Il tuffo

by Massimo Fragassi

L’abbrivio dello slancio

fende l’aria come un soffio,

quindi un salto,

un altro ancora,

infine il tuffo.

Un ultimo sospiro,

un rumore sordo,

e l’incavo nell’acqua

lentamente si fa cerchio,

mentre il ciottolo sprofonda

disegnando una spirale,

come un uomo innamorato

che volteggia ad occhi chiusi.

Il riverbero di una lampara

barcolla all’orizzonte,

oscillando sulle creste

che disegnano le onde

più lontane,

e ritorno ai tuoi occhi

da cui sempre provengo

come il sasso sull’acqua

zampilla e rimbalza

poiché il suo destino

è tornare agli abissi.

“Che sia in questo calore

il senso di ogni cosa?”,

mi chiedo mentre afferro

lentamente la tua mano,

ed ebbro del tepore,

dita tra le dita,

mi abbandono a una felicità

inattesa, improvvisa.

Mi osservi con l’intensità

di cui non sono capace,

non ora,

troppo pieno dei tuoi occhi

per non sentirmi nudo,

e tutto intorno a me

si fa vuoto e sfumato,

perché é nelle tue mani

che mareggia la vita.

È per questo smarrimento

che i poeti impugnano la penna,

che le stelle tagliano il silenzio

nelle notti senza vento

e i pensieri si rincorrono

e si perdono

nell’imprevista curva di un sorriso.

Non esiste verità

al di fuori dei tuoi occhi

né luoghi o orizzonti

che bastino a se stessi:

la realtà

è un lembo di seta

che tra le tue dita

diventa ricamo.

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