Il degrado della Tomba della Medusa. Volpe: “Meglio rinterrare l’intero sito”

by Marilea Poppa

La “Tomba della Medusa” è una tra le architetture funerarie di maggiore interesse artistico e culturale del territorio di Capitanata. Dopo essere stato, per anni, al centro di dibattiti circa le modalità di recupero e di valorizzazione, oggi il sito archeologico risulta essere inghiottito inesorabilmente dall’oblio.

Al piano terra del Museo Civico di Foggia c’è la sala dedicata ai lapidari. Una volta superato il calco celebrativo appartenente al nonno dell’imperatore Federico II di Svevia, ci si ritrova dinanzi a un ingresso che affaccia sulla ricostruzione della tomba ipogeica che porta il nome della sua protagonista: Medusa.

Risalta il volto della bella gorgone dalle ciocche scomposte e dai serpenti intrecciati attorno al collo, incastonato in quel che resta di un blocco centrale di forma triangolare. Medusa, dopo la sua scoperta, è divenuta la chiave di volta per la narrazione dell’archeologia locale, l’emblema raffigurante la prosperità e la ricchezza dell’antica città di Arpi e, più in generale, di un territorio che non è nuovo a scoperte di valore inestimabile. Basti pensare che fu proprio uno scavo clandestino a depredarla e saccheggiarla ripetutamente prima che venisse scoperta con grande stupore da parte degli studiosi.

Di Medusa si riuscì a recuperare il volto che le diede il nome accompagnato da una coppia di capitelli, decorazioni e mosaici tipici della struttura funeraria sotterranea, con una serie di oggetti ornamentali rappresentanti una minima parte di quello che doveva essere l’originario corredo funerario giacente al suo interno.

“L’Ipogeo della Medusa costituisce una preziosa testimonianza delle monumentali architetture funerarie daune e delle grandi sepolture familiari ispirate al mondo greco e macedone”, racconta a bonculture Giuliano Volpe, professore ordinario e archeologo di lungo corso, ex rettore dell’Università degli Studi di Foggia e già Presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del MiBACT.

Risale a decenni fa l’idea di realizzare, tramite la società autostradale, un’uscita con parcheggio annesso per accedere comodamente al Parco Archeologico facilitandone la visita. Un’idea rimasta tale probabilmente a causa di un mancato accordo per l’avvio dei lavori, momentaneamente sospesi per cause sconosciute.

Giuliano Volpe

Tanti, forse troppi sono stati i progetti arenatisi nel corso del tempo in seguito agli stanziamenti ottenuti (e persi, come nel caso del 2007) che altro non hanno fatto che illudere che qualcosa potesse finalmente smuoversi e che l’Ipogeo della Medusa potesse ricevere la meritata considerazione anche per scongiurare quegli spettacoli indecorosi che l’hanno vista fagocitata dallo stato di degrado e di abbandono in cui riversa tutt’oggi.

Secondo Giuliano Volpe, vista l’incapacità di gestire il sito archeologico, sarebbe più opportuno procedere con un rinterro che proteggerebbe e conserverebbe il monumento in sicurezza. L’interramento della speranza, un ineludibile atto di sconfitta, uno “sfregio” alla memoria di chi, come l’archeologa Marina Mazzei, ha dedicato la propria vita allo studio del luogo. Fu proprio lei scegliere la Tomba della Medusa come primo nucleo del parco archeologico di Arpi.

Nel lontano 2014 uno slogan recitava queste parole: “Salviamo Archeologia-Medusa ci mette la faccia!”.

Era il motto degli studenti foggiani che, per opporsi alla soppressione del Corso di Laurea Magistrale in Archeologia presso l’Università di Foggia, fecero di Medusa il simbolo della loro “rivolta”. E se nella pellicola britannica di McTeigue la “V” stava per “vendetta”, nel capoluogo dauno era la “M” di Medusa a fungere da allegoria dell’opposizione ai soprusi e da maschera della resistenza. Anche in quel caso la povera icona dovette incassare un colpo (quasi) mortale. Quasi, perché anche se pare inevitabile provare un senso di sconforto e di malinconia dinanzi al capovolgimento di una storia momentaneamente priva di un lieto fine, non si può smettere di credere che un domani Medusa possa prendersi la sua rivincita e trasformarsi da mero simbolo della decadenza delle Infrastrutture a simbolo di rinascita e speranza.

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