata dal Museo Etrusco, dalla Fondazione “San Camillo – Forlanini” di Roma, dal Museo di Storia della Medicina e dal Polo Museale dell’Università di Roma “La Sapienza”, e sarà visitabile fino al 6 ottobre.

Il Museo di Villa Giulia è tra le istituzioni culturali più importanti della Capitale, racchiude oltre ai numerosi tesori esposti, come il Sarcofago degli Sposi, l’Apollo di Veio o la ricostruzione del Tempio di Alatri, altrettanti reperti nei suoi depositi. Infatti, sono stati proprio i depositi a fornire numerosi pezzi esposti nella mostra che celebra i momenti più importanti dello sviluppo di un essere umano. Come erano percepite queste fasi di passaggio, in un mondo così antico e remoto? Gli oggetti parlano sempre, più delle iscrizioni, e raccontano storie in cui, noi contemporanei, possiamo ravvisare gli stessi timori e le stesse emozioni.

La nascita, il delicato momento della crescita, il passaggio alla vita adulta segnato da importanti eventi fisiologici, poi la morte e la ricerca dell’immortalità, tutti momenti che in Etruria e nell’Italia preromana, in generale, erano temuti e che necessitavano di protezione divina. Numerosi gli ex voto esposti in mostra, di varie forme e tipologie: dalle bambole in terracotta, lasciate dalle giovani donne nel tempio di Artemide Limnatis, proprio per lasciarsi alle spalle l’infanzia ed entrare nella vita adulta come future madri. Oppure le bulle dei giovani uomini, prima della loro entrata nel foro. Non mancano ex voto che riproducono uteri e genitali maschili, propiziatori di fertilità, che testimoniano le conoscenze approfondite degli etruschi in ambito medico.

La donna ha una particolare preminenza nella mostra, poiché nell’antica Etruria la componente femminile della popolazione era tenuta in maggiore considerazione, rispetto alla Grecia o la futura Roma, ma anche perché erano le donne a dare vita a nuovi cittadini e a garantire la continuità del mondo etrusco. Il menarca, il parto, l’accudimento dei figli, erano tutte fasi protette da varie dee come Giunone, Tiu e Selene. Il bisogno della protezione divina, oltre che da un’atavica fiducia nell’esistenza degli dei, nasceva anche dall’impossibilità di assicurare un’efficace assistenza medica, viste le conoscenze dell’epoca. Quel che, invece, oggi la medicina assicura alle donne di tutto il mondo: nei pannelli esplicativi curati dalla Fondazione “San Camillo – Forlanini”, i problemi legati alla procreazione sono, adesso, risolti grazie alla fecondazione assistita. Così come il momento del parto, protetto non più da Giunone ma dall’evoluzione delle conoscenze ostetriche.

La paura della morte, e di conseguenza, la speranza dell’immortalità sono da sempre tra i punti fermi della vita dell’uomo: tutti nasciamo, e poi siamo destinati a terminare il nostro percorso. Esorcizzare questo abbandono della vita terrena è stato un leit motiv delle popolazioni antiche, perseguito attraverso miti e leggende. Tra i pezzi esposti in mostra, si possono ammirare alcuni reperti recanti il mito di Medea maga (Metaia, in etrusco). Ereditato dai greci, il mito narra di come Medea avesse scoperto il segreto dell’immortalità, tramite una pozione di erbe, in cui immergere colui che voleva ringiovanire. A questo trattamento si prestarono il suocero Esone, e il compagno Giasone come racconta l’olpe in bucchero proveniente da Cerveteri, del 630 – 620 a.C. Per la vecchiaia, a parlarne è una delle opere più interessanti della mostra: proveniente dalla famosa necropoli della Banditaccia di Cerveteri, il pelike attico a figure rosse, del 480 a.C., che reca la disputa tra Ercole e Geras, la personificazione della senectutem. Affrontare la vecchiaia, quindi, rientrava tra le dodici fatiche dell’eroe, forse quella più impegnativa. Anche se, alcune iscrizioni riportano testimonianze di antichi etruschi longevi, l’aspettativa di vita di quei tempi non superava i cinquant’anni. Attualmente, sempre grazie alle spiegazioni curate dalla Fondazione “San Camillo – Forlanini”, l’umanità ha varcato confini inimmaginabili: le terapie geniche, i trapianti di organi, le cellule staminali. Sembra davvero che l’uomo contemporaneo si stia assicurando un posto tra gli dei immortali, quelli che gli antichi etruschi invocavano così fervidamente.

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